48. Il dopo

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Le Tre Parche in persona presero il corpo di Luke

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Le Tre Parche in persona presero il corpo di Luke.

Si riunirono attorno al suo corpo, ora avvolto in un drappo bianco e verde, e si apprestarono a portarlo via dalla sala del trono. «Aspettate» esclamò Ermes. Il messaggero degli dei indossava la sua tenuta classica, con la tunica greca, i sandali e l'elmo alato che palpitava a ogni passo. I serpenti George e Martha si attorcigliarono intorno al caduceo, mormorando: "Luke, povero Luke". Il dio scoprì il volto del figlio e lo baciò in fronte. Mormorò qualche parola in greco antico, un'ultima benedizione. «Addio» sussurrò. Poi annuì e permise alle Parche di portarlo via.

Mentre si allontanavano ripensai alla Grande Profezia. I versi adesso avevano acquistato un senso. "L'anima eroica l'orrida lama strapperà". L'eroe era Luke, era sempre stato lui. L'orrida lama era il coltello che tanto tempo prima lui stesso aveva donato ad Annabeth; una lama orrida e maledetta perché Luke aveva infranto la sua promessa e l'aveva tradita.

"Una sola scelta verrà influita dal suo spirito affine, e porrà ai suoi giorni fine". La scelta stata era quella di Percy: consegnargli il coltello e credere che fosse ancora capace di fare la cosa giusta. Lo spirito affine ero io. Avevo convinto io Percy a dargliela. Tutto ciò aveva portato al sacrificio di Luke: aveva messo fine ai suoi giorni.

"Così l'Olimpo vedranno trionfare, o in devastazione e morte capitolare"'. Sacrificando sé stesso, Luke aveva salvato l'Olimpo. Rachel aveva ragione. Alla fine, Percy non era l'eroe. Non lo ero stata nemmeno io. Era Luke.

Mi asciugai le lacrime con un piccolo sospiro. La mia mente, contro la mia volontà, stava passando in rassegna tutta la mia infanzia: ogni momento con Luke. Fortunatamente (o meno, non riuscivo a dirlo con certezza), Annabeth provocò la distrazione che mi serviva. Tra me e Percy piegò improvvisamente le ginocchia. Lui la raccolse appena in tempo, ma lei gridò dal dolore e mi resi conto di che l'aveva afferrata per il braccio rotto. «Oh, dei» esclamò «Annabeth, mi dispiace!»

«Va tutto bene» replicò lei. Salvo poi svenire tra le sue braccia.

«Aiuto!» esclamai «Annabeth ha bisogno di-»

«Ci penso io». Si fece avanti Apollo. La sua armatura infuocata era così brillante che riuscivo a guardarlo a malapena; i Ray-Ban in tinta e il sorriso perfetto lo facevano assomigliare al modello di una sfilata di abbigliamento militare. «Il dio della medicina, al vostro servizio». Passò la mano sopra il volto di Annabeth e pronunciò un incantesimo. I lividi sparirono all'istante. Tagli e ferite scomparvero. Il braccio si raddrizzò e Annabeth sospirò nel sonno. Il dio sorrise. «Fra pochi minuti starà bene. Giusto il tempo di comporre una poesia sulla nostra vittoria: "Apollo e i suoi amici salvano l'Olimpo". Niente male, eh?»

Mi trattenni dall'alzare gli occhi al cielo. «Grazie, divino Apollo. Ma credo che per la poesia dovrà pensarci da solo, sa com'è... non abbiamo il suo talento».

[5] 𝙐𝙣𝙗𝙤𝙪𝙣𝙙 » Percy JacksonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora