Capitolo 17: Pericolo di ghiaccio!

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Stringo al petto la collana dorata, senza rendermene conto le nocche delle dita si tingono di bianco. Quasi trattenendo il fiato caccio via la mano poggiandola sul mio ginocchio, Sara mi sta guardando con gli occhi pieni di amore. A volte le amicizie, quelle sincere, fanno giri immensi, superano distanze fisiche e mentali incommensurabili per poi tornare forti come o più di prima.

A noi è successo diverse volte nell'arco della nostra amicizia di doverci allontanare, prendendo strade diverse. Adesso mi ritrovo qui, in aeroporto, a doverla salutare dopo cinque brevi ma lunghissimi giorni passati insieme come se la distanza di un anno non avesse mai intaccato il nostro rapporto e soprattutto i nostri reciproci sentimenti. Chi lo avrebbe mai detto, la dottoressa e la stilista di moda, migliori amiche.

«E così, dovrà passare un altro anno per rivederci?» Mi chiede lei con un filo di voce.
«Promettimi solo che neanche stavolta qualcosa ci potrà dividere. Le nostre vite sono troppo diverse per reggere a distanza con la stessa facilità, io non posso prometterti una chiamata al giorno, ma mi basterà sapere che ci sei.» I suoi occhi si tingono di speranza, mi stringe in un abbraccio che pare durare per ore intere ed io mi lascio avvolgere dalla nostra complicità.

«Non ho intenzione di rifarmi il trucco per causa tua.» Ammette deviando il senso di malinconia che incombe su entrambe. «Quindi, Elena, giusto?»
«Te lo ha detto Laura?!» Sono stupita dal radicale cambio di rotta che sta prendendo la nostra ultima conversazione.
«Che vuoi farci, quella collana mi ha incuriosita troppo ieri sera e lei diciamo che non ha resisto dallo scommettere che si trattasse di questa donna dannatamente sexy e misteriosa. Quando avevi intenzione di dirmelo eh?» Ride lei punzecchiandomi il gomito.

«Io non lo so Sara, non saprei cosa dirti. Un giorno, o meglio, un attimo c'è, l'attimo dopo non so chi ho davanti. È la persona meno stabile che io conosca.»
«Ottimo!»
«Scusami?»
«Considerando che tu sia la più stabile, precisina, maniacale, PEDANTE donna che io conosca, siete proprio in perfetto equilibrio!» Scandisce il climax di aggettivi picchiettando con l'indice il palmo della mia mano, riuscendo a farmi sorridere di me stessa.

«Sono proprio un disastro eh? Beh, però guarda che gente attiro... Diego, ok è di parte lo so, Laura, diciamo Elena, te... non sono messa troppo bene se per bilanciarmi ho bisogno di ben quattro persone come voi!»

Scoppiamo in una fragorosa risata consapevoli entrambe del gran caos che porto al mio seguito. Ci scambiamo una fugace occhiata osservando il pallino giallo dell'imbarco che comincia a lampeggiare nel display in alto, sancendo l'ora del nostro saluto.

«Non opprimerti di lavoro, e fatti sentire quando potrai.» Scocca un bacio sulla mia guancia mentre io la avvicino a me stringendola forte, per un attimo sento il suo corpo contrarsi come se avessi portato via quel briciolo di respiro che stesse trattenendo per l'emozione. «Dobbiamo salutarci per forza? Stringimi e basta...» Ammetto con un filo di voce, immersa tra i suoi capelli castani.

«Ti voglio bene maniaca del controllo.»
«Anche io, piccolo disastro assicurato.»

****
Il mio viaggio di ritorno verso casa, lungo solo una ventina di minuti, è animato dal suono della voce di uno speaker radiofonico che menziona un altro orrendo stillicidio che ha tormentato oggi la città. C'è stato l'ennesimo scontro tra forze dell'ordine ed il clan, stavolta però all'interno del centro commerciale vicino l'ospedale.

Le vittime non hanno ancora un numero definito ma la cifra sale senza pietà sopra i venti, civili, poliziotti e criminali. Ricordo le scene in spiaggia con Laura, ricordo la pioggia di corpi inermi senza senso. Lotte inutili, ideali senza patria contro chi invece, della propria vita fa una missione di pace. Allora perché, una volta esalato l'ultimo respiro, per terra immobili sembravano solo tutti fatti dalla stessa carne?

Neanche stasera né l'ospedale né la città faranno sogni tranquilli.

****

Lo so, è il mio unico giorno libero settimanale.
Lo so, potrei fare così tante cose da non avere il tempo di ricordarmi neanche di mangiare.
Sì, so anche che restare immobile con una penna in mano davanti un foglio bianco stropicciato dal vento non sembri essere il massimo.

Ma cosa ti resta quando la sera, dopo che hai già organizzato la tua vita ed i tuoi impegni, sistemato sia casa che il bucato, a meritare una passata di vernice bianca sia la tua anima?
Resto immobile sul divano, con l'immagine intorpidita di me stessa riflessa sulla vetrata mentre si mischia con la visione della scogliera di fronte a me, a scrivere mattone per mattone la speranza in un cambiamento.

Sogno luoghi immuni dalla bestia feroce.
Viviamo in posti gelidi, perché sì sa, il ghiaccio brucia più del fuoco.
Gelido è, lo sguardo incurante degli uomini che osserva il lento sgretolarsi della società.
Millenni passati a portare la civiltà, sradicando amore e vite senza aver cura di tenerne da parte i bulbi.
Come in un'aberrante quotazione di borsa, l'uomo distrugge in un attimo tutti gli sforzi costruiti con sangue e sacrificio altrui. Se questa è civiltà, se questa è la condizione a cui aspiravamo quando ignari ed ignoranti imparavamo a memoria l'alfabeto, allora avrei tanto voluto restare bambina.

Ripongo speranze nel cassetto come fossero vestiti preziosi da utilizzare la domenica per le circostanze speciali. Carta e penna sul tavolino, stanotte voglio addormentarmi sul divano gettando gli ultimi sguardi speranzosi sul mare.

Sono passati due giorni già da quando tengo al collo lo strano ed eclettico ciondolo, ma di Elena non ho avuto altre notizie. Stavolta non ho regolato bene la taratura della mia bilancia, non so se rimanerci male o se invece, pensare a lei sotto un'altra prospettiva. La prospettiva di una poliziotta che vive una vita frenetica più del dovuto. Ho sempre e solo pensato alla mia parte, alla mia di prospettiva tirando l'acqua solo al mio mulino senza guardare se il suo invece, avesse almeno un po' d'acqua.

Non deve essere facile per lei vivere in quella costante guerra, non avere momenti tranquilli, non mi viene neanche troppo strano adesso pensare al suo carattere forgiato da questa terra proprio come il mio ormai.

Questi giorni con Sara mi hanno fatto capire una cosa, qualcosa che difficilmente riesco a tenere a mente da sola: il mondo a volte, è bello proprio quando ci si dimentica di fare troppo affidamento ai pensieri, senza agire di istinto.

So che non è da me pensare una cosa simile, ma sarà forse l'ora giusta di azzardare? Di non trattare,  e di non pormi nessuno schema prestabilito. 
Per una volta nella mia vita ho intenzione di vivere, senza freni inibitori. Non so bene ancora come né quando iniziare il mio nuovo modus operandi  ma sono sicura che sarà la scelta migliore.

Ho aspettato, meditato e osservato tanto per chiedere un cambiamento altrui, di Elena, del mondo, della città, perfino nella diligenza dei miei colleghi a lavoro e dei concittadini, ma non mi sono mai davvero focalizzata su me stessa. Io che sono così decisa e stabile nelle mie fermezze, in fondo adesso mi sono resa conto di quanto siano smantellabili facilmente con un piccolo tocco di mistero, o uno sguardo grigio e profondo.

L'isola senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora