Capitolo 23. Cuore di vetro.

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[Capitolo 23: Cuore di vetro.]


Gabriel spiegava come la magia fosse dispettosa e portasse fuori tutto ciò che si odiava, rendendolo bellissimo agli occhi della sua vittima.
Meriem usava come esempi le figure che Cassandra aveva visto combattere nell'arena.

La figlia della Terra sudava freddo, con gli occhi spalancati e il senso di disgusto aggrovigliato attorno a lei.

«La  maga delle carte che ha combattuto contro Selene è stata portata alla distruzione a causa del gioco d'azzardo e dell'amore profondo che nutriva per questo», disse Gabriel mantenendo sul viso un dolce sorriso.

Tutti sapevano come si sentiva Cassandra, era come se la sua aura fosse talmente agitata da colmare la loro fame di paura.
Le guide erano due bestie affamate e Cassandra la preda lasciata libera solo per gioire del tremolio che aveva.

«In che senso è stata portata alla distruzione?», domandò la ragazza nonostante fosse scossa.

«Hai rivelato un po' troppo», disse Meriem rimproverando il ragazzo con fare dispettoso e Cassandra non chiese altro, l'unica cosa che desiderava era tornare sulla Terra, perciò si dimenticò subito del perché fece la domanda.
Non sopportava più la tensione che la schiacciava al suolo. Per di più c'era ancora la traccia del bacio di Gabriel, voleva dar fuoco alle sue labbra per far sparire l'alone che le aveva lasciato, ma temeva la reazione del ragazzo.
«Che c'è Cassandra?», domandò Meriem comparendo improvvisamente accanto a lei. La ragazza si stupì ma non si lasciò andare alcun movimento.

La voce della maga la faceva sentire male, le piaceva ma le metteva addosso una inquietante quantità di disagio.
«Voglio andarmene», affermò lei.

La sua volontà fu di una profondità tale che il libro, finalmente, si spalancò sullo scaffale divorando la ragazza nel suo bagliore ed esaudendo il suo desiderio.

Cassandra si risvegliò nel seminterrato della biblioteca, madida di sudore e con lo stomaco sottosopra.
Corse subito a casa, mentre la Signora Bibliotecaria la fissava addolorata, ma Cassandra questo non lo vide.

Si rinchiuse nella sua stanza, lasciandosi scivolare lungo la porta. Era terribilmente scossa, agitata, impaurita e sull'attenti. Strinse le mani sulle braccia, ci conficcò le unghie e le fece scivolare lungo gli altri, aprendo la pelle in tagli da cui fuoriuscì sangue, ma non se ne rese conto. In quel momento non riusciva a pensare lucidamente, anzi non pensava proprio o, semplicemente, i suoi pensieri erano talmente tanti  e urlavano talmente tanto che non riusciva più a sentirli.
Si alzò in piedi e raggiunse lo specchio, si fissò e quasi non si riconobbe. Aveva profonde occhiaie scure sotto gli occhi, questi erano vacui, vi era talmente tanta paura che sembrò non provare alcun altro sentimento. Le labbra riportavano tante ferite dovute ai denti che vi aveva affondato senza accorgersene. Le sue guance erano leggermente più scavate, ma ciò era dovuto al fatto che aveva smesso di nutrirsi in modo sano, non alle guide, però in quel momento non ci pensò più di tanto.
Gli occhi suoi scivolarono lungo il corpo rispecchiato, fino a vedere le ferite che si era procurata. Si odiò profondamente quel pomeriggio, perciò raccolse la mano in un pugno e con una velocità che non pensava di possedere, frantumò lo specchio nel giro di neanche un secondo.

Abbassò il capo a vedere le migliaia di pezzi taglienti ai suoi piedi e nel vedere la sua figura sgretola, pensò che solo in quel momento si era specchiata per davvero. Perché Cassandra, la vera Cassandra, non era una figura perfetta, era frantumata come lo specchio che aveva rotto.

Vide i cocci e volle solo provare a...

Ci avrebbe messo poco.

Avrebbe fatto troppo male.

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