XL. Körper

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N E B E L

XL.

Körper



Il suo corpo era sbilanciato a destra.

Sul suo corpo si stendeva un velo increspato di carta stagnola, ma di pelle, più su un lato che sull'altro. Verena lo osservò come se fosse un cacciatore che si preparava a scuoiarlo. L'aveva visto fare diverse volte dai suoi fratelli, soprattutto da Ingeborg, anche con animali di grossa taglia. Aveva visto il modo in cui la spessa coperta di cuoio si staccava dai muscoli, con l'aiuto di una lama.

Crucciata, incrociò le braccia. Non era la forma che si aspettava dopo quel racconto, né rispecchiava l'immagine del suo corpo che aveva provato a indovinare in quei due anni. Sin dalla sua venuta aveva desiderato scoprire cosa ci fosse sotto. Sin dalla sua venuta aveva desiderato toccarlo, per ricongiungersi, inconsapevolmente, al principio di sé. Nessuno immagina di poter sfiorare di nuovo l'utero da cui si è nati, o di poter tracciare il luogo in cui si fluttua in una fase di pre-esistenza.

Adesso Verena lo stava vedendo con i propri occhi, il suo segreto.

L'involucro della galassia in cui era stata generata, il guscio d'uovo dell'universo, non solo l'interno, ma anche l'esterno.

Un corpo di bambino spalmato su un corpo di adulto.

Non c'era più nulla, ora, che il suo dio potesse tenerle nascosto.



Il suo corpo era sbilanciato a destra.

Sul suo corpo qualcuno aveva inciso delle ragnatele con un attizzatoio, di fili sottili e fili spessi, su cui i ragni della sua mente si sarebbero divertiti a zampettare. In mezzo a quella trama, nei crateri di pelle sana, spuntava una sporadica peluria. Sulla destra, tuttavia, imperava una distesa uniforme in leggero rilievo, liscia, di color rosa sbiadito e dai bordi frastagliati. Occupava il fianco e una parte del petto, poi dalla spalla scendeva in picchiata lungo il braccio e si interrompeva giusto prima del polso.

La parte sinistra pareva aver lottato per respingere la sua avanzata, e su di essa erano rimaste solo poche tracce, così come sulle cosce.

All'espandersi e allungarsi e stirarsi del suo corpo – aveva raccontato del dolore, avrebbe preferito di gran lunga restare piccolo per sempre, per sopportare una vergogna più piccola – le cicatrici si erano spostate formando una mappa tutta loro, fatta apposta per essere percorsa con le dita, come il braille.

Una Germania dell'Est.

Sì, pensò Richard guardandolo, sembrava proprio la Germania dell'Est disegnata su un corpo d'uomo.



Il suo corpo era il corpo di sua madre, che l'aveva partorito, e che lui, per ricambiare quel dono, aveva condotto alla morte.

Il suo corpo era il corpo di suo padre, la ripetizione della sua menomazione, trasferita dall'uno all'altro per mezzo di una risata.

Il suo corpo era il corpo dei medici che avevano tentato di curarlo e che invece ne avevano fatto una creatura di Frankenstein.

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