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La biblioteca della villa dei Major occupava buona parte dell'ala est dell'edificio e in altezza si estendeva dal piano terra arrivando fino al primo. Conservava volumi provenienti da ogni parte del mondo, scritti in diverse lingue e rilegati in formati e grandezze differenti, ed era il luogo preferito da Jeffrey Major Senior. Quando l'uomo sembrava sparire tra le innumerevoli stanze della struttura, si poteva essere certi di trovarlo lì, anche solo intento a fumare una sigaretta, seduto sulla sua poltrona preferita, davanti al camino.

Il fatto che quella fosse la sua stanza e che quindi si poteva sempre intuire la sua posizione quando soggiornava nella villa, tuttavia, non dava anche per scontato che l'uomo fosse incline a qualsiasi tipo di incontro e tutti, domestici e non, sapevano che non era buona cosa disturbarlo mentre stava rintanato lì dentro, anche quando non era impegnato.

Per tale motivo Jeffrey si stupì nel seguire l'uomo, che era arrivato a prelevarlo all'ingresso della residenza, condurlo fin lì, vederlo bussare e aprire la porta senza attendere alcun invito, per poi cedergli il passo e, infine, richiudere l'uscio alle proprie spalle, lasciando il loro ospite a sbrigarsela da solo.

Jeffrey individuò subito suo padre, seduto proprio sulla sua poltrona preferita. Teneva le gambe accavallate e la mani intrecciate su un ginocchio, ma, nell'insieme, la sua posa non appariva affatto rigida. Era trascorso diverso tempo da quando i due si erano incontrati, e Jeffrey non poté fare a meno di notare quanto il viso dell'uomo si fosse appesantito di nuove rughe. Gli occhi scuri erano vivaci, attenti; le labbra sottili celate in buona parte da spessi baffi grigi. Aveva rasato completamente i capelli – probabilmente per nascondere la sua evidente calvizie – e indossava un impeccabile completo di un blu molto scuro.

La giornata stava per concludersi e suo padre sembrava fresco e pronto ad affrontare le ore successive, come se si fosse appena alzato dal letto.

-Non ti aspettavo- disse, senza neanche perdere tempo in saluti o inutili convenevoli, invitandolo con un elegante gesto della mano a prendere posto sulla poltrona di fronte la sua, davanti al camino. Jeffrey si passò un pollice sul labbro inferiore e, anche se non era nel proprio stile, allentò il nodo della cravatta e mise una mano in una tasca dei pantaloni mentre si avvicinava al genitore, soltanto con l'intenzione di indispettirlo; difatti suo padre aggrottò la fronte, e subito sotto i suoi occhi la pelle parve farsi più scura, facendo sì che il suo volto trapelasse una certa stanchezza.

-Ero di passaggio- rispose Jeffrey con fare evasivo, accomodandosi sulla poltrona e recuperando immediatamente una sigaretta dal proprio astuccio di metallo. Suo padre prese un accendino dal tavolino che si trovava al suo fianco, sporgendosi verso di lui per offrirgli la fiamma con cui accenderla. Il giovane dissimulò con facilità lo stupore che gli aveva suscitato quel gesto apparentemente insignificante, abituato com'era a celare le proprie emozioni all'altro, dopo anni e anni di pratica.

-Da Parigi? Non sapevo che il volo per Milano facesse fermate anche a San Francisco- disse l'uomo, ma dal suo tono di voce non trapelò null'altro che un freddo distacco.

Jeffrey ebbe come l'impressione di allontanarsi da se stesso e iniziare a fluttuare per la stanza, arrivando a osservare la scena che lo coinvolgeva dall'alto. L'ambiente che circondava i due individui era caldo e accogliente, le fiamme nel camino guizzavano con fare ammaliante; le luci basse e soffuse illuminavano a tratti le scaffalature che riempivano le pareti della biblioteca quasi nella loro interezza, riflettendosi in morbidi riflessi sui dorsi di pelle, sulle copertine lucide e sui titoli pressati in oro di alcuni dei libri che custodivano.

Sembrava di assistere alla scena di un film, ma entrambi gli individui, seppur fisicamente vicini, apparivano distanti ed estranei, come se tra di loro ci fosse un velo invisibile e impalpabile.

CHOOSE MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora