- 21 ...Parallelismi...

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Mi svegliai, ma non volli aprire gli occhi. La finestra della camera era rimasta aperta e la luce del mattino filtrava attraverso le tende. Mi voltai dall'altra parte e presi un respiro profondo.

Nella camera c'era un odore familiare, il profumo del bucato misto a quello del sole, o meglio quello che ero sicura avrebbe avuto.

«Cosa fai qui?».

Avevo la voce roca a causa del sonno, lui non rispose, un po' contro voglia decisi di aprire gli occhi.

"Dorme più profondamente di un sasso" pensai osservandolo con un sorriso.

I capelli arruffati gli incorniciavano il viso giocando con i raggi del sole, sembravano a volte dorati altre arancio, gli occhi chiusi le lunghe ciglia a sfiorargli appena le guance, la mascella rilassata e le labbra appena dischiuse. La luce che arrivava dalla finestra non lo infastidiva affatto.

Aveva un braccio piegato sotto il cuscino l'altro poggiato contro il corpo, la camicia era sbottonata e si intravedevano appena le linee argentee delle cicatrici, alcune di quelle le ricordavo come la mezza luna sul fianco, la stella poco distante dal cuore o la linea decisa vicino alla clavicola.

«Cosa fai?».

La sua voce mi sorprese, sollevai lo sguardo ed incontrai i suoi occhi che mi fissavano confusi, ma decisi.

«Stavo ricordando» allontanai la mano che avevo inavvertitamente avvicinato alla sua pelle.

«Mi hai svegliato» il suo sguardo assunse una strana espressione un misto di divertimento e pericolo, rimase qualche secondo con lo sguardo fisso nel mio come se cercasse qualcosa, avvertii una sensazione diversa dal solito, volevo avvicinarmi. Rimasi confusa e sorpresa dai miei stessi pensieri.

Sospirò e si voltò dall'altra parte, quasi come se ciò che aveva trovato nel mio sguardo non gli fosse piaciuto. Osservai per un momento la sua schiena, la camicia bianca anche se spiegazzata ricalcava il profilo dei muscoli e delle spalle larghe.

«Nik...».

Non feci in tempo a pronunciare il suo nome che si mise seduto, scompigliandosi i capelli.

«Faccio una doccia».

Ritrassi il braccio che involontariamente si era allungato verso di lui, si alzò e uscì dalla stanza senza aggiungere altro.

Rimasi lì con un insolito torpore addosso. Non so quanto stetti immobile, ma quando udii l'urlo di Aggy mi sollevai dirigendomi verso la fonte.

«Nikolai mi hai fatto prendere un colpo!» disse lei sulla porta del bagno.

Indossava il pigiama e aveva tutti i capelli arruffati dal sonno, un asciugamano stretto sotto braccio.

«Che succede?».

«Lui!».

Nikolai aveva un asciugamano stretto in vita, i capelli umidi tirati all'indietro gli gocciolavano sull'addome e sulla schiena ancora bagnati e in viso un'espressione innocente, ma non riusciva a nascondere il sorriso divertito.

«Potevi almeno chiudere la porta» sospirai scuotendo la testa.

«E privarvi dello spettacolo? Non volevo essere egoista» ecco riapparire il suo solito sorriso.

Aggy si voltò verso di me, un'espressione confusa e pensierosa stampata in viso.

«Tu lo sapevi che era qui?».

«Ha dormito in camera mia» sospirai passandomi una mano sul viso.

Lei passò lo sguardo confuso dall'una all'altro. Mentre aspettava una spiegazione, sollevai lo sguardo su di lui che ancora sorrideva, a quanto pare toccava a me dire qualcosa.

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