Egli prendeva la vita, ma con ciò afferrava piuttosto la morte.
-Georg Wilhelm Friedrich Hegel
"Cara Pansy,
se stai leggendo questa lettera, che ho scritto con le dita tremanti, ormai probabilmente sarò scomparsa nel nulla. Non scriverò che sono semplicemente scomparsa nella luce, perché mentre ci rimuginavo, avevo sempre ipotizzato che il mio ultimo viaggio sarebbe avvenuto di notte. Di notte, e nel nulla, perché non importa quante volte le persone possano dirti che c'è una luce accecante che ti aspetta dopo la morte, non c'è modo di credere a meno che tu non desideri veramente avere fede. Quanto a me, non ho mai sperimentato nulla di simile alla fede, e questo non è certo il momento in cui lo farò. Mia cara bambina, per favore non odiarmi per aver posto fine alla mia vita, perché ci sono molte altre cose per cui devi odiarmi. Sono stata la peggiore ombra di una madre che potessi mai immaginare. Ti ho fatto sperimentare così tanto dolore, e in così giovane età. Ho passato tutta la mia vita a cercare di soddisfare i desideri degli altri, ho passato ore, giorni e mesi di fretta e sono riuscita a malapena a portare a termine l'esistenza miserabile di cui tutti si vantavano sempre. Inoltre, sai che la mia sottomissione non è stata altro che colpa mia. Se l'avessi voluto, avrei potuto trovare un modo, un modo egoistico per fuggire e scomparire in qualcosa di molto più piacevole di una fredda notte di inizio primavera. Ma come potevo evitare il fatto che il mio stesso egoismo mi stesse impedendo di essere egoista a quel punto? Nella mente di mia madre, c'era la grandezza che mi aspettava. Era lì, su un piatto d'argento, una targhetta costellata di diamanti col mio nome sopra. Ed è proprio quella grandezza che era così allettante per me, una vita di lussuria e ricchezze, un grande castello solo per me e la mia famiglia, un paradiso scintillante dove potevo essere più sontuosa di quanto avrebbe mai potuto essere mia madre. A quel punto non conoscevo altro che miseria, e ogni angolo della nostra casa decadente nascondeva una sorta di prova di essa. Non ho mai voluto che la mia casa rivelasse cose del genere, ma temo ancora che lo faccia oggi. Figlia, ti meriti il mondo. Hai il diritto di vivere come vuoi vivere. Mai in un milione di anni oserei negarlo. Ma c'è una cosa in questo mondo chiamata sacrificio. Se non fossi stata un genitore così miserabile, avrei cercato di insegnarti. Sacrificarmi è la cosa che ho cercato di fare una volta che mi è stato detto che dovevo sposarmi. Denaro e potere non erano il mio scopo, per quanto allettante potesse essere; erano modi disperati per mettere in ombra la dura verità: mi stavo vendendo. Non avevo mai pensato di poter essere libera. Sapevo che quel momento sarebbe arrivato. E lo sai anche tu per te. Ho passato le mie giornate cercando di farti agire come ho agito io sin dal giorno in cui sei nata. Sei stata un tale dolore per me quando sei venuta in questo mondo, ma sei stata una tale benedizione. Dal momento stesso in cui ti ho tenuta tra le mie braccia, ho sentito che saresti stata il sollievo da una vita il cui scopo era essenzialmente nulla. Ma sentivo anche, dal profondo del mio cuore, che tu saresti stata proprio uguale a me. Per qualche ragione ho voluto che tu soffrissi come ho sofferto io, perché solo quando soffri ricevi l'epifania. Soffrire significa capire come funziona questo mondo. L'ho scoperto molto presto, ma io non potevo sopportarlo, motivo per cui stai leggendo queste parole. Non lascerò qui una misera ombra di redenzione: mai e poi mai ho pensato alla redenzione. Per me non c'è modo di cambiare, nemmeno nei miei ultimi istanti. Ma credo che tu non scriverai mai una lettera del genere, perché sei una persona troppo assertiva per rinunciare alla tua vita. Il sacrificio è qualcosa che gestirai molto meglio di me. So che, ormai, speri in un cambiamento di opinione, ma per me è una seconda natura essere una delusione. Ti sposerai e farai meglio di me, perché non c'è nient'altro che potresti mai fare per diventare una persona migliore di quella che io sono stata.
Con tutto il mio amore e vergogna,
Violet Blackthorn Parkinson"L'inchiostro profanava la pergamena come un'elegante maledizione. Una maledizione senza perdono ben più dolorosa di quelle note al mondo magico. Per Pansy, quella lettera fu come una lama rovente, tanto calda da scioglierle il cuore nel petto e inondare di sangue ciò che di lei restava. Si sentì soffocare quando la lesse, straziata, poco prima di andarsene a letto dopo che Draco gliel'aveva lasciata, di ritorno da Londra. Sapeva cosa avrebbe dovuto fare: correre a casa, mandare gufi a intermittenza, avvisare suo padre e salvare sua madre da se stessa e da morte certa. Tuttavia c'era una voce nella sua testa, una voce desolata e rotta e distrutta, che le diceva di lasciar perdere, di lasciarla morire, di lasciar avverare il preludio di tanti e tanti tentativi falliti, una volta per tutte. Sapeva perché sua madre le aveva dato da subito quella lettera: Violet era consapevole che Pansy non l'avrebbe fermata. Non dopo tutto ciò che era successo. E a Pansy doleva doverle dare ragione, ma dovette farlo, con le lacrime agli occhi, mentre si rimetteva a letto. Il suo viso sul cuscino si rilassava, la sua mente consapevole che quel benessere stava condannando sua madre a morte. Ma si sentiva così pietrificata, come se tutto ciò non fosse realmente sul punto di succedere, come se fosse un'inevitabile effetto
collaterale impossibile da evitare. Evitarlo sarebbe stato troppo faticoso per lei, la salvezza di sua madre, per lei un'ulteriore condanna. Per questo chiuse gli occhi, dormì comodamente sogni sereni, e, quando l'indomani aprì gli occhi, accolse il gufo che le portava l'annuncio.
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I don't wanna die//Dramione
FanfictionDALLA STORIA: «Per un attimo, solo un attimo, ripensò a tutto ciò che aveva fatto e che stava per fare. Il Marchio Nero, l'omicidio, il prestigio di suo padre, la famiglia. Non riuscì a trovarvi un senso. Tutto accanto a lei perdeva valore, c'era s...