Capitolo 3. Di posti preferiti.

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[Capitolo 3: Di posti preferiti.]

Cassandra correva, correva più forte che poteva, mentre i rami degli alberi le frustavano le gambe ed il volto, fuggiva verso una meta sconosciuta, poiché non conosceva il luogo. E, mentre correva, sentì il passato riecheggiarle nelle orecchie. «Scappa Cassandra, fuggi via!», le urlava una voce nella testa, appartenente a qualcuno che la ragazza aveva ormai scordato.

E lei lo fece, scappò fino a perdere il fiato ed accasciarsi a terra. Ansimava talmente forte che udiva solo il suo respiro irregolare, ed insieme a quello anche il cuore che le batteva all'impazzata nel petto.

Si guardò attorno e si vide circondata solo da alberi, ovunque, era un bosco senza fine, colmo di una natura troppo genuina per la ragazza che non vedeva altro che marcio ovunque.

Sollevò la testa verso il cielo, dove altri rami di alberi diversi si intrecciavano fra di loro, e due lune vi incombevano sovrane, nonostante fosse giorno. E Cassandra scoppiò in un pianto disperato. Non capiva dove si trovava, né come ci fosse finita, né come andarsene. Non riusciva ad accettare le parole dette dal ragazzo dagli occhi ocra e le magie che aveva potuto vedere con i suoi occhi.

Sentì la testa stringersi, una fitta di dolore passarle per la tempia e così contrasse le mani in pugni, sbattendoli contro l'erba fresca, rovinando i fiori che ne sbocciavano. Per qualche motivo provò la sensazione di essere tornata indietro nel tempo, incatenata in una prigione interiore da cui credeva di essere fuggita. «Voglio andare a casa», sussurrò d'improvviso agli alberi che la fissavano e la ascoltavano. «Voglio andarmene via», affermò, con gli occhi che si incupivano, mentre raccoglieva le gambe al petto. «Non è giusto», concluse rannicchiandosi ed appoggiando la schiena contro un tronco. La voce si era affievolita, il cuore si era calmato, ed il respiro aveva preso a rallentare, mentre il dolore alla testa cessava del tutto. «Perché ora?», chiese più a se stessa che agli alberi.

Cassandra era una ragazza insolita, aveva sempre creduto nella magia ed aveva sempre sperato che un giorno la salvasse. Quindi, ogni tanto, quando si rifugiava in biblioteca, cercava manuali di magia, e ci metteva tutta se stessa per vedere anche solo il più piccolo dei risultati, ma non funzionava. Tuttavia, non perdeva la speranza, la magia era l'unica cosa che le era rimasta, quindi ci provava e riprovava, aveva letto quasi tutti i libri di magia presenti in biblioteca, fino a vedere la scintilla della speranza spegnersi lentamente.

Cassandra aveva creduto con fervore nella magia, dai sei anni ai diciotto anni. Poi per due anni smise di sperare pure in quella e si abbandonò alla sua prigionia. «Perché?», domandò alzando gli occhi al cielo, osservando le bellissime lune, fattesi troppo pallide, troppo tristi. Si sentì profondamente delusa, ma, soprattutto, ferita.

«Perché cosa?», domandò Wendy che era sbucata dal nulla, avvolta nella sua coltre di fumo roseo. Cassandra mise i suoi occhi sulla bambina, tuttavia sembrava non vederla. Cassandra si sentì spegnersi. «Come ti chiami?», le chiese la bimba avvicinandosi al suo viso. «Cassandra» «Che bel nome», osservò Wendy, sedendosi a gambe incrociate.

«Sai Cassandra, questo posto è bellissimo, è pieno zeppo di magia e qua tutti ti vogliono bene! Le persone, gli alberi, i fiori, gli animali. Tutti ti vogliono bene!», cercò di rassicurarla la fanciulla, con un grande sorriso sul volto e gli occhi che luccicavano nel dire quelle frasi. «Sappiamo che forse hai paura. Ma fidati di noi Cassandra, non vogliamo farti male, vogliamo solo che tu sia felice», proseguì giocherellando con l'erba, con gli occhi che ora guardavano qua, ora guardavano di là. Wendy si mise in piedi e porse la mano a Cassandra, che la osservò leggermente titubante. «Vieni con me, ti faccio vedere il mio posto preferito!».

La ragazza non le afferrò la mano, ma si mise comunque in piedi e la seguì. Camminava lentamente, mentre pensava freneticamente, si chiedeva come era finita in quel posto, come tornare a casa, poi voleva imporsi quella realtà ed allora voleva assumere una facciata più sorridente, perché Cassandra iniziò a sentirsi male interiormente, ingoiata da una profonda tristezza.

L'Isola Che Non C'èDove le storie prendono vita. Scoprilo ora