Capitolo 5: Il fascino della non divisa.

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Stasera mi sono agghindata un po' meglio rispetto al solito: tacchi a spillo rossi che accompagnano un tubino nero non troppo scollato ma che risalta bene i miei seni prosperosi.

È il compleanno di papà e siamo tutti diretti verso un ristorantino sul mare vicino casa mia, la location è meravigliosa e la cucina è davvero ottima fanno dei piatti a base di pesce locale buonissimi!

Una volta seduti iniziamo a cantare in coro "tanti auguri" al mio papà che si imbarazza come un sedicenne. Siamo pronti a stappare la prima bottiglia di vino bianco, così fresco che arriva subito diritto in gola per neutralizzare il mio senso di affaticamento e il troppo caldo della serata estiva.

Conosco bene il cameriere del locale, sono stata qui con Diego e Laura diverse volte, lui mi saluta e mi porge i menu facendomi un complimento per il mio abito ovviamente non senza scaturire in me un fuoco improvviso in viso.

«Ha proprio ragione eh, inutile che ti imbarazzi tesoro mio. I miei suoceri ti hanno fatta proprio uno schianto e stasera sei stupenda lasciatelo dire.» Mi sorride Laura mentre mi versa dell'altro vino bianco.

Io ordino un bel piatto di spaghetti con le cozze, oggi ho praticamente mangiato solo una mela in ospedale e il mio stomaco brontola in maniera eccessiva. 

«Mamma mia! Non ti vedevo mangiare così dai tempi del liceo amore!» Mamma mi prende in giro mentre divoro il piatto ed io spero solo di non essermi sporcata tutta proprio come una ragazzina.

«Ho davvero tanta fame! Lo finisci quello?»  Dico puntando l'ultimo pezzo di pane che resta a Diego.
«È mio te lo puoi sognare signorina! Torna a fare quella che non mangia e non puntare il mio cibo!» Nonostante stia parlando con il pane tra i denti riesco a captare il suo discorso e rido come una bambina. «Che egoista!»

«È il momento del reeeegalo!» Dice Diego mettendo lo scatolo del nostro regalo sul tavolo davanti a papà. 

«Cos'è cos'è??» Papà prende il pacchetto cominciando a girarlo curioso come un bambino e lo scarta velocemente urlando di gioia nel vedere un orologio da polso proprio del modello che piace a lui.

«Ragazzi ma è proprio bellissimo. Fatevi baciare tutti uno ad uno!» Adoro vederlo gioire in questo modo,  comincia a torturare noi tre di baci fino a quando non cerco di scappare dalle sue grinfie riparandomi dietro le spalle di mamma imbronciata.
Dopo aver mangiato la torta ed abbondato con il vino siamo tutti abbastanza soddisfatti della cena.

«Direi che è il momento di farci un bel giro, che ne dite ?» Mamma propone una bella passeggiata e penso che per smaltire cena e vino si proprio un'ottima idea.
Io e Diego camminiamo davanti agli altri, mentre dietro di noi, mamma e papà hanno preso a braccetto Laura e stanno parlando di figli, futuro, cani, viaggi.
Insomma cose al momento troppo lontane per me.

Mi sento spalleggiare da mio fratello che richiama la mia attenzione.
«Come va tesoro?» Voce fioca, quasi sussurra sopra la mia testa.
«Bene. Ho seguito il tuo consiglio ultimamente e cerco di godermi di più la vita quasi come tutte le mie coetanee.» Mi sorride puramente felice baciandomi sopra la testa.

«Sei incantevole stasera sai? Mi viene così difficile pensare che una donna come te sia ancora single credimi... Non riesco a definire se tu sia più bella dentro o più bella fuori.» È completamente serio, ed io completamente paonazza.

«Oddio, ma non puoi smetterla e tornare a fare il ragazzino di sempre? Mi imbarazzi cavolo!» Ridiamo mentre mi prende in giro per le gote rosse quasi quanto il colore dei miei tacchi.

Camminiamo continuando a chiacchierare tutti insieme fino ad arrivare alla prima destinazione. «Mamma, papà, siete arrivati, ci vediamo domani a casa di Vera dopo il turno in ambulatorio ok?» Disse Diego baciando i nostri genitori davanti alla loro villetta.

«Va bene ragazzi vado anche io che domani la sveglia suona presto.» Saluto loro e mi incammino per casa mia che si trova proprio dietro l'angolo.

«E tu che ci fai qui?» Trovo vicino la staccionata di casa mia una figura femminile con dei capelli color rame intenta ad aspettarmi scrutandomi nel buio.

