Capitolo 7: Porta qui un po' di libertà.

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Mentre tutti i miei coetanei sono in giro a ballare e fare bravate per festeggiare il weekend che è appena tornato, io passo il mio venerdì ad impazzire nelle mie amate-odiate mura d'ospedale.
In compenso domani sarò libera così potrò finalmente passare del tempo per me, e spero che stavolta il caldo non mi abbandoni perché ho intenzione di fare un bagno al mare come si deve!
 
Sono arrivata in ospedale impiegando quasi mezz'ora abbondante di camminata lenta immersa nei miei pensieri, la mia auto è a riparare ed è inutile aggiungere che mi senta già un tutt'uno con l'asfalto con questo rovente sole addosso.

****

Sono passate già un paio di ore e non ho ancora incontrato Luisa per mia fortuna,sono tanto imbarazzata quanto infastidita dalla sua presenza in questi giorni, quindi meglio evitare direttamente strani incontri.

Vado verso la mia sala "preferita" e osservo i pazienti che attendono per le loro cure. Non credo che mi sentirò mai abituata di fronte alla varietà di persone che ogni giorno popolano questo ospedale con problemi che spaziano dai più gravi a dei leggeri mal di testa.

«Ciao piccolo, che abbiamo qui?» Mi rivolgo ad un bimbo in lacrime nella sala d'attesa che mi guarda con due occhioni impauriti singhiozzando, la mamma mi urla qualcosa in un dialetto per me purtroppo indecifrabile.

Noto subito però qualcosa conficcata nel suo braccio così lo faccio accomodare insieme alla mamma prima nel mio studio per far firmare a quest'ultima i relativi consensi per l'intervento e dopo porto il piccolo in sala operatoria per estrarre un bel pezzo di vetro dal braccino.

«Ecco fatto campione, sei stato davvero in gamba!» Corre a darmi un bacio in guancia mentre la madre è ancora gialla dalla paura come se fosse stata lei sotto i ferri. Ah, le mamme.

Manca quasi mezz'ora alla fine del turno, sono quei momenti decisivi che possono oscillare tra la quiescenza o il caos totale dovuto alla prima serata di weekend. Speriamo bene, ho davvero bisogno di andare a riposare.

«C'è nulla per me?»

Guardo l'infermiere con due borse enorme sotto gli occhi, mi sa che per lui il weekend è iniziato in anticipo.

«Ehm, sì veramente, dovrebbe rimuovere dei punti di sutura Dottoressa.»
«Stai scherzando Marco?»

Lo guardo sconvolta, sono le 23.40! Qualcuno davvero è venuto a rimuovere dei punti a quest'ora ? Io davvero comincio ad impazzire in questa città senza regole.

«Non ho parole, certo i pazienti sono pazzi ma se noi lavoriamo così non aiuteremo sicuramente a ristabilire un po' di ordine mio caro! » Sentenzio bacchettandolo molto scocciata. 
 
Lui mi guarda un po' imbarazzato come se fosse colpa sua ammettendo l'errore, e indica verso il mio studio. «Le ho già detto che può attendere nella saletta davanti la sua porta Dottoressa.» Cosa? Ecco perché si sentiva in colpa! Io faccio un omicidio prima o poi qui dentro. «Bene, grazie!» Sbotto e vado verso Elena che non appena mi vede arrivare si alza in piedi.

«Dottoressa, non pensavo di trovarla qui a quest'ora.» Sembra quasi felice? O dispiaciuta? 
«Beh, poteva venire di pomeriggio invece di fare quella faccia tosta a quest'ora.» Sono esausta, dal caldo, dal lavoro, da lei.

Apro la porta del mio studio e la faccio accomodare nel lettino che già conosce.
Risparmio fiato e tempo grazie a lei che sbottona la camicetta fino alla ferita e con mio stupore trovo un cerotto proprio come le avevo raccomandato giorni fa.

«Vedo che ha seguito i miei consigli, com'è andato il riposo?» Ovviamente so che non lo ha fatto, sia mai.
«È andato, spero solo di poterli togliere stasera.» Dice lei sussultando mentre tiro via il cerotto pizzicandole un po' la pelle che subito si tinge di rosso sul perimetro dove si reggeva il cerotto. 

«Bene, la ferita va molto meglio, in dieci minuti sarà tutto finito.» La lascio un attimo lì distesa mentre prendo tutto l'occorrente per rimuovere i punti. Mi sento così strana nell'essere chiusa in questa piccola stanza sola con lei. Opto dunque per il silenzio.

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