I steal a few breaths
From the world for a minute
And then I'll be nothing foreverLa pioggia londinese cadeva a intermittenza; a intervalli regolari e costantemente rumorosi picchiettava furiosamente contro tetti, prati e vetri, rilasciando nell'aria un'atmosfera cupa e umida, dall'odore caratteristico, quasi sacra, il paradiso dei pluviofili.
Pansy e Blaise avevano lasciato l'albergo dove avevano alloggiato per una notte - dopo che il medico dei Parkinson, in vacanza all'estero, aveva prontamente garantito la sua presenza per il giorno successivo - e atteso un taxi rannicchiati sotto un ombrello nero, con pesanti gocce di pioggia che li urtavano di continuo nonostante la stoffa impermeabile delle loro giacche costose. Talvolta gocce troppo ostinate colpivano i loro visi e Pansy storceva il naso, preoccupata per l'eye-liner, mentre Blaise lasciava che l'acqua lo colpisse a suo piacimento lasciando che il suo sguardo si perdesse nel vuoto, senza neppure accorgersene. Quando finalmente avevano trovato un taxi libero, vi si erano precipitati con una foga tale che l'autista - babbano, per giunta, dato che avevano rinunciato a qualsiasi lusso, auto privata e alberghi esclusivi inclusi, pur di non dare nell'occhio - aveva sussultato e quasi sicuramente li aveva presi per pazzi quando, respirando a fatica, avevano imprecato nominando un certo Salazar.
"Ripetimi ancora perché non abbiamo chiamato il tuo autista!" Esclamò Blaise quasi boccheggiando, mentre sfregava tra di loro le mani gelide e appoggiava l'ombrello fradicio sullo zerbino dietro il sedile del passeggero.
"Non vuoi far sapere a nessuno della tua visita." Replicò Pansy, levandosi i guanti di pelle ormai zuppi. "Per Salazar, ho pagato questi guanti centoventi galeoni!"
Il moro alzò gli occhi al cielo e passò all'autista il biglietto con l'indirizzo, la sottile pergamena quasi del tutto inzuppata. La pioggia era così forte che il solito ticchettio delle gocce contro il vetro sembrava quasi un concerto di percussioni.
"Maledizione," Riprese Blaise, sforzandosi di non tirare un pugno al finestrino. "Ne ho già le palle piene di questi babbani sudici. Potevamo evitarla, questa gita a Londra del cazzo!"
Pansy, che nel frattempo aveva preso uno specchietto portatile per controllarsi il trucco, lo fissò in cagnesco nel suo riflesso.
"Non direi proprio." Rispose, poi ripeté all'autista l'indirizzo. "È estremamente necessaria. E se tu fossi stato in grado di mettere da parte l'orgoglio, in questo momento saremmo su una Bentley."
Il moro le rispose semplicemente sbuffando, poi si girò dall'altra parte e, proprio mentre la macchina partiva lasciandosi dietro un'enorme pozza d'acqua, iniziò a fissare il finestrino ricoperto di goccioloni, tentando a tutti i costi di liberare la mente. Il paesaggio londinese scorreva sotto i suoi occhi a velocità moderata facendogli girare la testa, la pioggia che continuava a colpire i vetri e provvedeva al sottofondo con un rumoroso concerto. E i suoi pensieri correvano nella sua mente in sincrono con le gocce, sussurrandogli leggeri paure e insicurezze, frustrazioni e odio.
Non aveva avuto il tempo di pensarci: la festa di Capodanno dei Parkinson aveva infranto la sua mezzanotte, distrutto ogni prospettiva del suo nuovo anno con un annuncio sputato in tutta fretta da una donna altera il cui unico scopo era levarsi di mezzo quella constatazione per poter passare alla successiva. E ricordava il soffitto volteggiargli intorno, il sangue che gli scendeva freddo giù dalla narice, le mani strette a pugno fino a non sentirne più la sensibilità; ricordava il suo corpo perdere ogni forza e accasciarsi a terra, l'aria a malapena nei polmoni.
Non aveva avuto il tempo di concentrarsi su quel malessere che persisteva ormai da un po', l'aveva ignorato come si fa con i fratelli petulanti, col silenzio, la noncuranza, attribuendolo alla stanchezza, allo stress, un comunissimo incidente di percorso. Ma stava accadendo troppo spesso e oggi, per la prima volta, aveva paura di quello che sarebbe potuto succedere, di quello che il ricco medico di Pansy avrebbe potuto dirgli, di essere stato troppo negligente.
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I don't wanna die//Dramione
FanfictionDALLA STORIA: «Per un attimo, solo un attimo, ripensò a tutto ciò che aveva fatto e che stava per fare. Il Marchio Nero, l'omicidio, il prestigio di suo padre, la famiglia. Non riuscì a trovarvi un senso. Tutto accanto a lei perdeva valore, c'era s...