Capitolo 21: In buone mani.

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Ormai è diventata una mia bellissima routine guardare tutta la costa nel viaggio di ritorno verso casa, mi aiuta a districare i pensieri e a scollegarli per un attimo con la realtà che mi circonda. Giusto il tempo di girare lo sguardo verso il sedile passeggero, trovarci seduta una piccola donna ancora debilitata, stanca ed emotivamente un po' ammaccata, che immediatamente torno alla mia vita.

Eva, invece, osserva tutte le strade opposte al mare, la scruto mentre guarda i vicoli e le case che si alternano alle villette a schiera. Chissà con quale diritto, immagino i suoi pensieri, e osservo una parte di lei che mi ricorda tanto sua sorella. Attenta a non lasciarsi sfuggire neanche un particolare di quella che un tempo era proprio la sua città.

Entrando in casa veniamo accolte dai due piccoli amici a quattro zampe che popolano casa mia da meno di ventiquattro ore. «E questi due bei bambini? Ma ciao piccoli, fatevi accarezzare!»

«Sono di mio fratello, è in vacanza con sua moglie ed i miei genitori, per questa settimana mi occuperò io di loro. O forse, saranno loro ad occuparsi di me.» Ridiamo entrambe mentre i dolci animali ci spingono per entrare insieme a noi in casa, gioiosi e pieni di amore come sempre.

«Puoi fare una doccia se vuoi, trovi tutto nel primo ripiano in bagno, ti porto un cambio pulito e ti metti comoda.» Le dico indicandole la porta del bagno proprio davanti a noi, prendo un cambio dal cassetto e lo preparo per lei lì vicino.

«Hai davvero una casa stupenda! Mi perderei ogni ora del giorno e della notte guardando questo spettacolo, sembra un quadro naturale.» Indica estasiata la vetrata che squarcia quasi a metà la parete del salone che dà sul lembo di mare ormai per me diventato quasi privato. Le sorrido dolcemente spostando a fatica il mio corpo verso la cucina, mi appresto a ripulire e tagliare le patate per prepararle per la cena di stasera.

«Vera, ti volevo ringraziare per quello che hai fatto per me. Non avevi nessun buon motivo di portarti a casa una paziente ed aiutarla in questo modo.» Con un saltello si mette sopra il ripiano della cucina come una bambina e mi guarda con uno sguardo serio e delicato allo stesso tempo.

Tutto ciò proprio a conferma che in famiglia con gli occhi sanno farci davvero.
«Non è nulla, figurati se mi devi ringraziare Eva, non dirlo neanche per sogno.»
«Ora capisco perché piaci così tanto a mia sorella, sai, lei non è mai stata una che si accontenta di qualcosa di mediocre. Ha sempre mirato al meglio, ed è sempre riuscita ad ottenere tutto quello che desiderava.»

Eva mi lascia totalmente senza parole. Certo sono ormai abbastanza consapevole di suscitare una certa simpatia nei confronti di Elena, ma detto così dalla sorella mi stona un po', non era esattamente quello che mi sarei aspettata.

Mi giro a guardarla cercando rifugio nei suoi occhi, provando a mostrarle l'imbarazzo di quella sua frase, purtroppo però, non trovo alcun sollievo, notando che Eva non muove lo sguardo dalle mie mani, fissa un punto fermo nel cosmico spazio dei suoi pensieri e continua a parlare.

«I miei genitori mi mancano, davvero tanto. Eppure è proprio Elena che mi manca più di qualunque altra cosa. Elena c'è, ma non è più quella. Mi manca la vecchia Elena, come ti dicevo è sempre stata caparbia, e riusciva a mettere armonia e divertimento in ogni situazione. Era così simile a mamma, erano due fotocopie sai?»

Come se fossi dentro un flusso di coscienza questa ragazza continua a zittirmi, inerme di fronte a lei mentre cucino cercando di non farle perdere il filo del discorso.

«Elena ha gli stessi occhi della mamma, lo stesso spirito di iniziativa e lo stesso amorevole humor. Quando erano insieme credimi era davvero difficile riuscir a starvi dietro, erano uno tsunami in rivolta tutti i santi giorni. Da quando non ci sono più, non ho più avuto il coraggio di guardare i suoi occhi, all'inizio era come rivedere ogni volta la mamma, ma senza quello spirito guerriero che la contraddistingueva, che le contraddistingueva. Ho lasciato completamente sola mia sorella, sono sparita letteralmente subito dopo, scappando da ogni mio ricordo passato, e dal mio presente che non era più quello che avevo desiderato tanto. Scusami se ti dico tutte queste cose, è solo che...»

«Va tutto bene tesoro, puoi parlarmi di tutto quello che vuoi. Non serve a niente scappare dai propri dolori, se ti fa stare un pizzico meglio puoi farlo tutte le volte che vuoi.» Cerco di placare le sue giustificazioni che si palesano davanti a noi, non appena i suoi occhi diventano più rossi.

«...Ho lasciato Elena sola con i suoi demoni, con i nostri demoni. Non avrei mai dovuto farlo, lo vedo che non è più la stessa.»
«Elena capirà, credimi. Credo che entrambe abbiate avuto le vostre ragioni, avete scelto di affrontare i vostri dolori con i mezzi a vostra disposizione. Non torturarti anche tu, io sono sicura che capirà le tue motivazioni, e tornerete più belle di prima. Certi legami non si distruggono mai Eva.»

«Ieri sera sono stata davvero pessima lo so, ma credimi mi si è spezzato il cuore a vederla in quello stato in ospedale per colpa mia. Mi sento così stupida Vera, mi sento così dannatamente deficiente, non avrei dovuto. Lei ha già le sue preoccupazioni...»

«Ehi, adesso smettila, avete tutto il tempo di questo mondo per chiarirvi e poi stai tranquilla che non è arrabbiata con te, magari stasera può essere un buon inizio, no?» Le sorrido, avvicinandomi a lei con la testa cercando un sorriso di ritorno.

«Ok dottoressa, è il momento che io mi lavi. Dovresti riposare un po' anche tu però mi raccomando.» Scende dal ripiano dirigendosi verso il bagno, la nostra conversazione finisce così, sospesa come un quadro appeso.

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