Capitolo 33: Fantasma

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Purtroppo, le ultime ventiquattro ore non sono andate proprio come speravamo, Elena ha avuto diversi alti e bassi e ancora adesso la paura che qualcosa cambi irreparabilmente si presenta davanti a tutti noi.

Stamattina le cose si sono complicate ulteriormente, la corsa in sala operatoria è stata estenuante. Ci ritroviamo qui dentro in quest'aula che puzza di metallo, sopraffatta dalle emozioni un'altra volta con una vita pendente sulle mie mani, un'altra volta mi tocca ricucire questo corpo così mangiato dalla cruda vita.

Elena sta avendo gravi difficoltà durante quest'ultima operazione, abbiamo già rischiato di perderla diverse volte, ma adesso sembra che finalmente il peggio sia passato e che non ci resti altro che attendere con pazienza il suo tanto atteso risveglio.

Non posso che tirare un sospiro di sollievo vedendo il suo cuore riprendere il regolare andamento mentre i miei colleghi si stringono soddisfatti per il risultato ottenuto dopo tutte le ore passate in sala operatoria.

«Ottimo lavoro ragazzi, siete stati bravissimi, è salva, finalmente.»
«Il merito è anche suo dottoressa, siamo un'ottima squadra.»

Il mio collega mi rincuora un attimo, vedendo la mia stanchezza psico-fisica che mi porta ad essere in totale affanno da giorni ormai.
Lo ringrazio con un semplice sorriso sommesso.

Non vedo l'ora che Elena si risvegli, mi sembra sia passata un'eternità dall'ultima volta che ho visto i suoi occhi e mi mancano in un modo indescrivibile, ho bisogno di avere quel tornado di colori addosso, di sentirmi scrutata nell'anima come solo lei ha saputo fare.

La mia pausa pranzo scorre velocemente insieme a Marco, ed io mi dileguo subito dopo aver finito il sandwich per andare a fare una visita alla mia poliziotta preferita, nella speranza che sia cambiato qualcosa dall'ultima volta che l'ho controllata.

La sua stanza si trova alla fine del corridoio sulla sinistra, è un piccolo cubo di mura solitamente sempre baciato dal sole durante le ore del giorno, ma oggi sembra che il sole non voglia darci l'onore della sua presenza, l'aria che tira da fuori è davvero gelida.

Con i soli ticchettii delle macchine attaccate ad Elena il silenzio sembra quasi risuonare prorompente in queste quattro mura spoglie.

Ho scritto un messaggio ad Eva per avvisarla dell'operazione che è tornata a casa finalmente dopo ventiquattro ore, sollecitata da tutto il mio staff, infine contattato anche Laura che voleva ovviamente essere aggiornata sulle sue condizioni.

«Si sveglierà tra poco, sono sicuro che manchi davvero pochissimo ormai, puoi stare tranquilla.» Marco mi sorride sull'uscio della porta indicando con un caldo sorriso Elena.
«Sì, hai proprio ragione, ormai siamo così abituati a vederla rimettersi in sesto in un battito di ciglia.»
«Questo lo abbiamo capito tutti qui ormai, abbiamo ricoverato più lei che chiunque altro in questi ultimi mesi.» Mi ruba un sorriso un'altra volta nella speranza di potermi rassicurare.
«Speriamo che stavolta riuscirà a riposarsi un po' almeno.»

Lentamente la mano di Elena si richiude ed il suo piede sinistro si muove in maniera impercettibile ondeggiando, sintomi che di qui a poco prenderà finalmente coscienza.

Io e Marco diamo un'occhiata ai segni vitali controllando che vada tutto per il meglio e, mettendoci in modalità spettatori, osserviamo quel che più amiamo in queste situazioni: il vero lieto fine per ogni buon medico.

Gli occhi di Elena lentamente si aprono puntando lo sguardo verso l'alto, con uno scatto incontrollato afferro la sua mano che è rimasta chiusa a bordo del lettino.

«Dove sono? Che ci faccio qui?» Una lacrima di gioia fugge dal mio occhio, rendendomi conto che questi suoi modi scorbutici ormai sono la cosa che più amo di lei.

«Sei in ospedale, diciamo che hai avuto un brutto incidente al lavoro ma per fortuna è andato tutto per il meglio Elena.»

«Che gran mal di testa, Dio, mi sta scoppiando tutto!» Alza la mano che stavo tenendo stretta per premersi lungo le bende che ha in fronte.

«È normale tranquilla, hai una commozione celebrale, giusto un paio di giorni e tutto tornerà come prima.»

La vedo annuire controvoglia, si gira verso la sua destra ad osservare anche Marco e poi torna sul mio sguardo.

«Dottoressa sa dirmi se i miei genitori sono stati avvisati?»

Bastano queste poche parole per farmi crollare sulle mie stesse gambe, qualcosa che non avevo assolutamente realizzato adesso si fa strada concretamente davanti a me.

«Adesso effettueremo tutte le chiamate che servono, non si preoccupi capitano» Interviene prontamente Marco.
«Marco scusami, seguimi un attimo, con permesso.»

«Che succede Vera? Sembra che tu abbia visto un fantasma!»
«Credo che la sua commozione cerebrale abbia causato un'amnesia, spero temporanea. I suoi genitori sono morti due anni fa Marco, non ricordi?»

«Ma certo che stupido, come diavolo ho fatto a non pensarci subito!»
«Dobbiamo cercare di capire fino a cosa ricorda, se ha dei piccoli barlumi di lucidità o se è completamente al buio. Tu falle un paio di domande, vedi cosa ricorda, io mando un paio di messaggi ai suoi colleghi ed avviso suo sorella.»

Dopo dieci minuti al telefono con Eva che incredula sta cerando di divincolarsi dal traffico per tornare subito qui, rientro in stanza per capire a che punto è Marco con le domande.

«Allora capitano, come va la sua memoria?»
«Perché non me lo dice lei dottoressa? Mi sento impazzire, lui dice che ho saltato un paio di anni, è possibile questo? Siamo davvero nel 2020?» È seria, è dannatamente così seria e non sembra minimamente sapere chi io sia.

«È la verità purtroppo, qual è l'ultimo ricordo che ha?»
«Non saprei, ho un gran caos in testa, ricordo di avere lasciato a scuola mia sorella e di essere andata in centrale, per il resto niente di che.» Sbuffa, so che si sta sentendo presa in giro, la conosco troppo bene ormai.

«Elena, per caso, lei si ricorda di me?» Come se fosse l'ultima cosa che farò, scandisco bene queste poche parole e butto via un sospiro d'affanno.

«Dovrei? Mmmh, no non ricordo proprio. Ci conosciamo?»

«N-no, ci siamo già viste qui per diverse operazioni che ha subito in passato, tutto qui.» Lascio la cartella a Marco e vado via velocemente dalla stanza, il più lontano possibile.



Corro via più veloce possibile da quella stanza.

La verità è che non sono stata in grado di tener testa alla situazione che si è venuta a creare, ho preferito correre via dalla sala in lacrime, cercando rifugio nel mio riflesso sullo specchio incredulo almeno tanto quanto me.

L'isola senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora