25/Happiness lies in a diamond ring

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Did all my dreams never mean one thing?
Does happiness lie in a diamond ring?
Oh, I've been askin'
Oh, I've been askin' for problems, problems, problems

-Imagine Dragons, Bad Liar



La felicità giace in un anello di diamanti, le aveva detto Violet una volta. Non c'è niente di più soddisfacente del guardarsi la mano e vedere l'anulare risplendere, niente di più amabile del peso di un gioiello costoso sulle dita. Ti fa sentire amata, idolatrata, e, soprattutto, ricca. La sicurezza economica è così volubile che vedersela offerta su un piatto d'argento è l'evento più raro e desiderato nella vita di chiunque, uomo o donna, ricco o povero. Sua madre le aveva ripetuto frasi simili fino alla nausea. Eppure Pansy Parkinson non la pensava più così.

Fino a poco tempo prima avrebbe giurato di non volere altro dalla vita, soldi, gioielli e potere, non le era mai importato granché di una presunta libertà. Ma adesso che le era stata negata si sentiva come se non desiderasse altro, come se non avesse mai desiderato altro. E la sensazione si protraeva già da un po' ormai.

Quello che era successo la sera prima, il fatidico annuncio di fidanzamento uscito come poesia dalle labbra tinte e rigonfiate di sua madre, le aveva aperto - di nuovo - gli occhi riguardo a ciò che la sua esistenza le prospettava, una mediocre, macabra imitazione dello stile di vita degli antichi aristocratici. Era come un sogno così bello da apparire disgustoso, indesiderabile nella sua superficialità. E non riusciva a venirne a capo; certo comprendeva i motivi di tale decisione - denaro in primis, ma anche la condivisione di una gloria comune, quella garantita dal brillante successo di una triste missione - ma l'idea di inaugurare l'anno nuovo col proposito di sposare Draco e coronare i desideri medievali delle loro famiglie, sfornando un paio di eredi dalle idee altrettanto medievali la scombussolava a tal punto da volerli uccidere.

Non aveva intenzione di sposarsi, non solo perché Draco era solo un amico (anzi, tempo prima erano stati anche più di quello, amanti o, come molti erano soliti definire, amici di letto) e nutriva sentimenti contrastanti per un certo Grifondoro, ma anche perché il matrimonio non era mai stata una sua aspirazione. Lei voleva sicurezza, ma non quella insipida che potevano darle una noiosa cerimonia e un pacchiano anello. Voleva la sicurezza datale dall'indipendenza, da un salato conto in banca guadagnato da lei stessa senza compromessi di alcun tipo. Non trovava soddisfacente o fortunato il doversi sposare, né tantomeno condividere una casa o una famiglia o una vita. Almeno, non in quel momento. Se mai avesse fatto una cosa del genere sarebbe sicuramente avvenuto dopo il raggiungimento di una bella carriera, e sarebbe stato, più di tutto, un atto estremamente meditato, volto a nient'altro che alla soddisfazione delle sue personali ambizioni.

Aveva passato un'altra notte insonne senza pensare ad altro, incurante della gioia che teoricamente avrebbe dovuto mostrare il primo Gennaio, immaginando nella sua mente spossata i peggiori scenari: lei e Draco a diciassette anni compiuti davanti ad un altare, le fedi nuziali su un cuscinetto portate da Codaliscia su un tappeto rosso in mezzo alla cattedrale, i loro genitori altezzosi e tradizionalisti elegantemente vestiti a farsi a vicenda le congratulazioni, i fiori bianchi da cerimonia a ornare le panche di legno. Bellatrix, molto probabilmente, le avrebbe fatto da testimone così come suo padre avrebbe fatto per Draco (date le circostanze gli avrebbero sicuramente negato Blaise), ed entrambi avrebbero azzardato una qualsivoglia risata isterica quando, prevedibilmente, avrebbero esitato a dire lo voglio.

Con quelle immagini nella testa dormire era impensabile, e lo sguardo della Serpeverde, sfinito e con ancora tracce evidenti del pesante trucco della sera, si posò sul costoso orologio dorato che ancora le adornava il polso sinistro. Le cinque del mattino, di nuovo. Ventiquattro ore prima fumava sigarette sul suo letto e leggeva sonetti, ventiquattro ore prima scopriva Violet a sniffare droga nel bagno e si ubriacava di gin. Ora il suo letto era invece occupato da qualcun altro: Blaise Zabini. Quando, la sera prima, era svenuto sulle scale col sangue che gli colava dal naso - dapprima poche gocce, poi copioso - lei e Draco avevano trovato la scusa perfetta per svignarsela e lasciare la sala ormai in preda al caos. Si erano spaventati non poco, ma avevano liquidato ogni sguardo indiscreto (soprattutto quelli interdetti della madre di Blaise e del suo imbarazzato compagno) dicendo che aveva bevuto troppo. Il che sarebbe stato plausibile anche per loro, se non fosse che Blaise stava male già da un po'. Una volta raggiunta la sua stanza avevano sdraiato Blaise sul letto, che aveva riaperto gli occhi per qualche secondo e le aveva poi chiesto di restare per la notte. Lei aveva subito accettato, sapeva, d'altronde, quanto poteva essere stata traumatica per lui quella serata, quanto poco al momento aspirasse a vedere la faccia insospettita di sua madre o quella da ebete di Harvey. Non solo aveva resistito al nefasto annuncio del suo arruolamento, aveva anche dovuto sopportare il teatrino di Violet e Lucius riguardo il fidanzamento, senza contare l'inaspettata, istantanea vendetta che Pansy aveva rifilato alla prima. Perciò gli aveva lasciato il letto e lui si era subito addormentato, mentre Draco e Pansy si erano seduti sul divanetto vintage e avevano parlato per pochi minuti con i cuori che battevano all'impazzata, tutta la pressione fino a quell'attimo repressa ora gettata fuori.

I don't wanna die//DramioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora