Capitolo 31: Segretaria

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«La ragazza che è stata rapita, hai sentito la tv?» Annuisco flebilmente. «È sua sorella, Eva.»
«Co-cosa?! Eva?? Dov'è Elena adesso?»

«Dà di matto, non smette di fare le ronde in moto, in auto, che sia o meno in servizio non ha più importanza per lei. Non è neanche tornata a casa a chiudere occhio stanotte. Io e Alessia da soli non possiamo farcela a tenerla d'occhio e a riuscire a far proseguire le indagini come si deve, non è nelle condizioni di prendersi cura di sé stessa in questo momento.
So che Elena non sarebbe per niente d'accordo che io ti dica tutto ciò ma da quando... insomma erano anni che non la vedevo così tanto interessarsi a qualcuno, fino a che non sei arrivata tu a scombinarle i piani.
Stava finalmente riprendendo in mano la sua vita, credimi. Speravo potessi aiutarmi a convincerla a rimettersi in sesto, perché così, in questo stato, ho paura che... faccia qualcosa di veramente irragionevole.»

«Certo sì... capisco bene che intendi Giorgio. Ascolta, se sai dov'è adesso, andiamo dai, non perdiamo altro tempo.»

Lo osservo mentre rimane di stucco tra felicità e dolore, saliamo nella mia auto e mi guida fino al dipartimento, dove Elena ha appena finito il servizio.
«Sta per uscire, le ho mandato un messaggio dicendole che avrei fatto la ronda insieme a lei adesso. Tu aspettami qui, la faccio avvicinare io.»

Scende dall'auto e si dirige dentro il dipartimento ed io non posso non notare i segni sulle mura delle fiamme dello scontro che c'è stato con il clan solo qualche ore fa.

Non ho ancora avuto neanche il tempo di pensare a quello che continua a capitare ad Elena, è come se la vita non smettesse di metterla sotto pressione, come se cercasse continuamente di testare la sua stabilità.

Dopo un paio di minuti vedo il suo caro amico uscire dal portone principale, seguito da un'Elena che stento quasi a riconoscere.
Ha gli occhi scavati, segno che non dorme chissà da quanti giorni, sembra anche meno tonica come se avesse dimenticato di mangiare ultimamente.

Scendo dall'auto e mi piazzo davanti la coppia di amici, Elena cambia totalmente espressione e rimane sconvolta nel vedermi proprio qui.

«Tu che cosa ci fai qui? GIORGIO!» I suoi occhi rizzano subito sul moro vicino a noi, accusatori, rigidi ed impenetrabili.

«Senti, non prendertela con lui. Elena, andiamo a mangiare qualcosa, per favore.»

È la prima cosa che mi viene in mente, so che è banale e sicuramente mi prenderò occhiatacce da entrambi, ma tentar non nuoce, in fine dei conti so che ne ha estremamente bisogno per rimettersi in forze un minimo.

«Non ho fame. Vera, Giorgio, grazie ok? Grazie per gli sforzi, ma l'unica cosa che può farmi stare meglio adesso è riavere Eva con me, sana e salva. Quindi, se non avete un piano per trovarla, per favore lasciatemi fare un altro tentativo.»

«Ok. Vengo con te allora. Andiamo, sali in auto.»
«Sei pazza? È pericoloso. Giorgio, non avresti proprio dovuto.» Lo inquadra ammonendolo con lo sguardo.

«È una civile e non avresti dovuto metterla così a rischio, lo sai bene che non c'è da scherzare, non dobbiamo abbassare la guardia!»

Mm, adesso suona come un vero rimprovero da capitano. Solo adesso mi rendo conto della presenza di Alfredo a qualche metro da noi, sempre discreto ed attento a tutto, me ne ero totalmente dimenticata.

«Io sono ancora qui con voi e se non ti è chiaro non andrò via fino a che non vedrò che ti prendi cura anche di te stessa, come pretendi di trovare Eva se a stento ti reggi in piedi?» Mi avvicino a lei afferrandole i polsi, strattonandola un attimo notando con quale facilità riesco a scuoterla.

«Come pensi di salvare tua sorella se non hai le forze neanche di reagire ad una come me, eh Elena? Dico, ti sei vista allo specchio?»

Mi guarda e per un attimo noto la speranza nei suoi occhi mista a stanchezza, sia fisica che mentale.
«Andiamo Ele, ti porto a casa mia. Mangi un boccone e poi corri di nuovo qui, sono sicura che i tuoi colleghi continueranno le ricerche senza te... e Giorgio, ci avvisi tu per qualunque cosa, vero?»

Lui annuisce più sereno finalmente, dà un bacio alla corvina al mio fianco, che ancora non è molto convinta di ciò che sta succedendo e rientra in caserma.

La avvicino a me prendendola a braccetto e la porto velocemente dentro la mia auto. Ho visto Elena in svariati modi da quando la conosco, l'ho vista svenuta, quasi sul punto di morte, l'ho vista sofferente fisicamente e mentalmente nel ricordo dei suoi genitori, ma mai l'ho vista in questo stato di assoluta devastazione, abbandonata a sé stessa.

Non mi ci vuole alcuna conferma nel comprendere che sua sorella è l'ultima persona amata che le sia rimasta, so inoltre quanto lei si senta consapevole di essere la causa di tutto il dolore causato alla sua famiglia.

Non è giusto. La rabbia si fa strada in me, così accendo l'auto ed in silenzio arriviamo a casa mia in dieci minuti scarsi, entrambe fiondate con le menti ad altro, a luoghi lontani e difficili da raccontare a parole.

«Senti, riguardo a ciò che è successo l'altra volta in ospedale quando sei scappata via...» Decido di interrompere il silenzio, una volta entrate in casa mia. Elena rotea gli occhi verso l'alto e sbuffa ma la ignoro deliberatamente cercando di finire la frase ma lei mi anticipa velocemente.

«Vera che c'è? Davvero credevi che sarei rimasta lì a fissarti mentre tramutavi le tue paure in rabbia e sgomento? Davvero credevi che così facendo non avresti aiutato anche me dato che tutto questo per me era già diventato troppo grande da gestire? Ho sempre saputo che avrei dovuto smettere questo maledetto gioco, malsano e sbagliato, che ti ha solo portato ad impazzire e a dissociarti dalla tua vita reale.»

Mi ritrovo di stucco, sconvolta davanti a queste sue parole non era proprio quello che volevo dirle. Sbuffa ancora portando gli occhi in alto cercando nel cielo chissà quale risposta, rotea le spalle e torna a fissarmi con quegli occhi grigi vitrei.

«Ma tu credimi – si avvicina di colpo allungando il suo indice per indirizzare il mio mento verso di lei – se potessi scegliere, sceglierei altri mille modi per farti impazzire. Ma di certo non con questa merda qui, questa non avrebbe mai dovuto avvicinarsi a te.»

È seria adesso mentre osserva il mio sguardo abbassarsi, avvampare inutilmente a quella frase lanciata in aria come il primo fuoco d'artificio che annuncia l'inizio di una festa.
Già, una festa che ancora una volta non può sbocciare, bloccata da ogni ostacolo possibile e immaginabile.

«Elena io...» Cerco inutilmente parole che esprimano al meglio ciò che sento dentro ma i suoi occhi ancora una volta mi spogliano di ogni mia possibile tesi. Se conoscessi parole in grado di esprimere ciò che vedo nei suoi occhi le urlerei al mondo costantemente, ma questo sguardo ha le catene, ti trattiene e ti porta dentro di sé facendoti scordare qualunque pensiero.

«Vera tu niente. Mia sorella è sparita da più di ventiquattro ore ormai, per quello che ne sappiamo potrebbe essere già morta e sarebbe l'ennesima vittima che mi porto dietro, davvero vuoi mettermi pure la tua croce sulle mie spalle? Davvero vuoi che i tuoi familiari passino tutto questo? Devi starmi lontana. È stato un errore venire qui con te, scusami, adesso è meglio che vada.»

Pericolosamente avvicina il suo viso al mio scandendo quelle ultime due frasi marchiandole sulla mia fronte.

«Ei, no aspetta. Adesso fai parlare anche me perché mi hai di gran lunga fraintesa. Io voglio solo che tu possa ritrovare Eva – la avvicino a me portando le mie mani sulle sue guance – e vorrei liberare la tua anima che tanto tieni incatenata al buio. Ma tu in questo stato non hai la forza di fare nulla, ti chiedo solo di mangiare qualcosa e poi ti riporto in centrale, ti prego.»

Chiude gli occhi, proprio qui ad un passo dalle mie labbra, potrei giurare di averli visti riempirsi di lacrime un attimo prima, per poi riaprirli più scuri del solito, colmi di ogni sua emozione.

«La troveremo, puoi giurarci.» Poggia la sua fronte sulla mia sospirando, sento le sue difese crollare piano piano.
«Lasciati amare Elena. Lo sai anche tu che Eva ti farà la guerra per questa tua testardaggine quando me la riporterai.» Le poso un bacio sulla fronte, lasciandola lì con le sue paure e i suoi tormenti, avviandomi verso il bancone della cucina.

So che il suo intento è giusto e puro, so che adesso ha ben altro a cui pensare, ma sento che da sola in questo caos stia perdendo ogni ragione, ho un cadavere davanti a me e ciò che vedo non mi piace per niente.
Elena ha bisogno di sentirsi per una volta dalla parte giusta, di sentirsi amata ed accompagnata anche in quest'altra terribile ennesima battaglia.


«Perché non ti fai una doccia? Io nel frattempo preparo due panini per entrambe.» Non mi risponde, per svogliatezza o stanchezza, o magari chissà per entrambe le ragioni.
Mi avvicino da dietro abbracciandola dolcemente. Lei sussulta, stranita da quel tocco improvviso e ormai straniero.
«Vera...»

«Ti prego, non dire più nulla. Non sei sola Elena, lascia che ti aiuti, ho già fatto l'errore di lasciarti l'ultima volta, non avrei mai dovuto. L'altra sera mi hai rincuorata tu senza darmi modo di replicare, ma avevo bisogno di dirti che non sei sola, non più ormai. È inutile continuare a porci freni, quello che abbiamo non è invisibile.»

A quelle parole sento i suoi muscoli rilassarsi lentamente sotto di me, le bacio una guancia facendo aderire saldamente le mie labbra all'altezza del suo zigomo destro.

È passata solo una decina di minuti ed Elena è già uscita dal mio bagno pronta e con un paio di abiti puliti, mentre io la aspetto in salotto con la nostra cena fredda sui piatti. Mentre addentiamo i nostri pasti non smetto di guardare la corvina al mio fianco che in silenzio punta lo sguardo fisso verso l'esterno.

Percepisco l'odore del mio bagnoschiuma unito al suo inconfondibile profumo che dolcemente mi inebriano la mente, averla qui in questo momento così difficile per lei è una grande dimostrazione di fiducia da parte sua.

«Ah, sappi che ho scritto a Giorgio mentre eri in doccia. Non c'è ancora nessuna novità ma forse hanno trovato una nuova pista e vorrebbero avere un tuo parere, stanno facendo gli ultimi controlli e poi ti chiamerà. Avanti, finisci di mangiare su.»

Rompo il silenzio e lei rimane sorpresa dalla mia frase, quasi percepisco quel velo di insolenza che spesso mi mostra. Perché? Che ho detto di strano?

«Adesso mi fai pure da segretaria, ti stai informando al posto mio o ho capito male?» Cerca di mostrare quel suo sorriso divertito, ed io la vedo sempre così bella, quasi dannatamente sexy nonostante tutto quello che stia passando.

«Davvero divertente, finisci di mangiare che ti riporto in centrale Elena, vedrai sarà la volta buona.»

Spinge il piatto verso il centro del tavolo sancendo la fine del suo pasto, si alza, fa il giro fino a palesare la sua imponente, anche se estenuata, figura davanti a me. Mi sfiora delicatamente una guancia e finalmente prende parola lasciandomi in balia di lei.

«Nessuno si è mai preoccupato così tanto per me, sei davvero bellissima con quell'aria corrugata. E ti prego non scusarti per avermi lasciata, anche se è stato difficile digerirlo hai fatto la cosa migliore che tu potessi fare in quel momento. Scusami per lo sfogo di poco fa, ammetto che non riuscivo a gestire con lucidità tutta questa situazione.»

Schiocca un bacio impavido sulle mie labbra, proferendo un brivido che percorre tutto il mio corpo, consapevole però che non sia neanche stavolta il momento adatto per acconsentire ad esso.

«Ne parleremo quando tutto questo finirà Elena, se non sbaglio abbiamo un viaggetto da fare no? Bene, fino ad allora, non pensiamoci più, se sei pronta adesso andiamo.»

Ci incamminiamo verso la mia auto, mentre Alfredo fa esattamente la stessa identica cosa verso la propria, scambiandoci un segno di approvazione. Una volta allacciate le cinture vedo Elena sporgersi verso di me fissandomi le labbra, con uno sguardo indecifrabile che Dio solo sa cosa ha in questa benedetta testa adesso.

«Grazie Vera.»

Mi bacia le labbra fugace lasciandomi senza parole mentre con lo sguardo osserva le chiavi appese al quadro.

«Adesso andiamo.»

Non ho risposto, stavolta ho preferito che ogni cosa andasse com'è meglio che vada, scorra veloce nella sua natura.

Mentre osservo la mia corvina scendere per entrare in centrale dedicandomi un dolce sorriso, la paura si fa strada in me. Le ultime ore sono state così piene che mi sento esausta, non riesco a credere che Eva sia in pericolo, il ricordo della sua dolce voce mi scalda il cuore. 


**** spazio autrice ***
Innanzitutto volevo ringraziare voi che siete arrivati fino a qui a leggere, siete veramente meravigliosi, apprezzo ogni vostro commento e supporto! 
Come ormai sapete, le nostre due protagoniste sono nel pieno caos e sicuramente ce n'è sarà ancora un bel po'...vi chiedo solo di pazientare un altro po'! 
Buona lettura e grazie sempre!

Barbara 

L'isola senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora