Le porte si aprirono con un tintinnio e noi scendemmo sul vialetto aereo.
"Deprimente" di solito non è la parola giusta per descrivere l'Olimpo, ma era così che appariva in quel momento. Non c'erano fuochi a illuminare i bracieri. Le finestre erano buie. Le strade erano deserte e le porte sbarrate. C'era un po' di movimento solo nei parchi, allestiti come ospedali da campo. Will e gli altri ragazzi di Apollo si davano da fare, curando i feriti. Naiadi e driadi gli davano una mano, usando i canti magici della natura per guarire scottature e avvelenamenti.
Mentre Grover piantava l'arboscello di lauro, io, Alex e Annabeth facemmo un giro per cercare di rincuorare i feriti. Passai davanti a un satiro con una gamba rotta, a un semidio bendato dalla testa ai piedi e a un corpo coperto con il drappo dorato della casa di Apollo. Non sapevo chi ci fosse sotto. Non volevo scoprirlo. Mi sentivo il cuore pesante come il piombo, ma ci sforzammo di trovare delle cose positive da dire. «Vedrai che fra poco sarai di nuovo in piedi a combattere contro i Titani!» dissi a uno dei ragazzi feriti.
«Hai un ottimo aspetto!» disse Annabeth a un altro.
«Leneo si è trasformato in un arbusto!» disse Grover a un satiro gemente.
Alex era andata dal figlio di Dioniso, Polluce, con la schiena appoggiata a un albero. Aveva un braccio rotto, ma per il resto stava bene. Stava cercando di convincerlo a rimanere a riposo. Li raggiunsi. «Posso ancora combattere con l'altra mano» le stava assicurando, stringendo i denti.
«No» replicò Alex «hai fatto abbastanza. Resta qui a dare una mano con i feriti»
«Ma...»
«Promettimi di restare al sicuro» intervenni «va bene? Come favore personale»
Aggrottò la fronte, incerto. Non è che fossimo grandi amici, ma non avevo intenzione di dirgli che era una richiesta di suo padre. L'avrei solo messo in imbarazzo. Alla fine promise, e quando tornò a sedersi, capii che era sollevato.
«Te l'ha chiesto il signor D, vero?» mi sussurrò Alex all'orecchio. Mi limitai ad annuire.
Continuammo a camminare verso il palazzo. Era lì che si sarebbe diretto Crono. Non appena raggiunto l'ascensore (e non dubitavo che ci sarebbe riuscito, in un modo o nell'altro) avrebbe distrutto la sala del trono, il centro del potere degli dei. Ero ferocemente determinato a proteggere Alex con ogni mezzo possibile. Non potevo lasciare che un'orrida lama le strappasse l'anima: decisamente mi piaceva dov'era in quel momento.
Le porte di bronzo si aprirono con un cigolio. I nostri passi riecheggiarono sul pavimento di marmo. Le costellazioni luccicavano fredde sul soffitto della grande sala. Il fuoco era ridotto a un bagliore rosso cupo. Estia, nella sua forma di bambina con le vesti marrone, era accovacciata lì accanto, scossa da brividi. L'Ofiotauro nuotava mestamente nella sua bolla d'acqua. Mi salutò con un timido muggito. Alla luce delle fiamme, i troni gettavano ombre quasi malvagie, simili ad artigli. In piedi, di fronte al trono di Zeus, intenta a guardare le stelle, c'era Rachel. Teneva un vaso greco in mano. «Rachel?» esclamai «Ehm... che ci vuoi fare con quello?»
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[5] 𝙐𝙣𝙗𝙤𝙪𝙣𝙙 » Percy Jackson
Fanfiction➳ Sequel di "Trapped" ➳ Ultimo libro di "The Sea and The Sky Series"! Sapete come si dice, no? "E alla fine tutti i nodi vengono al pettine"... sì, peccato che più che nodi si tratta di macigni. La tensione non fa altro che salire. Siamo alla resa d...