There was a game we used to play
We would hit the town on Friday night
Stay in bed until Sunday
We used to be so free
We were living for the love we had
Living not for realityBlaise aprì gli occhi in una stanza tinta del rosso del sangue fresco, le lenzuola che gli ricoprivano il corpo nudo dorate come le tende che incorniciavano l'illusione delle finestre. Tutto intorno a lui era immerso nella penombra, e a malapena riusciva a definire i contorni delle lenzuola di seta colorata contro la pelle. Gli ci volle un po' per riconoscere la Stanza delle Necessità, immersa in un'oscurità decisamente non richiesta, ma gli risultò più semplice quando lisce ondate di capelli di fuoco gli accarezzarono le spalle scure, facendogli il solletico. Ginny. Era distesa accanto a lui ma gli dava le spalle, i suoi capelli lisci casualmente sparsi sui pochi centimetri di materasso che li separavano. Era nuda, e pallida, e perfetta. Il suo respiro era regolare, calmo e lento come brezza primaverile, e Blaise avrebbe potuto riaddormentarsi cullato da quel ritmo soporifero se non avesse avuto una forte nausea e un mal di testa che gli pulsava dietro l'occhio destro, impedendogli crudelmente di focalizzarsi su altro.
«Ho veramente esagerato con la Vodka.» Pensò, anche se era piuttosto certo che la Vodka non fosse l'unico alcolico di cui aveva abusato.
Gli ci era voluto coraggio. Quello che aveva fatto la sera prima aveva cambiato il corso degli eventi in più di un modo e aveva fatto, forse, riappacificare persone che, in ogni caso, adesso ce l'avevano con lui. Persone che, nella migliore delle ipotesi, ora dormivano con accanto le loro dolci metà. Chissà se questo sarebbe bastato a placare gli animi.
«Aiutami tu, Salazar...»
Lentamente si mise a sedere facendo leva sui gomiti. Per fortuna le finestre erano finte, o avrebbe dovuto fare i conti con la luce naturale, non esattamente un rimedio per l'emicrania. Ancora molto assonnato, il moro afferrò i boxer abbandonati su una poltrona e se li infilò di fretta, alzandosi e dirigendosi verso quello che doveva essere un bagno privato. Almeno la Stanza era stata generosa...
Non fece in tempo ad avvicinarsi al water che la nausea aumentò di colpo, costringendolo a trascinarsi in avanti e a inginocchiarsi davanti alla tazza. Vomitò per un bel po', provandole tutte per essere silenzioso e non svegliare la rossa, ma senza apparente successo. Gli girava la testa e il freddo della ceramica contro le braccia nude fu traumatico, ma dovette comunque abbracciare la tazza con forza per non finirci di faccia dentro. Quando finalmente il suo stomaco poteva dirsi vuoto, il ragazzo si tirò su e si avviò verso il lavandino. Era niveo, di una ceramica splendente come quella che aveva in casa. Un enorme specchio ne sormontava il lato superiore, decorato di rosso e oro come il resto della camera al di fuori. Delicati ghirigori erano incisi su e giù lungo la cornice, come in un dormitorio Grifondoro.
Il Serpeverde fece per sciacquarsi il viso, passandosi acqua gelida sulla faccia lievemente sudata e lavando via i resti di vomito dagli angoli sottili della sua bocca. La frescura parve ridargli un minimo di lucidità e accortezza, sciacquare via quella strana debolezza dalla sua mente annebbiata. Stava proprio per tornarsene a letto quando un altro conato non gli diede il tempo di tornare indietro. Rigettò tutto nel lavandino, le mani scure strette contro i bordi di ceramica fredda, ma nient'altro che saliva. Forse la sbronza non era del tutto smaltita, anche se non ricordava con esattezza quanto avesse bevuto e nel suo stomaco non c'era più traccia di alcol né cibo. Ma quando alzò gli occhi scorse alcune gocce di liquido scuro cadergli lentamente dalla narice destra, macchiando il color cioccolato della sua pelle come decorazioni e sfiorandogli la bocca, scurendola. Alcune erano cadute e spiccavano notevolmente sulla bianca ceramica con il loro color rosso, intense e minacciose come rose in mezzo alla neve. Blaise si passò un dito sotto il naso, dubbioso, ritrovandoselo ben presto impregnato di sangue. Il suo cuore perse un battito nel sentire il tipico odore metallico; non era mai stato un grande fan del sangue, soprattutto se il motivo per cui sgorgava non era una ferita. Dopo qualche attimo di esitazione, si costrinse a riaprire il rubinetto e a lavar via sangue e saliva. La testa gli girava ancora leggermente.
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I don't wanna die//Dramione
Hayran KurguDALLA STORIA: «Per un attimo, solo un attimo, ripensò a tutto ciò che aveva fatto e che stava per fare. Il Marchio Nero, l'omicidio, il prestigio di suo padre, la famiglia. Non riuscì a trovarvi un senso. Tutto accanto a lei perdeva valore, c'era s...