XV. Inspiration

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N E B E L

XV.

Inspiration



Dopo ventiquattr'ore Verena non si era ancora svegliata.

Richard aveva notato subito qualcosa di inusuale quando aveva rimesso piede in casa quella notte dopo il lavoro. La porta della sua stanza era aperta e Sonne ne era uscito con una strana fretta, nel sentirlo rientrare.

«Finalmente sei tornato.»

Le sopracciglia di Richard si erano inarcate a tal punto che il setto nasale gli aveva lanciato una fitta. «Finalmente? Ti sono mancato?»

Sonne aveva sospirato, e senza rispondere si era precipitato di nuovo in camera di Verena. Richard l'aveva seguito, d'improvviso allarmato.

«No, davvero, che succede?»

Ma l'aveva visto con i suoi stessi occhi, cosa stava succedendo. Nulla di troppo anomalo, all'apparenza.

Verena era adagiata sul letto, il respiro regolare e una coperta di lana ad avvolgerla fino al mento. Dormiva. Ogni tanto sussurrava frasi prive di senso nel sonno con un tono tutto impastato. Nominava suo fratello Günther, anche se non sembrava star parlando con lui. «Non... non dirglielo. In cantina. Ma... com'è possibile? Ce n'era in abbondanza. Non dirglielo, dai...» Continuò così per più di un giorno.

Sonne aveva detto che era svenuta nel bel mezzo di una conversazione. L'aveva portata lui, lì. Non sul divano, che era più vicino in linea d'aria, ma proprio nella sua stanza. E le aveva posato la coperta addosso, come per poterla ammirare nel luogo del sonno per eccellenza, ma in un sudario.

Richard poteva giurare che Sonne trovasse tutto ciò affascinante: la donna dormiente, quasi morta, Dornröschen (1) nel suo letto di spine che attende il risveglio per cent'anni. Lui invece ne era turbato. Verena senza forze, che si afflosciava tra le braccia di qualcuno, non era una cosa a cui avrebbe pensato di assistere in vita. Si chiese cosa le avesse prosciugato le energie – un furto terribile, che avrebbe dovuto essere punito al pari di una violenza.

La notte successiva Richard tornò a casa pieno d'angoscia. Un'intera giornata senza Verena era stata una condanna crudele da subire, per lui che stava cominciando a considerarla parte della sua quotidianità. Vivevano a stretto contatto, erano passati alla convivenza saltando ogni possibile passo precedente. Anzi, la convivenza c'era stata a priori. Da quel punto di vista la loro relazione non era come le altre, in cui si può fare a meno del partner anche per un tempo più o meno prolungato: no, Verena condivideva con lui ogni cosa, anche lo spazio fisico, e la sua mancanza iniziava a sembrare la mancanza di una parte di sé.

Era preoccupante l'idea di essere entrato così in simbiosi con qualcuno in un lasso di tempo così breve.

Prima e dopo di lei, due temporalità completamente diverse. Richard poteva marcare il momento esatto del suo arrivo come anno zero.

Mentre lavava i boccali e i bicchieri dietro il bancone, al Musikant, aveva sperato di trovarla sveglia al suo ritorno. Aveva sentito di persone capaci di sprofondare in un sonno simile, ma non aveva mai avuto modo di imbattersi direttamente nel fenomeno. Le voci dei clienti gli arrivavano ovattate, persino la musica. Michael, un collega, gli aveva chiesto quando sarebbe andato a farsi ricostruire il dente. «Appena Köhler mi dà lo stipendio» aveva detto, quando di norma l'avrebbe invitato a farsi i cazzi propri. Poi si era asciugato in fretta le mani sul grembiule ed era corso a cambiarsi, senza salutare nessuno.

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