Capitolo 26

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Quando il dottore esce dalla stanza mi volto verso Giuseppe ed inizio a piangere. Lui si avvicina e cerca di asciugare le mie lacrime, ma esse non hanno intenzione di smettere. Prova a posare una delle sue mani sul mio addome, ma glielo impedisco coprendomi con il lenzuolo. Mi sento orribile, non alla sua altezza. Come potrebbe stare con me dopo aver visto quell'orrore? Anch'io provo ribrezzo nei confronti del mio corpo. Spostando le mie mani, nonostante ci stessi mettendo tutta la mia forza, riesce a scoprirmi. Guardandomi negli occhi occhi e mostrandomi il suo sorriso migliore, alza la maglia del pigiama. Oltre all'incisione, ora coperta con una garza, sono presenti diversi lividi.

<<Nicole non ti vergognare del tuo corpo. Tu sei bellissima. Non piangere più, per favore. So che sei sconvolta, ma non hai nulla da temere. Soltanto io posso ammirarti e per me non cambia nulla. Anzi, qualcosa cambia. Ogni volta che sarai nuda, tra le mie mani, guardandoti ripenserò a ciò che avrei potuto perdere>>

Dopo aver finito di pronunciare queste parole si abbassa su di me e posa le sue labbra, in modo leggero, su ogni livido. Dopo aver finito di curare i miei mali ritorna sulle mie labbra e cerca di farmi capire quanto mi voglia. Non riesco a staccarmi da lui, solo il bisogno di respirare mi spinge a staccarmi dalla sua bocca. Ci guardiamo, ci sorridiamo e so che tutto andrà bene finché rimarremo insieme.

Due giorni dopo vengo dimessa. Giuseppe non è potuto venire, ma mi ha mandato un agente della sua scorta. Io mi sento in imbarazzo e non so davvero come comportarmi.

<<Buongiorno signora Leo. Il Presidente Conte mi ha chiesto di accompagnarla a casa e di assisterla per qualsiasi cosa>>

<<Ehm, grazie mille. Mi dispiace che debba stare con me. Cercherò di darle meno fastidio possibile>>

<<È il mio lavoro e non si scusi, la prego>>

Questo omone, penso sia sul metro e novanta, mi sembra essere un tipo apposto. Mi trasmette calma e fiducia. Cerco di alzarmi da sola ed in qualche modo riesco a mettermi in piedi. Fortunatamente mi ero fatta aiutare in precedenza da un'infermiera a cambiarmi. I diversi giorni passati sdraiata, in aggiunta alle costole e all'intervento, mi costringono a chiedere aiuto al povero uomo.

<<Mi scusi ancora. Mi dispiace doverla stressare per aiutarmi a camminare>>

<<Come le ho già detto è il mio lavoro... e se devo essere onesto preferisco aiutare lei. È una brava persona e non si merita quello che le è accaduto. La prego di chiedermi qualsiasi cosa. Io sono a sua disposizione>>

Sostenendomi come se pesassi come una piuma riusciamo ad uscire dall'ospedale ed entrare in macchina. Durante il tragitto scambiamo qualche parola e lo vedo rilassarsi un po'. Ho provato a convincerlo a darmi del tu ma non ci sono riuscita. Non ho chiesto il suo nome perché non so se possa farlo per questioni di sicurezza.

Una volta a casa mi rifugio in camera. Il tempo non sembra passare più ed io ho veramente poca pazienza. Come se non lo avessi fatto abbastanza nei giorni passati, cerco di riposarmi.

Vengo svegliata da un tocco gentile sulla guancia e aprendo gli occhi osservo il profilo di Giuseppe; istantaneamente sorrido.

<<Mamma mia quanto sei bello>>

Afferrandolo per la cravatta lo trascino verso di me e mi approprio della sua bocca. Ho una voglia matta di lui, del suo corpo caldo, del senso di protezione che solo lui sa darmi. Sentendo una sua mano scendere immagino che anche lui senta il bisogno di sentirci un unico corpo. Purtroppo quando inizia a darmi sollievo, inizio a tremare e sento dolore.

<<Oddio mi dispiace. Mi è passato di mente>>

<<Uffa. Io ho bisogno di te. Come farò ad aspettare?>>

Ti sento vivereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora