42. L'inganno che finirà in tragedia

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E così, alla fine, l'eroe della profezia ero io

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E così, alla fine, l'eroe della profezia ero io. O almeno... questo sosteneva Rachel.

Di immortales, quanto la odiavo... già la sua sola presenza mi disturbava, sentirla poi arrivare con una notizia del genere...

Capiamoci, da una parte ero anche un po' sollevata: "l'anima dell'eroe" non sarebbe stata quella di Percy. Sarebbe sopravvissuto alla guerra. Fantastico. Il problema era che, per esclusione, si trattava della mia -a meno che non ci fosse un altro semidio di sedici anni figlio di uno dei Tre Pezzi Grossi di cui non sapevamo ancora l'esistenza, chiaro.

La prospettiva di morire, però, non mi faceva la paura che mi aspettavo che mi suscitasse. Certo, non è che ero entusiasta all'idea di lasciarci le penne, però... be', l'avrei fatto per una giusta causa: proteggere l'Olimpo. Proteggere Talia, Annabeth, Grover, tutti i miei compagni e l'intera umanità... e proteggere Percy, soprattutto.

Mi sdraiai sulla branda accanto a quella di Percy. Lui avvicinò la sua alla mia e mi prese per mano; piombai in un sonno agitato, svegliandomi ogni volta che me la stringeva. Nemmeno i suoi sogni dovevano essere molto tranquilli.

Alla fine fu un suono terribile a svegliarmi. Da qualche parte dietro il complesso dell'ONU un ruggito furioso scosse la città. Un verso talmente raccapricciante che mi fece drizzare i capelli in testa.

Scattai immediatamente a sedere. Con uno scarto di qualche secondo, Percy mi imitò. Grover era in piedi al suo fianco, e aveva un'aria nervosa. «Che è stato?» domandai.

«Stanno arrivando» disse Percy «e siamo nei guai»

Per tutti gli dei, lo eravamo davvero. La casa di Efesto aveva esaurito il fuoco greco. La casa di Apollo e le Cacciatrici stavano frugando dappertutto alla ricerca di frecce. La maggior parte di noi aveva già ingerito così tanto nettare e ambrosia che non osava assumerne ancora. Avevamo sedici semidei, quindici Cacciatrici e una mezza dozzina di satiri in condizione di combattere. Il resto si era rifugiato sull'Olimpo. I Party Pony cercavano di formare dei ranghi, ma inciampavano e ridacchiavano e puzzavano tutti di birra alle erbe. I texani giocavano a testate con la divisione del Colorado. Quelli del Missouri litigavano con l'Illinois. C'erano serie probabilità che finissero per combattere l'uno contro l'altro anziché contro il nemico. Gli idioti erano tutti ubriachi fradici.

Chirone ci raggiunse al trotto, con Rachel sulla groppa. «La tua amica ha delle intuizioni interessanti, Percy» esclamò.

Non potei fare a meno di alzare gli occhi al cielo. Rachel arrossì. «Sono solo delle cose che ho visto nella mia testa...»

«Un dragone» disse Chirone «un dragone della Lidia, per l'esattezza. Il genere più pericoloso e antico»

«Splendido» commentai cupa.

Percy guardò Rachel, sbigottito. «Come facevi a saperlo?»

«Non ne sono sicura» ammise Rachel «ma questo dragone ha un destino particolare: sarà ucciso da un figlio di Ares»

[5] 𝙐𝙣𝙗𝙤𝙪𝙣𝙙 » Percy JacksonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora