39. La festa è QUI

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Mi ero talmente inferocita quando avevo visto Percy volare via sulla scrofa che il mio cervello era entrato automaticamente in "modalità uccisione istantanea"

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Mi ero talmente inferocita quando avevo visto Percy volare via sulla scrofa che il mio cervello era entrato automaticamente in "modalità uccisione istantanea".

Non sapevo bene nemmeno io come fossi finita a combattere un gigante iperboreo sulla Trentatreesima, di fronte al tunnel di Park Avenue. I miei ricordi erano un po' confusi. Con me c'erano Annabeth e due dei suoi fratelli, ed ero coperta di polvere di mostro.

Stavamo cercando di uccidere quel dannatissimo ghiacciolo formato gigante già da un quarto d'ora. Continuava a congelarmi le gambe, bloccandomi a terra e facendomi perdere tempo prezioso a liberarmi. Avevo deciso di non arrischiarmi ad usare Aerocinesi o Elettrocinesi, perché avrei rischiato di collassare di brutto e non era proprio il momento. Meglio conservare le poche forze che mi rimanevano.

Avevo appena liberato il piede sinistro dall'ennesimo tentativo di bloccarmi al suolo quando Percy, in tutta la sua gloria, piombò d'improvviso sulla testa del gigante. Quando il mostro alzò lo sguardo, scivolò sulla sua faccia e gli colpì il naso con lo scudo.

«RARRRR!»

Il gigante barcollò all'indietro, il sangue blu che gli colava dalle narici. Percy toccò terra correndo. L'iperboreo soffiò una nuvola di nebbia bianca, e io fui costretta a gettarmi di lato per non essere investita in pieno. Mi scorticai un gomito, pure. Di immortales, che seccatura.

«Ehi, brutto ceffo!» urlò Annabeth.

Il gigante urlò tutta la sua rabbia e si voltò verso di lei, dandomi le spalle e scoprendo la parte indifesa delle gambe. Evocai Freccia e lo scagliai con tutte le mie forze prima che Percy potesse muoversi.

«AAHHHHI!»

L'iperboreo si contorse dal dolore. Mi aspettavo che si voltasse, e invece si bloccò come una statua. Si trasformò in un macigno di ghiaccio. Dal punto in cui lo avevo colpito, delle crepe si diffusero per tutto il suo corpo. Diventarono sempre più grandi, finché il gigante non si frantumò in una montagna di schegge blu. «Finalmente!» sbottai sollevata.

Percy mi raggiunse e mi aiutò a rimettermi in piedi. «Stai bene? Sei ferita?»

Mi guardai le gambe. La mimetica si era strappata appena sopra il ginocchio sinistro, e notai che avevo una specie di ustione da ghiaccio. Pizzicava e bruciava. Senza contare che scarpe e calzini erano zuppi d'acqua -una cosa che generalmente detestavo con tutta l'anima. Mi pentii di non aver fatto soffrire il gigante un po' di più. «Ho i piedi bagnati» mi lamentai con una smorfia.

Percy ridacchiò. Sapeva che era una cosa che odiavo. «Si asciugheranno. Sono più preoccupato per l'ustione. Ti fa male?»

«Sopravviverò. La prosciuttona?»

«In braciole» rispose soddisfatto.

«Ottimo» commentò Annabeth avvicinandosi. Fletté la spalla. La ferita doveva ancora darle fastidio; avevo notato che combatteva un po' più rigida del solito.

[5] 𝙐𝙣𝙗𝙤𝙪𝙣𝙙 » Percy JacksonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora