54. La guerra ci ha sconvolti... specialmente Annabeth

2.2K 141 25
                                    


Il Campo si concluse tardi, quell'estate

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Il Campo si concluse tardi, quell'estate. Durò due settimane in più, fino all'inizio dell'anno scolastico, e devo ammettere che furono le due settimane migliori della mia vita.

Stavano succedendo un sacco di cose belle: Grover aveva preso le redini dei satiri cercatori e li stava mandando in giro per il mondo alla ricerca di mezzosangue non riconosciuti. Fino ad allora, gli dei avevano mantenuto la loro promessa. Nuovi semidei stavano spuntando un po' dappertutto, non solo in America, ma anche in un sacco di altri paesi. I satiri stavano facendo fatica a star dietro a tutto.

La nostra U sarebbe ben presto diventata un rettangolo completo e i semidei avevano accolto il nuovo compito con molto entusiasmo. Nico si faceva aiutare da alcuni operai zombie per costruire la casa di Ade. Anche se ci avrebbe abitato da solo, prometteva bene: pareti di ossidiana massiccia con un teschio sulla porta e torce che ardevano di fuoco verde ventiquattro ore su ventiquattro. Fu lì che lo trovai. «Ehi, ti disturbo?» gli domandai, raggiungendolo.

«No, per niente». Fece un gesto verso la sua nuova, incompleta Cabina. «Che te ne pare?»

«Sta venendo su bene» ammisi «credo che alla fine sarà ancora più bella della mia»

Un tuono rombò in lontananza. Nico scrutò il cielo, nervoso. «Attenta a quello che dici» borbottò.

«Be', è vero. E a proposito di mio padre...». Lo osservai, guardinga. «Percy ha fatto un sogno su di te, un po' di tempo fa. Avevi appena scoperto che cos'era successo a tua madre»

L'espressione di Nico si fece cupa. Per un lungo momento non disse niente, e io ebbi paura che se la prendesse con me. «Perché me lo stai dicendo?» mi domandò.

Sospirai. «Perché... dei, non lo so con precisione. So solo che sento il bisogno di scusarmi con te»

Nico mi guardò, gli occhi neri spalancati per la sorpresa. «Cosa? E perché mai?»

«Io... be'...». Mi mordicchiai l'interno guancia. «Se non fosse stato per Zeus, tua madre sarebbe ancora viva. Quello che ha fatto è stato terribile, e ha sbagliato. Sappiamo entrambi che non si scuserà mai, e io sono sua figlia, perciò...»

Nico mi fissò per una manciata di secondi, come se non credesse alle sue orecchie. Poi scosse la testa. «Non ti devi scusare di niente» mi disse «tu non hai fatto nulla e di sicuro io non ce l'ho con te. Per me sei stata...». Deglutì, a disagio. «Sei una buona amica, Alex. Mi hai aiutato tanto quando ne avevo bisogno, e mi sei stata vicina. Ti giudico in base a questo, non a quello che ha fatto tuo padre»

Non potei fare a meno di sorridere. Nico era cambiato radicalmente da quando l'avevo conosciuto, e sebbene non avesse più quell'innocenza che tanto gli invidiavo, aveva trovato una sorta di equilibrio che gli aveva permesso di diventare più maturo. D'impeto lo abbracciai. Si irrigidì di colpo e rimase immobile per una manciata di secondi, ma poi sentii le sue mani gelide sulla mia schiena. «Sono molto fiera di te, Nico» gli dissi «sei cresciuto tantissimo. E sono sicura che anche Bianca lo sarebbe»

Nico tirò su con il naso mentre scioglievo l'abbraccio. «Lo spero» mormorò.

Rimanemmo a chiacchierare del più e del meno ancora per un po', osservando le nuove Case vicino alla sua -quelle di Iride, Nemesi, Ecate e di diversi altri dei che non riconoscevo. Continuavano ad aumentare ogni giorno. Le cose andavano così bene che Annabeth e Chirone stavano parlando di aggiungere una nuova ala di capanne per avere più spazio.

La casa di Ermes era molto meno affollata perché quasi tutti avevano ricevuto un segno dal proprio genitore divino. Succedeva quasi ogni sera, e ogni sera altri semidei varcavano il confine con i loro satiri-guida, di solito inseguiti da qualche brutto mostro, ma quasi tutti incolumi.

Tyson guidava un gruppo di ciclopi operai. Stavano issando delle enormi pietre per la casa di Ecate e sapevo che era un lavoro delicato. Su ogni pietra erano scolpite delle incisioni magiche, e se ne lasciavano cadere una, sarebbe esplosa o avrebbe trasformato in albero tutti coloro che si trovavano nel raggio di un chilometro. Una prospettiva che probabilmente sarebbe piaciuta soltanto a Grover.

Ad un certo punto notai Mitchell che mi fissava vicino alla mia Casa. Si sbracciò, facendomi segno di andare lì; così salutai Nico e lo raggiunsi. Mano a mano che mi avvicinavo, notai che aveva le guance in fiamme e l'aria sconvolta. «Che succede?» gli domandai preoccupata.

Mitchell scosse convulsamente la testa. «Me lo ha chiesto»

Aggrottai la fronte. «Chi? E che cosa?»

«Annabeth». Mi guardò stralunato. «Mi ha chiesto se... mi ha chiesto...»

«Mitch, datti una calmata. Respira» gli dissi. Lo guardai prendere un paio di respiri, ma era talmente agitato che quasi saltellava sul posto. «Che cavolo succede? Che ti ha chiesto Annabeth di così brutto?»

«Brutto?!». Mitchell trasalì. «Miei dei, spero di no! Mi ha chiesto un appuntamento!»

Le sopracciglia mi scattarono in alto per la sorpresa. Lo fissai, cercando di processare quello che mi aveva appena detto. Mi sembrava surreale. Non mi aveva detto assolutamente niente: a dire la verità, evitava proprio di toccare l'argomento "sfera sentimentale". Pensavo che parlarne le costasse moltissimo dopo aver perso Luke, quindi avevo lasciato perdere. Mica mi aspettavo che, invece, stesse programmando di farsi avanti con Mitchell. «Annabeth ti ha chiesto un appuntamento» ripetei.

«Sì!» esclamò lui.

«Un appuntamento vero»

«Sì!»

«Un appuntamento romantico»

«Be'...». Mitchell spalancò gli occhi azzurri. «Io... credo? Oh dei, non lo so. Forse? E se non lo era? Magari ho frainteso? Alex, sai qualcosa che io non so? Perché me la devi dire se è così, non posso fare la figura dello scemo se lei non intendeva-»

Mi venne da ridere, ma cercai di trattenermi. Era troppo tenero. «Mitchell» lo interruppi «sta' calmo. Non ne sapevo nulla. Dimmi che ti ha detto»

Lui prese un bel respiro e annuì. «Non è che ci sia molto da dire» disse con un filo di voce «stavo andando verso la mia Capanna, e... boh, mi ha sbarrato la strada. Mi ha guardato in faccia e mi ha chiesto: "ti farebbe piacere prendere un gelato con me, un giorno di questi?". Così. Nemmeno mi ha salutato». Mi guardò stralunato. «E' una buona cosa, vero?»

Perlustrai il Campo con lo sguardo, alla ricerca di Annabeth. La individuai vicino alla Cabina di Morfeo, con la sua immancabile cartelletta fra le mani. Stava parlando con Chirone. Tutto sommato, sembrava estremamente tranquilla, come se non fosse successo niente. Mi domandai che diavolo le passasse per la testa. Avrei dovuto parlarle... «Il gelato è sempre una buona cosa, Mitch» gli dissi. Spostai lo sguardo su di lui. «Che le hai risposto?»

Mitchell mi guardò come se fosse la domanda più cretina del mondo. «Ovviamente le ho detto sì» replicò «mica potevo rifiutare. Sto aspettando questo momento da un secolo e mezzo...»

Gli diedi un buffetto sulla spalla. Dei, era strano vedere un figlio di Afrodite così insicuro sulle questioni sentimentali. La guerra doveva averci sconvolto un po' troppo. «Allora smettila di farti le paranoie e, quando sarà il momento, goditi quel cavolo di gelato» gli dissi «non complicarti le giornate per niente»

Lui sospirò, stringendo la mascella. Probabilmente stava cercando di convincersi delle mie parole. «Non è per niente facile» ammise «ho paura di incasinare tutto se corro troppo, Alex. Annabeth è una ragazza complicata, e non voglio che scappi da me perché l'ho spaventata»

Gli rivolsi un piccolo sorriso. «Annabeth è molto più coraggiosa di quello che credi» replicai. E lo pensavo davvero: chiedere a qualcuno di uscire come l'aveva fatto lei, specialmente dopo quello che era appena successo con Luke, richiedeva una buona dose di fegato. «Sono felice per te, Mitch. Ma cerca di controllarti».

[5] 𝙐𝙣𝙗𝙤𝙪𝙣𝙙 » Percy JacksonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora