3. Non ne faccio una giusta (P)

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La fine del mondo cominciò con un pegaso che atterrava sul cofano della mia macchina

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La fine del mondo cominciò con un pegaso che atterrava sul cofano della mia macchina.

Fino ad allora era stato un pomeriggio piacevole. Tecnicamente non avrei dovuto guidare perché mancava ancora una settimana al mio sedicesimo compleanno, ma mia madre e il mio patrigno, Paul, avevano portato me e Rachel su un tratto di spiaggia privata della South Shore. Paul ci aveva prestato la sua Prius per fare un giro.

Eravamo in macchina. Era una torrida giornata di agosto; Rachel si era legata i capelli rossi in una coda e indossava una camicia bianca sopra il costume. Non l'avevo mai vista con qualcosa di diverso dalle magliette logore e dai jeans macchiati di pennarello, e quindi quello era un bel cambiamento. «Oh, accosta qui!» mi disse.

Parcheggiammo su un promontorio affacciato sull'Atlantico. Il mare era particolarmente bello quel giorno, di un verde scintillante e levigato come vetro. Rachel mi sorrise. «Allora, per quell'invito...»

«Oh... giusto»

Cercai di mostrare un po' di entusiasmo. Mi aveva invitato a passare tre giorni nella casa delle vacanze dei suoi a St Thomas, e io non ricevevo molte proposte del genere. Nella mia famiglia l'idea di una vacanza speciale corrispondeva a un fine settimana in una capanna fatiscente sulla spiaggia di Long Island, con qualche film a noleggio e un paio di pizze surgelate. I genitori di Rachel invece erano disposti a portarmi ai Caraibi, e io avevo un disperato bisogno di vacanze.

L'idea di prendermi una pausa, seppure per qualche giorno, era davvero allettante. Solo che era in arrivo qualcosa di grosso e ormai era questione di giorni. Ero reperibile per una missione. Peggio ancora, la settimana dopo sarebbe arrivato il mio compleanno, insieme a quello di Alex, e c'era questa Profezia secondo la quale per i nostri sedici anni ne sarebbero successe di tutti i colori.

E a proposito di lei... be', quello era il mio problema maggiore al momento. Sì, sì, so perfettamente che impressione sto dando. No, non l'avevo affatto dimenticata -chi cavolo poteva riuscirci? Io no di certo. E' che le cose erano... be', molto complicate.

«Percy» disse Rachel, strappandomi dal filo dei miei pensieri «lo so che il momento è sbagliato. Ma è sempre sbagliato per te, giusto?»

«E' solo che...»

«La guerra. Lo so». Mi mise una mano sul braccio. «Tu pensaci, okay? Non partiremo prima di un paio di giorni. Papà...». Esitò.

«Ti sta stressando molto?» chiesi.

Rachel scosse la testa, disgustata. «Si sforza di essere carino con me, il che è quasi peggio. Vuole che in autunno vada alla Clarion Ladies Academy»

«La scuola che ha frequentato tua madre?»

Lei annuì. «È una stupida scuola di buone maniere per ragazze dell'alta borghesia, su nel New Hampshire. Mi ci vedi in un posto del genere? Crede che facendo un bel po' di cose carine per me mi sentirò in colpa e finirò per cedere»

[5] 𝙐𝙣𝙗𝙤𝙪𝙣𝙙 » Percy JacksonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora