Capitolo 39: modo giusto?

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Mio fratello aveva proprio ragione, sta iniziando una bufera di pioggia e vento che non sembra intenzionata ad andare via tanto facilmente.

Entro in casa togliendomi subito la sciarpa e la giacca completamente inzuppate d'acqua e lasciando scivolare sul pavimento dell'ingresso gli stivaletti di pelle.
Ho un grosso nodo alla gola e una scarica di brividi di freddo comincia a ricoprirmi tutta la schiena, così mi avvicino verso l'interruttore dei riscaldamenti per azionarli in tutta casa.

Ho il tempo di mettere una teiera colma d'acqua sul fuoco quando due colpi veloci si scontrano sulla porta del mio ingresso confondendosi un po' con il frastuono della pioggia incessante. Al terzo colpo mi avvicino rapidamente allo spioncino, dal quale vedo Elena fradicia con il fiato spezzato.

«Che ci fai qui, sei completamente bagnata!» Le apro la porta tirandola dentro per un braccio, constatando i suoi abiti zuppi d'acqua.
«Sono stata una stupida.»
«Sì e lo sei tutt'ora se è per questo, togliti queste cose o ti prenderai la febbre.» La aiuto a sfilare via il maglione blu dalla schiena che sembra non volerne sapere di lasciarla andare. Elena continua ad avere lo sguardo fisso su di me mentre le faccio segno di andare dritta in bagno, è completamente infreddolita.
«Ho bisogno di parlare con te Vera...» La sua voce è tremante adesso, non sembra la stessa persona che poco fa mi urlava contro.

«D'accordo. E lo farai, anche perché non ti ho mica perdonata, ma adesso vai a cambiarti che ti porto qualcosa di asciutto. – la vedo ancora titubante sul ciglio del mio bagno, apro un cassetto e le porgo una mia tuta blu spingendola dentro – Asciugati e cambiati, ora.»

Comincia a scoppiarmi tremendamente la testa, complice la pioggia appena presa. Salgo in camera mia seguendo il mio stesso consiglio, per cambiarmi con qualcosa di più comodo ed asciutto.

Nell'attesa che la tisana si scaldi abbastanza, prendo una coperta e mi avvolgo su di essa sedendomi sul divano. Ho sempre avuto estrema difficoltà a capire i repentini cambi di umore di Elena, ma come se fosse possibile è ancora peggio in questo momento.
Mi sento come una zattera che tenta di raggiungere la riva mentre il mare muta costantemente il suo andamento.

Finalmente la teiera è pronta ed io prendo due tazze mettendovi dentro le bustine del the, riempiendole d'acqua rovente fino all'orlo e le porto sul tavolino davanti al sofà aspettando che Elena esca dal bagno.

- Elena è qui a casa mia, sa tutto. Ti chiamo quando andrà via.
Digito immediatamente ad Eva per informarla.

- Lei com'è?

- Fuori di sé. Ma questo già lo sai.

- Torno giù e la picchio se ti fa qualcosa, sappilo.

Sorrido immediatamente a quel messaggio, questa piccola donna è la versione senza freni né barriere della sorella maggiore, avrei tanto voluto sapere come fosse la vera Elena di cui mi parlò Eva tempo fa. Quella spensierata, quella che si godeva la vita tutta d'un fiato, quell'uragano di emozioni estremamente innamorata della vita, piena di passioni. Fino a quando non se l'è vista sfilare dalle proprie mani.

Sorseggio il the caldo mentre il mio corpo comincia ad abituarsi al tepore dell'aria che si riscalda, poso il cellulare sul tavolino e rimango a guardare il temporale infrangersi lungo il vialetto di casa.
Questo temporale è davvero forte, non se ne vedevano di così imponenti da tanto tempo.

Non riesco a togliermi dalla mente gli sguardi di Elena che si alternavano costantemente, incapaci di capire da quale parte stare. La mia attenzione finisce distrattamente sul ciondolo che stringo nel palmo della mano, è incredibile che lei abbia ricordato questo piccolo pezzo di metallo, chissà se in questi giorni ha avuto altri ricordi...

**Nuovo messaggio**
Scemo:

-Sole eh? Sei tornata?

Rassicuro subito mio fratello mandandogli prontamente una foto della tazza di the, ero sicura che mi avrebbe cercata di nuovo per accertarsi dove fossi. Mentre sorrido guardando le faccine buffe che Diego mi scrive intasandomi la chat, Elena sbuca in soggiorno tenendosi le braccia strette al petto tremolante per le basse temperature.
«Ti ho preparato un the caldo, starai morendo dal freddo. Vieni» Le faccio cenno verso il divano, indicandole una copertina marrone. «Tieni, copriti.»

Fa come le dico e velocemente siede scomposta al mio fianco, né troppo vicina né troppo distante dal mio corpo, mentre si avvolge con la coperta ed inizia a sorseggiare il the rovente.

«Grazie... per tutto questo.» I suoi occhi girano ad indicare tutte le cose che le ho appena lasciato fare.
«Figurati, almeno sai che la stronza, tra le due, non sono proprio io.» Lo so che avrei potuto evitare di risponderle in questo modo, ma purtroppo non mi è passata per niente la voglia di prenderla a schiaffi dopo quello che ha detto.
«Vedo che hai intenzione di rendermi le cose più difficili.» Sorride amareggiata mentre poggia le labbra sui bordi della tazza, soffiando e sorseggiando piano attenta a non scottarsi. «Me lo merito però, poco fa non ti ho lasciato modo di parlare.»

Poso la mia tazza ormai vuota sul tavolo ed avvicino le ginocchia al petto per scaldarmi ancora un po'. «Ti ascolto, parla pure quando vuoi.»
«Non ci ho capito più niente, ieri sono stata dalla psicologa e lei era stata molto chiara nel raccomandarmi di non venire a cercarti senza prendermi la briga di pensare bene, ma come vedi non recepisco molto bene i consigli ed ho agito di impulso.» Ripone anche lei la tazza vicino la mia adesso, voltandosi del tutto verso di me con la spalla sinistra che poggia sullo schienale del divano.

«Perché non avresti dovuto?» Chiedo curiosa.
«Beh, guardaci, non mi sembra che effettivamente sia stata una buona idea.»

Già, anche se io nonostante tutto non ci vedo tutto questo sconforto.

«Voglio dire, aveva ragione nel dirmi che non ero pronta per affrontarti. Continuava a dirmi di aspettare che fossi tu a parlarmene.» Continua lei dopo qualche istante di silenzio, capendo che non avrei detto nulla.
«Volevo farlo davvero, sarebbe stata comunque una questione di giorni.» Affermo sicura, guardandola negli occhi cercando di capirla un po' di più.

«Già, Elisa diceva la stessa cosa, era sicura che avresti trovato il modo giusto e soprattutto che stessi aspettando il momento giusto anche per te. Ma io non ci ho visto più, non riuscivo a capire cosa volesse dire con modo giusto. Sai, ieri sono andata da lei con l'agenda in mano furiosa come non ricordo di essere mai stata. Le ho elencato tutte le volte in cui ho scritto il tuo nome su quelle pagine, mi aspettavo che mi spingesse a parlarti per ottenere verità ma invece mi ha frenata. Mi sono sentita rivolgere l'ennesimo stop. Ed a quel punto non ci ho capito più niente e beh, il resto lo sai.»

Resta un attimo in silenzio cercando le parole giuste per continuare, distogliendo lo sguardo da me fissando dritto davanti a sé.

«Ho capito cosa intendesse solo poco fa, quando sei corsa via in quel modo.» Allunga una mano sulla sua fronte, toccandosi i punti indolenziti. «In tutti questi giorni non ho fatto che pensare a come mi sia sentita tradita io da tutti, da me, dalla mia intera vita. Ma...»

Chiude e riapre velocemente gli occhi prima di avvicinarsi verso di me, poggiandomi la mano sopra le mie braccia chiuse contro il petto. «...non ho pensato neanche per un momento a come ti potessi sentire tu. Non ho completamente considerato l'opzione che anche tu potessi essere una parte ferita da questa cosa qui.» Dice indicandosi la fronte.

«Possiamo ricominciare da capo il nostro discorso?» Sento la stretta sul mio braccio farsi più rigida un istante e tutto questo è così surreale per me: lei così bella e senza difese, per una volta.
«Sei stata proprio una stronza Elena, te lo devo dire.»
«Non lo hai già fatto un paio di volte in realtà?»
«Volevo precisarlo prima di continuare.»

Mi sorride prima di voltarsi a fissare il cielo dopo che un fulmine ha illuminato l'intero salone.

«Dannazione, c'è proprio un tempo assurdo.»
«E io che credevo che il sole restasse tutto il giorno.»
«Mi chiedevo come mai avessi scelto di andare proprio oggi al mare infatti.»
«A proposito, come mi hai trovata?»

«Vuoi la verità?» La esorto con un gesto plateale della mano. «Avevo intenzione di passare direttamente qui perché ho trovato il tuo indirizzo in un fascicolo a casa. Quando non ti ho trovata pensavo fossi al lavoro ma poi ti ho vista su quella panchina mentre tornavo e mi sono avvicinata.»
«Perché cavolo hai un fascicolo con il mio indirizzo?» Chiedo perplessa alzando un po' troppo il tono di voce.

«Ei calma, ne so quanto te. Credo si trattasse di un programma di protezione testimoni.»
«Ah già, giusto...» Il mio ricordo vola subito verso l'immagine di Oscar per terra, senza vita. Immagino che la mia espressione si sia trasformata di colpo, perché Elena mi osserva preoccupata, chiedendomi a bassa voce cosa sia successo.
«Uno degli agenti che era con me non ce l'ha fatta...» Abbasso lo sguardo pietrificata da quel ricordo ancora troppo vivido per reputarlo tale. «Ѐ morto durante l'attacco quel giorno?»

«Sì, noi eravamo sotto tiro, lo hanno colpito...ho provato a rianimarlo ma non è servito a nulla.» Ammetto con rammarico a me stessa, più che a lei.
«Ei...è il nostro lavoro. Sappiamo che la posta in gioco è alta, non sentirti in colpa tu ci hai provato.» Annuisco flebilmente guardando la vetrata frastagliata da gocce d'acqua.
«Perché ti avevamo assegnato una scorta?» Ѐ buffo vederla così curiosa di avere risposte che proprio lei non voleva darci qualche tempo fa a me ed Eva.
«Colpa del capitano della polizia, sai era una tipa molto pedante.» Per la prima volta le sorrido vedendo il suo sguardo addolcirsi lentamente alle mie parole. «Ho ricevuto un biglietto da uno di loro, hanno cominciato a seguirmi per via della nostra... situazione, ecco.»

«Mi dispiace per tutto questo. Immagino non dev'essere stato facile per te.»
«Ormai è passato, credimi. All'inizio ho dato di matto lo ammetto, mi sono arrabbiata tantissimo quando ho notato gli agenti fuori casa. Ma poi, pian piano non ci ho fatto più caso, anzi avevo stretto un buon legame con entrambi.»
«Immagino che ti sia arrabbiata con il capitano pedante, giusto?» Mi schernisce sorridendo, con lo sguardo perso verso la vetrata. Neanche stavolta riesco a vedere i suoi occhi grigi che passano al setaccio migliaia di emozioni, per trovare quella giusta da indossare.

