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Come ogni mattina sta suonando la sveglia e riesco a posticiparla tre volte ma alla quarta finalmente riesco ad alzarmi. Velocemente mi avvio verso il bagno e mi ci chiudo dentro guardandomi allo specchio contornato da lampadine accese.
«che schifo!» esulto guardandomi il viso pieno di imperfezioni e il corpo ogni giorno sempre più magro e raggrinzito.
Afferro due asciugamani e li appoggio sul ripiano mentre lascio colare l'acqua per la doccia sotto alla quale mi infilo immediatamente senza pensare a tutti i pensieri che mi frullano nella mente.
L'acqua calda inizia a scorrermi sulla schiena per poi avvolgere tutto il mio corpo e riscaldarlo in un batter d'occhio. Afferro la boccetta di shampoo e me ne verso un po' sulla mano per poi massaggiare sotto il getto, lo faccio una seconda volta e poi metto il balsamo mentre mi lavo il corpo.
Spengo il getto bollente appena e uscendo dal cubo in vetro prendo l'asciugamano che mi avvolgo lungo il corpo. Mi lavo i denti, mi trucco un po' e mi metto un po' di profumo, esco dal bagno, mi metto le scarpe e scendo al piano di sotto dove trovo James; mio fratello e i miei genitori che stanno leggendo il giornale in silenzio seduti sul divano.

Io sono quella sempre stata la silenziosa della famiglia, non parlo mai, non mangio mai e non faccio mai parte delle idee che mia mamma ama fare nelle festività o nei giorni liberi dal lavoro, mostrando a tutti quanti sua ipocrita e falsa.
«ciao», li saluto con un semplice gesto di mano per poi andare verso il frigo, lo apro e come al solito non trovo niente che mi possa piacere.
«ciao tesoro» mi saluta mia mamma mentre viene verso di me e mi porge una porzione di tiramisù, io la indietreggio.
«devi mangiare» mi guarda mio padre sull'orlo di arrabbiarsi, non mangio da tre giorni, e se lo faccio, mi metto due dita in gola davanti al gabinetto.
«non riesco e lo sapete» guardo mia madre che ormai ha perso le speranze e butta il piatto nel lavandino sbuffando.

Bevo un semplice bicchiere d'acqua e mi avvio verso la porta, mi metto la mia giacca e esco di casa prendendo lo zaino. Appena chiudo la porta prendo le cuffiette e le collego al telefono, appena si connettono avvio la mia playlist e rimetto il telefono in tasca. Mi avvio lentamente verso la scuola, vivo in una zona isolata e nessuno dei miei pochi amici vive nei dintorni, sono sempre costretta ad andarci da sola.
«buongiorno», saluto la prof appena entro per prima in classe.
«buongiorno signorina», ricambia il saluto la prof professoressa di filosofia.
«buongiorno a tutti ragazzi» entra il preside bussando alla porta, tutti ci alziamo facendo far rumore alle sedie ma rimanendo in silenzio dopo averlo salutato.
«oggi avrete un nuovo compagno, viene dal North Carolina e ha la stessa età di quasi tutti voi, si chiama Payton Moormeier», appena lo dice entra un ragazzo moro, con gli occhi color mandorla e un grosso ciuffo scompigliato dello stesso colore.
«ciao» lo salutano tutti i miei compagni tranne me che mi siedo e continuo a disegnare sul mio piccolo quadernino.
«scusami posso sedermi?», mi chiede il ragazzo indicando il posto a fianco al mio, il quale è l'unico vuoto.
«se non vuoi sederti a terra» rispondo scrollando le spalle.
Il preside esce dalla classe e chiude la porta, la professoressa parla a quel ragazzo, Payton se non mi sbaglio, che non sembra ascoltare molto e di tanto in tanto butta occhio sul mio quaderno.
Il cielo è grigio, ha appena iniziato a piovere, gli alberi sono tutti spogli e le foglie sono a terra, la giornata è molto cupa ma devo dire che amo che sia così.
«sei incantata?», mi chiede il ragazzo nuovo sussurrando per non farsi sentire da tutti i miei compagni.
«no», tolgo lo sguardo dalla finestra per posarlo nei suoi occhi lucidi e pieni di stanchezza.
«potresti rivolgerti con più gentilezza», annuisce accennando un sorriso. Scrollo le spalle incrociando il suo sguardo.
«ti conosco da cinque minuti; come pensi che possa rivolgerti la parola gentilmente?», esulto.
«si chiama educazione», si appoggia allo schienale della sedia sulla quale è seduto.
«se hai finito di dare fastidio fammelo sapere così magari seguo la lezione», accenno un sorriso sarcastico.
«scusami principessa», ride.
«piantala», sbuffo.

then - payton moormeierDove le storie prendono vita. Scoprilo ora