Prologo

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Alison preparò una borsa con tutto l'occorrente e imboccò la porta dell'orfanotrofio. Doveva assolutamente verificare con i suoi occhi se quel ragazzo dagli occhi blu fosse reale o rischiava seriamente di impazzire. Tutto era iniziato quattro anni prima quando aveva iniziato a sognare un bambino con dei piccoli occhiali tondi e una cicatrice a forma di saetta. Lo sognava ogni notte, aveva visto il suo primo giorno in una scuola di magia, aveva vissuto con lui le avventure più disparate ma non poteva essere reale. O no? I maghi non esistevano veramente o loro se ne sarebbero accorti, giusto? Eppure, eppure qualcosa non le tornava, quelli che faceva non potevano essere sogni, era sempre tutto così reale, così vivido! A giugno aveva sognato la morte di un ragazzo per mano di un uomo strano, un uomo a cui mancava il naso, un uomo che con uno sguardo poteva ucciderti. Sapeva il nome di quell'uomo, colui che non può essere nominato! Oh si, sapeva il nome di Voldemort esattamente come sapeva quello di Harry. Ci poteva scrivere un romanzo con tutti i dettagli che vedeva nei suoi sogni. La psicologa le aveva detto che aveva una fervida immaginazione, ma Alison non le credeva. La sua fantasia non poteva volare così, non poteva immaginare ragni giganti, non poteva immaginare un basilisco e soprattutto non poteva sapere i nomi di tutte le creature magiche che Harry aveva affrontato. Qualcosa non andava, ne era più che sicura! Salì sul pullman che l'avrebbe portata al numero 5 di Privet Drive e così, finalmente, avrebbe verificato se Harry Potter esisteva realmente. Due ore dopo si ritrovò in quella stessa strada che tante volte aveva visto di notte, la strada dove Silente aveva lasciato il bambino sopravvissuto 15 anni prima. Fece un sospiro e si mise a camminare cercando la casa giusta. Un gruppo di ragazzi la distrasse dai suoi pensieri. Si rese conto che facevano gli scemi con un bambino più piccolo di loro.


"Hey Dudley! Che ne pensi se gli facciamo fare un giro sull'altalena?" mormorò a voce alta uno di loro. Perché quel nome le risultava familiare e soprattutto odioso alle sue orecchie? Decise di seguirli e quando arrivarono a un piccolo parco giochi abbandonato rimase senza parole. Seduto su una delle altalene, vide un ragazzo con gli stessi occhiali tondi e quella cicatrice impossibile da non riconoscere. Le tremarono le gambe dall'emozione. Si diede un pizzico sul braccio per essere sicura di non star dormendo. Il dolore si propagò lungo il braccio e un "Ahi!" le sfuggì dalle labbra.


"Coraggiosi, cinque contro uno" disse Harry con una nota di sarcasmo. Anche la sua voce era uguale a quella dei sogni, non poteva non essere reale. Non poteva avere delle allucinazioni così vivide. Indossava una maglietta blu a maniche corte, troppo grande per lui. Harry indossava sempre vestiti larghi perché i suoi zii gli davano quelli vecchi del loro figlio. Improvvisamente si ricordò chi fosse Dudley, era il cugino imbecille! Gli amici lo salutarono e rimasero soli a litigare. Il bambino sopravvissuto si alzò e iniziò a camminare per evitare palesemente l'idiota, che però lo seguì. Alison fece lo stesso, voleva parlare con Harry ma cosa poteva dirgli? 'Ciao, io ti sogno ogni notte?' No, sarebbe sembrata completamente fuori di testa. Erano in pieno luglio e il caldo si faceva sentire, per cui quando i brividi si impossessarono del suo corpo trovò la cosa alquanto strana. Qualcosa non andava, si guardò attorno e li vide. Due dissennatori, volavano nel cielo ed erano diretti verso...verso Harry! Porca miseria!


"Harry..attento!" gridò con tutto il fiato che aveva. Quello la sentì si voltò e vedendo arrivare le due creature iniziò a correre portandosi dietro anche il cugino. Alison li vide entrare in un tunnel e capì che erano spacciati. Si mise a correre ma poi si rese conto di una cosa. Lei cosa poteva fare? Lei non aveva i poteri! Lei non poteva mandare via quelle cose, ma non poteva certo lasciare che Harry morisse. Si mosse decisa e li vide, un dissennatore stava succhiando la felicità e l'anima a Dudley e l'altro era sopra il maghetto. Lei si avvicinò prese la bacchetta del ragazzo e disse quelle due parole che conosceva.

"Expetro patronum!" mormorò spaventata. Una piccola luce blu uscì dalla punta della bacchetta ma era ancora troppo debole. Perché non funzionava abbastanza? Improvvisamente si ricordò di quello che aveva detto Lupin due anni prima. Doveva pensare a qualcosa di intenso, qualcosa che scacciasse via quelle orribili creature e così fece. Chiuse gli occhi e sentì la felicità invaderla e l'incantesimo diventare sempre più potente. Eccola una piccola cerva arrivare ad aiutarli e a mandare via i cattivi.

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