«Immagini bene! Ma per fortuna tua sorella mi ha fatta ragionare.»
Senza volerlo attiro subito la sua attenzione, ritrovandomi due fari puntati addosso che scrutano ogni mia mossa. «Mia sorella?»
«Ecco vedi...possiamo fare un passo alla volta? Non è così semplice spiegare tutto.» Ammetto vedendola sbuffare.


«Hai ragione, è vero – si alza di colpo, passando lungo il perimetro del salone, osservando tutto quello che si trova davanti ai suoi occhi - Ti va di raccontarmi un po' di noi?»
Sorrido all'idea di quel pronome che racchiude per la prima volta entrambe, in tre sole lettere.

«Non c'è già scritto tutto nella tua agenda?»
«Nella mia agenda ci sono scritte tante cose. Ma più che altro c'è scritto come tu mi facessi sentire, cosa ho provato io, non so nulla di concreto di te, di noi. Di quello che realmente abbiamo vissuto.»

Come io la facessi sentire.

Di colpo mi sento restituire dieci anni di vita. Il modo in cui Elena ribalta le mie emozioni mi stordisce sempre un po', non mi lascia il tempo di concretizzarmi su una di esse che subito me ne fa scoprire altre cento.

La corvina si ferma davanti ad un paio di foto incorniciate sopra un ripiano, in una sono abbracciata tra Laura e Diego e in un'altra siamo tutta la famiglia insieme al compleanno di mio padre qualche mese fa. «Lui è tuo fratello?»
Annuisco lievemente, lasciando che formuli da sola altre domande.
«Lo conosco?»
«Sì, lo hai visto un paio di volte Elena.»

Gira in mano la foto con la fronte corrugata, questa sua immagine immersa nello sconforto mi spezza il respiro, vorrei poterle togliere almeno un quarto del suo dolore.
«Capisco. E questi devono essere i tuoi genitori.» Mi dirigo lentamente verso di lei togliendole quest'ultima foto dalle mani e carezzandole delicatamente il braccio. «Elena, non è una corsa contro il tempo, stai serena e vedrai che le cose andranno meglio.»

«Che promessa ti ho fatto?»
«Cosa?»
«Nell'ultima pagina ho scritto che avrei mantenuto la promessa che ti ho fatto. Ma non ho completamene idea di cosa parlassi...»
Immediatamente nella mia mente scorrono le immagini della nostra ultima sera, in cui eravamo ancora io e lei, o forse eravamo noi, sento un nodo formarsi alla gola ma non voglio che mi veda così, non adesso perlomeno.
La bufera nel frattempo, è intenzionata a durare chissà per quanto tempo ancora, il rumore del vento misto a quello della pioggia incessante sulla vetrata del salotto sta creando in me un mal di testa incredibile.

«Ei...» una mano lungo il mio fianco destro mi riporta alla realtà. «Puoi anche non rispondermi adesso, non commetterò più lo stesso sbaglio.» Purtroppo la mia voglia di mascherare tutto non riesce a colmare il mio stato d'animo, lasciando che una lacrima solchi il mio viso. Elena prontamente la rimuove con il pollice della sua mano sforzando un piccolo sorriso.
«Vado a casa, riposati e scusami ancora per prima, avremo modo di parlare.» Si affretta a girarsi ma le afferro il pollice tirandola verso di me.

«Con questo temporale, dove vuoi andare adesso?» Gioisco vedendo un sorriso sincero presentarsi sul suo volto, forse è proprio quello che vorrebbe anche lei.
«Puoi dormire qui, non mi disturbi affatto.»
Non trovo nessuna risposta da parte sua, anche se il suo corpo dice tutt'altro. Si avvicina verso di me ancora un po' mettendo la mano destra sulla mia guancia che immediatamente sento prendere fuoco.
Possibile che le basti così poco?

«Solo se smetti di piangere e mi prometti che non sia troppo difficile per te avermi qui.»
Le sue labbra prendono la forma di un dolce sorriso che cerca di rassicurarmi mentre trova sicurezza e per me questa, è una delle immagini più belle che abbia mai visto.

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