«Ei... So che hai detto che mi avresti fatto sapere tu, solo che non lo hai più fatto così...ho pensato di passare io.» Dio, ma perché Luisa è così invadente! «...e credo di avere fatto anche bene...sei a dir poco uno schianto.» Adesso mi comincia a fissare maliziosamente dalla testa ai piedi con insistenza.

«Sono stanca Luisa, andrò dritta a dormire adesso, tu dovresti fare lo stesso. Ci vediamo domani in ospedale.» Mi esce con il tono più scocciato, ma al tempo stesso più imbarazzato che riesco ad avere.

«Andiamo Dottoressa, non ti facevo così guasta feste. Beviamo un bicchiere di vino e poi tutte a nanna, promesso.» Dice lei alzando i palmi in alto in segno di pace.

I suoi occhi marroni mi fissano cercando una conferma che non ho intenzione di darle, sono immobilizzata davanti casa nella speranza che perda le speranze in fretta. Odio non saper essere pungente come vorrei in queste situazioni.

«Ho bisogno di riposare, davvero.» Qualcosa cambia nel suo sguardo adesso, sembra frustrata e quasi un po' infastidita dal mio rifiuto omissivo. 
«Di solito accetto, quelle rare volte, i rifiuti. Ma tu non mi hai propriamente rifiutata quindi.» Fa per muoversi verso di me avvicinando la mano al mio mento mentre io ruoto il viso dall'altro lato e sento un forte odore di vino provenire dal suo fiato. Come immaginavo è già abbastanza sbronza. «Ho detto che non voglio...ci vediamo domani in ospedale.»

Cerca ancora di acchiapparmi il mento ma non faccio in tempo ad oppormi che entrambe sussultiamo sentendo una moto fermarsi di fianco a noi.

«Credo che adesso dovrebbe andare e lasciarla stare, no?» Una voce femminile sbuca da un casco modulare, riconosco quel jeans strappato.

«Lei è... ?» Chiede incuriosita ed infastidita la rossa al mio fianco.
«Sono un'agente di Polizia.» Dice lei con tono severo ed autoritario, toglie con una mano il casco e con l'altra mostra il distintivo attaccato al cinturino del pantalone usurato.

Come sempre i suoi movimenti sono dettati da comandi sinuosi, come se tutto le fosse dovuto e concesso. «Le è stato detto più volte di no, basta così, può andare a casa adesso, la lasci in pace.» 

Luisa esita un attimo, quasi mortificata davanti a quella scena. Essere richiamata all'ordine sarà stato un brutto colpo per la cardiologa. Come se fosse una ragazzina rimproverata dall'insegnante davanti tutta la classe. Ben le sta, capendo la situazione e con tanto sdegno e frustrazione si allontana da me.

Riesce ad essere davvero odiosa, la fisso mentre in lontananza si avvia verso la sua auto parcheggiata lì vicino. 
Per un attimo mi dimentico della donna dietro di me, che tossisce per richiamare la mia attenzione. Cavolo, non posso credere di essere di nuovo con lei.

«Tutto bene Dottoressa?» Distaccata come sempre, così formale in ogni situazione, ma se si aspetta che io sia gentile con lei solo perché mi ha fatto un favore se lo può proprio scordare.

«Sì. Ora devo andare a dormire, grazie.» Sono veramente arrabbiata con lei, non merita neanche che le rivolga la parola dopo il suo comportamento maleducato dell'ultima volta. Così giro sui tacchi e comincio a camminare dritta davanti a me fingendo di non sentire due grandi occhi grigi che mi scrutano dalla testa ai piedi.

«Dottoressa!» Mi richiama velocemente ed io, quasi ad una manciata di passi dalla porta di casa mia, mi volto ad incrociare il suo sguardo. Cosa c'è adesso?

«Sta davvero bene senza il camice.» Sento le mie guance prendere fuoco, per fortuna è notte e non credo se ne sia accorta... Ma perché ha questi sbalzi di umore così repentini...?

«Beh...g-grazie.» Certo, se non si vedono le gote possiamo anche balbettare per rendere meglio l'idea del mio imbarazzo! Dio che disastro che sono, sono proprio irrecuperabile. Lei sorride e infila il casco salutandomi con la mano, io entro a casa e mi distendo sul divano stremata.

Neanche avessi fatto una maratona, mi sento il cuore esplodere e chiedere di uscire a fare due passi fuori dal petto. Mi sento completamente destabilizzata da quella donna, non riesco mai a capire come comportarmi con lei. Se sono gentile è un mostro scorbutico, se la ignoro diventa quasi malleabile ma è questione di un attimo prima che sparisca tutte le volte lasciandomi sola con i miei pensieri.

Finirò per impazzire giuro. 

L'isola senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora