Capitolo 1: Una ragazza, una piscina e un segreto.

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-L'acqua è fondamentale. Ci permette di vivere e lei stessa ci ha creato, facendo da culla alle prime microscopiche forme di vita che si svilupparono sulla Terra miliardi di anni fa. Forse è per questo che dopotutto l'acqua ci attrae un po' tutti, no?


E tu, Dossi? Cosa ne pensi? Dossi?-


La voce della professoressa di geostoria mi distrae dai miei pensieri. Evidentemente stavo di nuovo guardando il soffitto e lei mi ha richiamato. È da circa un'ora che sta parlando della Terra e di come è nata, ma io non la sto ascoltando.


Alla parola acqua ,però, le mie orecchie si sono drizzate subito.


-Vuole sapere cosa ne penso?-


Le chiedo con la stessa voce che ho quando mi sono appena alzata dal letto.


Devo sembrare abbastanza ridicola, perché tutta la classe scoppia a ridere.


Anch'io abbozzo un sorriso, ma giusto così, per compiacerli.


La prof. Scuote la testa.


-Se non ascolti mai, Dossi, dovrai di nuovo ripetere l'anno!-


Mi dice.


Come se non lo sapessi.


Detto ciò riprende a spiegare, e io ci provo a seguire e a leggere sul libro, davvero, ma non ce la faccio proprio. Perciò decido di lasciar perdere. A questo punto la scelta è tra tornare a guardare il soffitto, rischiando maggiormente di essere di nuovo ripresa, o fissare i mie compagni e la mia classe e perdermi di nuovo nei miei pensieri. Opto per la seconda idea. La prima cosa che noto è che alla lavagna sono rimasti i compiti di matematica della prima ora. L'aula sembra la scena di un telefilm, uno di quelli ambientati a scuola dove i protagonisti vivono sempre avventure incredibili.


"Ma solo a me questo posto sembra una prigione?"


Mi chiedo. E subito dopo arriva la risposta.


"No"mi dico infatti mentre vedo Marco Rupilli che, seduto sull'ultimo banco nell'angolo in fondo della classe, dorme saporitamente appoggiando la guancia sulle mani. Laggiù la luce della finestra arriva a malapena, perciò si crea una sorta di penombra, il che penso che favorisca il suo sonno.


"Beato lui che può dormire e non è stato sbattuto su questo maledetto primo banco" penso, mentre il mio sguardo si sposta altrove. E incontra lei. Quella che, da quando ha messo piede qui dentro, ha fatto sì che la perfezione avesse un nome. E un cognome. Martina Tarsi, ecco di chi parlo. Capelli biondi sempre lisci e perfetti, jeans senza nemmeno uno strappo, maglione rigorosamente a collo alto e un gioiello o un po' di smalto nemmeno a pagarlo oro.


La beniamina di tutti i prof.


Ovviamente non è che andiamo proprio d'accordo. Lo so, lo so, non è colpa sua se lei studia e io no. Ma non mi va a genio lo stesso.


Finalmente arriva il suono della campanella a salvarci da quest'incubo e a svegliare Marco. Lo vedo che salta su dalla sedia come se avesse preso la scossa e rido, mentre ho già lo zaino sulle spalle e sono pronta per uscire.


All'uscita di scuola ci sono un sacco di gruppetti di alunni di tutte le età che si fermano a chiacchierare prima di incamminarsi verso casa. Io li supero spedita. Anche se avessi qualcuno con cui parlare, non potrei. Oggi vado di fretta. Vado a fare l'unica cosa che mi rende davvero felice.


Corro verso la fermata e faccio appena in tempo a prendere l'autobus. Poche fermate dopo scendo, faccio un pezzo di strada in salita e infine mi incammino lungo il vialetto del centro sportivo.


È sempre pieno di foglie perché intorno ci sono un sacco di alberelli. Amo questo posto. È la mia seconda casa. O forse persino la prima.


Entro nello spogliatoio che, come al solito, a quest'ora, è deserto. A volte c'è qualcuno, ma di solito arrivo sempre per ultima. Tiro fuori dallo zaino la busta dove tengo il costume, la cuffia e l'accappatoio. Vorrei tanto poterlo dire alla prof. quando mi chiede cosa ci tengo dentro, dato che secondo lei è sempre vuoto.


Ma non posso. Nessuno dovrà mai sapere che il martedì io vengo qui , perché nemmeno mia madre lo sa.


In pratica, io normalmente vado in piscina il venerdì e questo lei lo sa, dato che mi ha iscritto, a settembre. Ma quello che non sa è che quest'anno ci hanno proposto un'iniziativa che prevede un'ora gratuita di nuoto libero ogni martedì per chi è già iscritto al corso normale. Questa cosa infatti ce l'hanno detta dopo gli istruttori, ma io non l'ho detta a mia madre perché so che lei odia il nuoto libero. Pensa che facendo gli esercizi da soli ci si possa fare male. In realtà, odia il nuoto in generale ed è già tanto che io l'abbia convinta a segnarmi al corso mono settimanale. Perciò l'ho convinta che il martedì alcune volte frequento un corso di lettura espressiva a scuola(che tra l'altro si tiene davvero, ma mi sembra una gran perdita di tempo)e perciò torno un paio d'ore dopo. So che non andrà mai a verificare, perciò sono al sicuro. Tra l'altro non credo che se lo venisse a sapere potrei mai più mettere piede in casa.


Quando sono pronta, esco dallo spogliatoio e mi dirigo verso le vasche.


Sono quasi tutte vuote: oggi siamo in pochi. L'acqua è ferma e limpida. Poi, appena mi tuffo, rompo la superficie: iniziano a comparire onde e increspature a partire dal punto dove sono entrata. Comincio a muovere le braccia e intorno a me, quando metto la testa fuori dall'acqua, vedo un sacco di schizzi che vanno ovunque. Faccio una, due, sei, venti vasche, e fuori vedo il cielo che diventa buio. Mi accorgo dell'orologio solo quando è passata un'ora. Esco, mi faccio la doccia, mi asciugo i capelli, mi rivesto ed esco dal centro sportivo. La fermata è deserta, e l'autobus arriva quasi subito. Fuori dal finestrino vedo un sacco di luci, quelle dei lampioni, ma non vedendo il palo metallico a causa del buio e perciò sembrano sospese nell'aria. Sembra che l'autobus ci voli attraverso. Ma la magia finisce quasi subito, perché delle gocce che cominciano a sbattere sul vetro mi riportano alla realtà. Sta piovendo. E non promette di smettere. E io sono senza ombrello.


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