Esiste forse luogo, antico o moderno che sia, capace di trasmettere quanto di più vicino al completo, inequivocabile oblio? La cui tetra, elegante apparenza riflette alla perfezione ciò che, tetramente ed elegantemente, giace all'interno? Se sì, il castello dei Parkinson ne incarnava lietamente le caratteristiche. Oltre ciascuna finestra si potevano scorgere minuziosamente i lati sporgenti dei mattoni neri che costituivano la facciata principale, e, nel buio, era possibile fissarli fino al totale oscuramento del proprio campo visivo. Nera appariva la casa di giorno e di notte, studiatamente austera, irremovibilmente altera perfino quando, nel buio, era quasi invisibile agli occhi. L'oscurità ne faceva da padrona come il diavolo fa da padrone all'Inferno dantesco, ciascun piano da dieci stanze una bolgia traboccante di malcelati peccatori e peccati.
Erano le cinque del mattino del 30 dicembre, e il sole non era ancora sorto. Tutto ciò che di visibile si stagliava all'esterno di quel luogo tetro era immerso in una penombra grigia che ne impediva la distinzione; solo pochi sibili indicavano la tempesta di neve che per tutta la notte aveva flagellato nuovamente la campagna inglese, nascondendone i contorni sotto un pallido tappeto smorto. Quest'ultimo, candido ma austero nelle grigie campagne, era l'unico contrasto chiaro opposto alla casa.
Pansy Parkinson era distesa sul suo regale baldacchino a due piazze, la cui stessa trapunta era così scura da confondersi col color tortora che tingeva le pareti, se la si guardava dal letto stesso. Tra le sue dita, smaltate di nero e tremolanti per lo sforzo e la stanchezza di una notte insonne, una lunga sigaretta rilasciava nell'aria un acre odore di menta e tabacco. Lei, talvolta, se la portava alle labbra con una lentezza tale da credere di vederla, ogni tanto, cadere e bucare quella morbida trapunta di raso grigio, come un proiettile che fora, colpendolo, un organo vitale. Trapassandolo da parte a parte. Riducendolo in cenere.
Neanche quella notte aveva dormito. Era arrivata a casa la sera prima, sul tardi, il cappotto grigio freddo confuso tra l'aria satura di fiocchi e di nebbia, i capelli scuri appesantiti dall'umidità, gli alberi spogli che troneggiando la guardavano tornare. Aveva saltato la cena, salutando il padre con un sorriso smorto e la madre con uno sguardo gelido quanto la temperatura all'alba. Si era diretta subito nella sua camera principesca, ignorando gli elfi domestici e saltando la ricca cena che le si prospettava. Inutili le suppliche di Andrew, le calme e pacate affermazioni della sua voce calda e invecchiata, il cibo profumato che colmava il vassoio tra le sue mani rugose. La pallida prospettiva che almeno lui tenesse, seppur minimamente, a lei, si era spenta dopo il suo chiaro, inequivocabile parteggiare per la moglie. Che lo volesse o no ne era completamente succube, un cagnolino fedele alla padrona che, spietatamente, ne abusava sfruttandone l'amore. Si perdeva nei suoi occhi scuri e cerchiati di trucco come ci si perde tra le pagine di un libro, per lei avrebbe varcato le porte dell'Inferno o lo avrebbe scaraventato sulla Terra. E neanche Pansy, sua unica figlia ed acclamata erede, avrebbe potuto impedirlo. Dopo tale realizzazione, per la quale le era bastato un semplice sguardo e la constatazione che suo padre non l'avrebbe raggiunta né tantomeno convinta ad andare a cena, tutto ciò che aveva fatto era fumare sigarette leggendo Shakespeare, le mani fredde, la mente apatica ricolma di dubbio e arrendevolezza.
"Love is not love
Which alters when it alternation finds,
Or bends with the remover to remove:"*Aveva letto, la bianca sigaretta in contrasto col buio della sua stanza, divenuta grigia.
"O no! it is an ever-fixed mark
That looks on tempests and is never shaken;"*Era vero? Se l'era chiesto varie volte, mentre il sapore amaro della nicotina le invadeva la gola, rilassando i suoi sensi. Se Harry avesse saputo, il suo amore sarebbe vacillato? O sarebbe rimasto saldo, forte come un faro durante una tempesta? Era la loro una platonica amicizia di piacere o c'era di più? Sperava con tutte le sue forze di non saperlo mai, di tenere i suoi pensieri e problemi lontani dagli occhi e dal cuore di lui. Ma non credeva di potercela fare, in alcun modo. Non più. Il tragico istante in cui Harry, innocente ed ingenuo, avrebbe scoperto il motivo del gelido muro che aveva eretto tra di loro sembrava man mano sempre più vicino e inevitabile. Mentre faceva un ultimo tiro e schiacciava la cicca nel posacenere argenteo, pensò a questo.
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I don't wanna die//Dramione
FanfictionDALLA STORIA: «Per un attimo, solo un attimo, ripensò a tutto ciò che aveva fatto e che stava per fare. Il Marchio Nero, l'omicidio, il prestigio di suo padre, la famiglia. Non riuscì a trovarvi un senso. Tutto accanto a lei perdeva valore, c'era s...