XI. Freiheit

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N E B E L

XI.

Freiheit



Nelle settimane successive, l'affinità tra lei e Richard crebbe rigogliosa.

La naturalezza con cui si capivano spesso la sbalordiva. Aggiunsero presto nuove parole al loro lessico privato, nuovi gesti familiari, si raccontarono con precisione aspetti di sé che non avevano mai pensato di riuscire a spiegare a qualcun altro.

Richard si mise a nudo prima di lei.

Fu più spontaneo che mai. Le raccontò di suo padre, dei suoi amici, di tutto ciò che apprezzava o detestava di Amburgo, dei suoi sogni e dei suoi incubi. Le raccontò di Sonne e dell'incendio all'università, e fu quella rivelazione a farle pensare per la prima volta: mi sto innamorando di lui. Non era qualcosa che riusciva a discernere bene, non ancora, ma doveva essere simile all'amore se la sua reazione alla notizia che aveva salvato la vita a qualcuno, a Sonne, era stata quella di mettersi a piangere dalla commozione.

Richard le aveva sfiorato una spalla, allarmato, credendo di aver detto qualcosa di sbagliato. «Cosa c'è?»

«È che...» aveva provato a dire lei nell'asciugarsi le guance con il dorso della mano. «È che sei una persona così bella, Richard.»

E Sonne non sarebbe qui se non fosse stato per te. La consapevolezza che più la toccava nel profondo. Lui che adesso ha il terrore del fuoco e lo rifugge in tutti i modi possibili.

Richard si era stupito, a quelle parole. «Io... io ho solo...»

«No. Lascia che te lo dica. Sei molto più di quanto credi.»

Lui l'aveva abbracciata e l'aveva stretta a sé quasi trattenendo il respiro. Verena aveva capito che nessuno gli aveva mai detto nulla del genere. Erano seduti sul letto, era un pomeriggio freddo d'ottobre. Avevano finito con il fare sesso per la seconda volta, quel giorno. Richard non aveva smesso un secondo di baciarla – trovava sempre un punto nuovo della sua pelle da baciare.

Erano molto bravi a parlare con il corpo. Ciò che la voce non diceva veniva espresso in quei momenti di unione straordinaria. Era il loro modo di essere liberi, di liberarsi e glorificare la vita. Un inno ma anche un conforto, un porto sicuro di gioia.

La carne aveva bisogno di essere amata.

Lo facevano di frequente, pressoché tutti i giorni. Anche quando Verena aveva avuto le mestruazioni Richard non si era tirato indietro, perché era pronto a sperimentare e trarre del bene da tutto ciò che la vita gli poneva di fronte, persino il sangue che stilla tra le gambe di una ragazza: solo un'altra via attraverso cui la vita stessa si manifesta, e c'era chi narrava fosse qualcosa di cui vergognarsi.

Il loro luogo preferito era la stanza di Verena, forse perché era il più protetto. Le rare volte in cui Sonne usciva approfittavano volentieri anche del resto della casa.

«Immagina farlo in camera sua... Prima o poi dobbiamo scassinargli la porta» le aveva detto Richard dopo un rapporto particolarmente intenso in salotto, rivestendosi di corsa perché il proprietario sarebbe tornato a momenti.

Verena, nuda e languida sulla poltrona, l'aveva presa con più calma. «Ti piace proprio il brivido del pericolo, eh?»

«Oh sì, adrenalina pura.»

Non si trattava di quello, in realtà, e lei lo sapeva bene. Da quando Richard aveva dichiarato la propria bisessualità, Sonne lo trattava in modo diverso, di gran lunga più distaccato. Ed era tutto dire, per una persona fredda già per indole. Per riflesso, aveva esteso questo distacco anche a Verena: anche lui cominciava a considerarli come un'unica entità. In ogni caso un corpo estraneo, siamese, da sopportare. E li soffriva in silenzio, senza nemmeno fare commenti su quella loro frenesia sessuale esposta agli occhi dell'intera casa.

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