-10. Nikolai Koslov-

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Il ricordo iniziò a scemare e il rumore della musica mi avvisò che qualcuno mi aveva raggiunta sul retro.

Mi voltai verso di lui, sicura di avere il suo sguardo addosso.

«Penelope... è questo il tuo nome ora?» si poggiò con la schiena contro il muro e allontanò da me lo sguardo.

«Cosa fai qui?».

Lui sorrise e ignorò volutamente la mia domanda, un'abitudine che sapeva bene quanto mi irritasse.

«Non mi piace molto».

«Mi rincresce che non sia di tuo gradimento».

«Però ti si addice... L'attesa infinita di un uomo che non tornerà mai veramente da te».

Gli lanciai il mio sguardo peggiore, mentre lui cominciò lentamente ad avvicinarsi. Si fermò ad un passo da me.

«Avrei dovuto sapere che eri tu... Eri l'unico che potesse avere una mia foto, scattata a tradimento ovviamente... Non mi stupisce neanche il fatto che tu abbia usato qualche trucco per confondere quel ragazzo».

«Difficilmente si dimentica un viso come il mio... Non era necessario che ti allarmasse e ti facesse scappare».

«Non sono scappata, come puoi vedere».

«Pessima scelta».

«Perché? ...Cosa sei venuto a fare qui Nikolai? Hai finalmente deciso di farla finita e volevi dirmi addio?».

Lui sorrise, ma non ricambiai. Avevo i nervi a fior di pelle e il cuore che mi martellava nel petto come un tamburo.

«Socievole come sempre... Ma mi spiace deluderti, sono qui per riprendermi ciò che mi appartiene...» fissò gli occhi nei miei «... Rivoglio il mio pugnale Heil».

Il suo viso era ad un soffio dal mio. Mi minacciava, cercava di farmi paura con quello sguardo deciso e pronto a qualsiasi cosa pur di avere ciò che voleva. Sorrisi.

«Non so di cosa tu stia parlando».

Provai a scivolare di lato e allontanarmi, ma fu più veloce di me, avrei dovuto immaginare che non l'avrebbe presa bene, ma quando si parlava di lui non sapevo mai con esattezza quali sarebbero state le sue reazioni: nonostante lo conoscessi da più tempo di chiunque altro rimaneva imprevedibile.

Un secondo prima tornavo dentro il locale, quello dopo ero spalle contro il muro.

«Sai benissimo di cosa sto parlando».

«Se non te lo dico cosa fai? ...Mi uccidi? ...Non ho paura né di te né delle tue minacce... Ancor meno ora che sei senza il tuo giocatolo».

Sorrise sornione come se avesse un piano in mente ed era quella fra tutte l'espressione che mi preoccupava davvero.

«Non posso farti del male fisicamente, ma sai bene che so come ferirti».

Cercai di svicolare dalla sua presa, inutilmente.

«Maledizione! ...» imprecai colpendolo, ma lui rimase immobile «... Perché mai dovrei restituirtelo? ...Così che tu possa uccidere me o qualche altra persona innocente? ...Fin tanto che lo tengo io è più al sicuro che nelle tue mani».

«Ha un profondo valore sentimentale... E sai benissimo che non siete tutti così innocenti com professi».

Fece un mezzo sorriso, ma nel suo sguardo lessi parole diverse che parlavano di rabbia, odio e vendetta. Era solo in quei brevi attimi, quando mostrava quel lato vulnerabile, che un'effimera parte di me avrebbe voluto stringerlo fra le braccia. Però avevo imparato a restare immobile ed a non ascoltare quella vocina, non sarebbe cambiato nulla.

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