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All'interno dell'ufficio del notaio sembrava non volare una mosca. I vetri delle finestre erano chiusi, lasciando fuori dalla stanza i rumori molesti del traffico losangelino.

Jeffrey ed Evan sedevano l'uno al fianco dell'altro, mentre il notaio, dopo avere illustrato a entrambi per filo e per segno ogni possibile conseguenza legale riguardo ciò che si apprestavano a fare, li fissava a turno, senza potere fare a meno di scorgere nei suoi clienti un'evidente titubanza.

Jeffrey non aveva intenzione di mettere nei guai Evan, ed Evan non voleva venire meno alla parola data al fratello, tuttavia entrambi si erano resi conto che il loro piano era meno legale di ciò che avevano pensato. Era a tutti gli effetti una vendita fittizia e chi di dovere avrebbe potuto fraintendere o quantomeno non credere alle buone intenzioni di Jeffrey: il suo obiettivo era quello di salvare il proprio lavoro e tutelare così anche il suo team, tutti i modelli che seguiva e a cui aveva garantito che non avrebbe mai smesso di lottare per assicurare loro un futuro.

Iris era tornata dal Mese della Moda con la coda tra le gambe e a stento credeva ancora che sarebbe riuscita a realizzare i propri sogni. Vivevano in una città in cui le possibilità non mancavano di certo, ma chi falliva finiva nel dimenticatoio, ai margini, perché a nessuno piaceva rimestare troppo a lungo nella stessa minestra, soprattutto quando era stata rifiutata dalla concorrenza con tanta ostinazione. Jeffrey si sentiva in colpa per come le cose si erano concluse per la ragazza, dato che era fuggito via da lei per rincorrere Theo, venendo meno alle promesse che le aveva fatto.

Da quanto era tornato a Los Angeles, un paio di giorni prima, aveva tentato di rimettersi sulla retta via, senza più farsi distrarre dalle faccende di cuore. Di nuovo si era fatto terra bruciata intorno, isolandosi, e buttandosi a capofitto nel lavoro, in attesa di doversi presentare a quell'importante appuntamento con il notaio ed Evan.

Aveva dovuto prestare dei soldi al fratello, altrimenti, da sola, la cifra che Evan era riuscito ad accumulare negli anni, grazie al proprio lavoro, sarebbe risultata insufficiente per permettergli di acquistare l'agenzia e quello era uno dei punti che il notaio aveva posto loro sotto una luce raggelante: sarebbe bastato un controllo anche superficiale per notare quell'incongruenza, aprendo dei sospetti sulla vendita.

Jeffrey trasse un profondo respiro, accarezzandosi il labbro inferiore con un pollice. Rivolse uno sguardo di sottecchi in direzione di Evan, trovandolo impassibile, perso tra i propri pensieri. Nella sua mente iniziarono a prendere forma tutta una serie di dinamiche che sarebbero potute esplodere, se la loro trattativa fosse diventata di dominio pubblico.

"Sarebbe tutto stato più facile se Senior non si fosse intestardito tanto con la storia di Octavia" si disse con amarezza, provando una certa apprensione per quelle che sarebbero potute rivelarsi le sorti di Evan, che non era più un Major – anche se non aveva mai voluto cambiare cognome, lo era stato fino a poco tempo prima, sulla carta – e che non poteva contare sulle proprie, scarse finanze per tirarsi fuori dai guai.

"E Keith? Lo aiuterebbe? Finirebbe per odiarmi per avere coinvolto Evan in questo casino? Non posso perdere anche loro per colpa di Octavia, non mi rimarrebbe nessun altro" pensò Jeffrey, mentre il notaio si schiariva la gola, cercando di richiamare la sua attenzione; dopotutto, erano trascorsi diversi minuti dall'ultima volta in cui avevano proferito parola.

-Potreste sempre procedere con una donazione. Quella di sua madre, in suo favore, non ha alcuna clausola che gli impedisca di farlo- disse l'uomo.
Jeffrey sollevò un sopracciglio con stupore: nel caos che lo aveva travolto nelle ultime settimane, era una soluzione che non aveva preso in considerazione neanche una volta.
-Niente soldi, niente trattative poco chiare...-
-Soprattutto, il signor Evan non acquisterebbe la sua proprietà, signor Major, con i soldi che lei stesso gli ha dato. Questa della donazione credo che sia...-

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