Capitolo 23: Lezione morale

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Non mi è esattamente chiaro quanto io abbia dormito stanotte, forse un paio d'ore o al massimo qualche istante, l'unica cosa certa è che il mio corpo si sente stranamente rigenerato di ogni energia perduta, adesso qui con Elena.

Elena?

Apro gli occhi con violenza quasi accecandomi la vista dai raggi di luce che giungono senza pietà fino a me, con un movimento brusco del collo mi rendo conto che, ancora una volta, il mio corpo non ha alcuna compagnia in questo letto inutilmente troppo grande.

Mi alzo indossando la maglia che ieri sera era finita per terra qui di fianco ed infilo un paio di pantaloncini azzurri, scendo le scale per controllare se il mio presentimento sia ancora una volta azzeccato, o se stavolta Elena abbia mantenuto la sua parola.

Bastano pochi passi per sentire un profumo delicato inebriarmi le tempie, ancora qualche altro passo invece, rallegra la mia vista.

Elena, vestita con addosso una canottiera e un mio pantaloncino che le sta irreparabilmente stretto rendendo il suo sedere il risveglio più bello di sempre, sta preparando la colazione destreggiandosi ai fornelli.

Quando i nostri sguardi finalmente si scontrano, io caccio via un respiro rumoroso come ad espellere un timore ormai lontano, e lei invece si illumina mostrandomi un sorriso ancora per me sconosciuto, un sorriso spontaneo con cui vorrei prendere confidenza abituandomi giorno per giorno.

«Buongiorno, spero ti piacciano i pancakes, dovresti fare la spesa sai? Il caffè è quasi pronto.»
«Buongiorno, mi sa che è un vizio di famiglia svegliarmi con l'odore del caffè ormai». Sorrido guardando Eva che corre verso di me insieme ai cani. Mi stringe fortissimo e mi bacia ripetutamente la guancia destra, è proprio un uragano questa ragazza, travolgente più che mai.

«Ti senti meglio? Ieri mi hai fatta proprio preoccupare!» Mi osserva tenendomi il viso racchiuso tra le sue mani.
«Sto bene, sto bene, avevo solo bisogno di riprendere un po' di forze. Per fortuna oggi lavoro di pomeriggio» Mi giro a guardare fuori dalla vetrata, vedo due uomini, diversi da quelli di ieri sera, che controllano il perimetro di casa.

«Che faranno quando sarò a lavoro?» Chiedo mestamente mentre addento il primo pancake.

«Uno resterà qui a controllare che nessuno faccia irruzione, l'altro ti seguirà in ospedale». Caccia via le ultime parole quasi consapevole che non le prenderò per nulla bene.

«Elena ma dici sul serio? Io devo lavorare non posso avere uno che mi segue per i corridoi, non lo so vuoi che entri con me pure in sala operatoria?!» Esclamo avvilita.

«Puoi stare tranquilla per favore? Non ti accorgerai neanche di averlo intorno. Starà a debita distanza, a noi interessa solo che lui controlli se ci sia qualcosa di sospetto in giro. Lascia che facciano il loro dovere, tu preoccupati di salvare le vite, in silenzio» Eccola lì, scorbutica e scontrosa di prima mattina.

Mi stavo proprio dimenticando cosa significasse vederle quello sguardo saccente che scruta tutti. Peccato, eppure...ho ancora vivido il suo tocco sopra la mia pelle, le sue labbra che disegnano scie ormai inesistenti sopra il mio corpo.


****


Nel giro di poche ore mi ritrovo sola in casa, o meglio, non ho altra compagnia al di fuori di quei due uomini che ancora non conosco neanche, che sorvegliano tutto ciò che passa in prossimità della mia abitazione.

Non mi sono mai piaciute queste forme di sicurezza, mi irritano e mi fanno sentire completamente a disagio, come se fossi nuda, inerme davanti al mondo.

Raggiungo l'ospedale con qualche minuto di anticipo, camminando lentamente con l'auto quasi a sfidare dallo specchietto retrovisore il mio accompagnatore silenzioso. Riesco a vederlo solo un paio di volte, è davvero molto bravo a non dare nell'occhio, se non me ne accorgo io dubito fortemente che un estraneo possa capire cosa stia facendo.

Una piccola nota di sicurezza mi pervade, forse ha ragione Elena, forse è meglio essere cauti per il momento.
Penso alla mia famiglia, così lontana e così assente al momento per merito mio. Sono stati tutti letteralmente buttati fuori dalla mia vita, se solo sapessero quello che sta succedendo andrebbero fuori di testa immediatamente.

Non oso immaginare come la prenderebbe Laura, e non sono neanche tanto sicura se si offenderebbe più per questo segreto o per l'atto di straordinaria complicità consumato ieri sera con Elena.

Arrossisco di fronte a quest'ultimo mio pensiero, sono più che certa che Laura apprezzerebbe tanto da farmi impazzire, mi farebbe imbarazzare come solo lei è in grado di fare in queste situazioni, mentre io cercherei invano di tirarmi fuori da questo discorso. È proprio strano non averla tra i piedi in questi giorni, la sua presenza da quando abito qui non mi è mai mancata, c'è sempre stata in ogni momento di sconforto o di gioia. Spero solo che tutto questo finisca al più presto, ho bisogno di riavere la mia vita indietro, insieme a tutta la mia famiglia.

Tutto scorre, l'ospedale come suo solito è gremito di gente pronta a farsi diagnosticare qualunque malanno pur di evadere dalla solita atroce routine.
Mi ritrovo a fare spola tra la sala operatoria e la macchina del caffè più volte, questo caffè è tanto brutto quanto la dipendenza che riesce a creare.

In meno di due ore ho già visitato così tanti pazienti da non essere riuscita a fermarmi un attimo, il mio sguardo di tanto in tanto ha cercato tra la gente di scovare la mia nuova guardia del corpo, senza però nessun risultato ancora.

«Dottoressa salve, ho saputo del caos che ieri si è creato vicino casa sua, non le è successo nulla giusto?» Marco si precipita verso di me visibilmente sconvolto, con la fronte corrugata, mi ferma mentre stavo per dirigermi verso l'uscita.

«Oh Marco ciao, va tutto bene. Ho sentito l'accaduto alla radio, sai com'è le solite risse inutili. Grazie per il pensiero caro». Mento, lo rassicuro carezzandogli la mano.

«Dottoressa la prego, stia attenta. Qui la gente fa sul serio, nessuno è al sicuro. Se ha bisogno la accompagno a casa stasera, mi creda questa città è pericolosa» Mi disarma la sua gentilezza, è sempre così attento e pacato, si vede che è proprio un bravo ragazzo.

Immediatamente mi accorgo della presenza del mio "uomo protettore" a qualche metro da noi, scanso l'idea dalla mia mente e fingendo il sorriso più tranquillo del mondo rispondo: «Va tutto bene, filo dritta a casa e si va a dormire. Ehi, puoi stare tranquillo davvero ok? Ci vediamo in giro nei prossimi giorni e grazie davvero»

Ci salutiamo, faccio un veloce cenno con il capo verso l'agente della polizia e mi appresto a dirigermi nella mia auto.

È tutto così surreale, non riesco a credere che stia succedendo proprio a me. So di aver reagito in maniera spropositata, mi ritrovo a pensare se avessi fatto lo stesso al posto di Elena, ma tutto ciò mi destabilizza, anche se so che dovrebbe farmi sentire più al sicuro io non mi sento per nulla serena.

Come se l'evidenza di due uomini pronti a controllare tutto mettesse in risalto che il pericolo è davvero vicino a me, che non è soltanto un'idea malsana nella mente di qualcuno, bensì una consolidata realtà.

Entro in casa, svuotandomi velocemente le tasche, do un'ultima occhiata ai due uomini, li osservo scrutandoli nella loro imponente eleganza. Decido di mettermi comoda e di preparami un piatto di pasta dato che ovviamente anche oggi ho saltato il pranzo in ospedale.

Cerco in dispensa tutto l'occorrente per il mio lauto pasto e mi accorgo immediatamente che Elena aveva ragione a consigliarmi di fare la spesa, mi è praticamente finito tutto, riesco a cucinare qualcosa da mangiare per puro miracolo.

«Pronto amore!» Rispondo velocemente alla chiamata di Laura mentre accendo il fornello.
«Amore mio! Non sai quanto mi manchi, una vacanza senza te non lo posso sopportare credimi. Come stai? Hai qualche novità?»

L'isola senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora