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Il professore continua a parlare alla radio mentre tutti lo ascoltiamo attentamente. 
Cerco di restare calma, ma per quanto io possa essere definita una rapinatrice, la rapina più grande che ho fatto fu alla Zecca. 
So essere razionale, competitiva ma mia sorella rischia la vita e il piano sta andando a rotoli.
E' come uno di quei sogni che fai, sai di star sognando e per quanto di vorresti svegliare non ci riesci. Rimani li, intrappolato tra quelle pareti che formano la tua mente, il tuo cervello.
E adesso mi sembra di star vivendo un sogno vero e proprio. 
Un sogno bruttissimo che vorrei finisse subito. All'istante. 
E per quanti pizzicotti mi possa dare sul braccio, ogni singola volta, fa male. Questo non è un sogno.
Questa è la fottuta realtà. Questa è la mia fottuta vita con tutte le sue difficoltà.
Con tutti i pregi e i difetti.

Non riesco a stare attenta, non riesco a gestire le mie emozioni ma da fuori sembro attenta, quasi un soldato intento a tenere sotto controllo tutta la situazione.

"Ascoltate il rischio che corriamo ora con Gandia fuori dal nostro controllo è che contatti la tenda e si mettano d'accordo con un attacco coordinato dall'esterno e dall'interno." Queste parole mi fanno risvegliare dal mio stato di trance.
"Qual'è il piano?" Chiede Berlino.
Ci sono attimi di silenzio. Di estremo silenzio.
"E' un assassino." Dice soltanto. Le mie labbra rilasciano l'aria che avevo nei polmoni con estrema lentezza.
"Avete trovato l'armeria?" Chiede poco dopo.
Nel suo tono di voce si può percepire frustrazione. Ma credo che qui dentro lo siamo un po' tutti.
"Non ancora, non si trova da nessuna parte. L'abbiamo cercata ovunque." Interviene Tokyo.
"Non so dove sia l'armeria, ma le manette erano in biblioteca." Dice Bogotà tenendo tra le mani le manette che si è tolto Gandia. "Quello stronzo se le è tolte da solo."
"Di fronte al minimo rischio agite con determinazione. Solo per autodifesa... ma con determinazione. Non esitate un solo secondo, perchè lui non esiterà." Fisso mia sorella, Tokyo, Berlino...  "E' un ex-combattente senza scrupoli, agirà a dovere. Senza pietà. E sta cercando di uccidervi uno ad uno." Dice.
"Cosa farai al centro di comando?" Chiede Berlino attraverso la radio.
"Gli legherò le loro mani, impedirò loro di rompere la tregua che abbiamo... E successivamente gli mostrerò che non siamo mai stati meglio."
"Cosa dobbiamo fare?" Chiede Tokyo alla radio.
"Dovete stanare Gandia. Dovete trovarlo. Non ho occhi dappertutto."
"Dobbiamo controllare i seminterrati." Mormora Tokyo.
"Esattamente."
"Verrò io." Dico rivolta verso Tokyo che annuisce.
"No, tu non andrai." MI dice Berlino con voce autoritaria.
"Si, andrò." Rip0eto autoritaria anche io.
"E' rischioso." Mi dice guardandomi attentamente.
"E' rischioso per me come lo è per Tokyo o come lo è per Helsinki." Con una smorfia tenta di rispondermi ma non riesce poiché viene richiamato dal professore:" Andranno Tokyo e Parigi insieme, e Helsinki da solo." Il professore a soddisfare tutti i desideri di Berlino in quanto a precauzioni.
Non può pretendere che io me ne stia con le mani in mano.
"Bene." Dice prima di chiudere il collegamento momentaneamente.
Disponiamo di tre auricolari per parlare con il professore.
Berlino mi porge un fucile e mi porta in un angolo. Sa che non abbiamo tempo ma non si farà scrupoli a farmi una ramanzina, seppur minuscola, sul fatto della sicurezza, della mia incolumità.

"Devi stare attenta." Mi dice.
"Lo so, starò attenta." Dico lasciandogli una carezza sul viso.
ferma la mia mano con la sua, ed un sorriso leggero mi si forma sulle labbra. Chiude gli occhi, beandosi per un attimo del calore che la mia mano gli porge... O forse sta solo pregando Dio che tutto andrà bene.
"Andrà tutto bene Andres." Sussurro chiamandolo per nome.
"Tu devi stare attenta... Lui è un figlio di puttana più fregarvi voglio scender-" Lo fermo sul nascere.
"Tu non verrai. Hanno bisogno di te, tutti. Non posso lasciare che tu venga se succede un casino di sopra chi ci sarà?" Mi guarda sapendo che ho ragione.
"Stai attenta, ti prego."  Dice guardandomi negli occhi.
"Starò attenta, promesso." Mi lascia un casto bacio sulle labbra prima di mettermi l'auricolare con cura.
"Ci vedremo prima che tu possa accorgertene." Gli sibilo all'orecchio prima di superarlo e raggiungere Tokyo.
Annuiamo e ci dirigiamo verso i sotteranei.

"Tokyo nessuna traccia di Gandia al primo piano, Stoccolma e Rio hanno controllato. I miei punti ciechi sono i sotteranei.
Helsinki quello a est, voi due quello a ovest." Ci addentriamo nel corridoio buio e freddo. Sembra il set di un film horror.
Copro le spalle a Tokyo che si dirige verso il 'vicolo cieco' la raggiungo non appena sento il professore dire a Tokyo che ha perso i segnali di tutte le telecamere. Controllo il pannello con tutti fili... 
"I fili sono staccati, rotti." Dico.
"Siete soli." Dice.
Io e Tokyo ci guardiamo. 
Siamo soli.

La polizia, nel frattempo, stava lasciando otto paelle, quattordici filoni di pane e due casse di vino alla porta.
Sembra l'inizio di una festa, ma dentro ognuno di noi sapevamo che stavamo andando in contro ad una guerra. E' un po' come le olimpiadi. Tutte le guerre si fermavano, per vedere dei giochi sportivi.
Qui, sta accadendo lo stesso. 
La paella, il vino... Un modo, ideato dal professore, per guadagnare tempo.
Un modo per cercare di non farci uccidere.
Un modo per riuscire, o almeno tentare, di uscire vivi.

Continuiamo comunque a guardarci intorno. La paura sta prendendo il sopravvento.
Cerco di chiamare il respiro mentre sento una morsa stringermi lo stomaco.
Saliamo di nuovo, dopo aver constatato che Gandia non si trova nel seminterrato.
Sembra essersi volatilizzato.
Sparito. Puff!!
Come se niente fosse. ma le persone non spariscono senza un motivo.

Mentre salgo le scale sento la nausea salire. Non ora.
Non adesso. 
Cerco di reprimere ogni conato di vomito, ma sono costretta a fermarmi. Un lieve strato di sudore mi ricopre la tempia e la asciugo con il dorso della mano.

"Cosa succede Parigi?" Mi chiede Helsinki.
"Cazzo..." Sibilo.
"Parigi. Riesci a camminare?" Annuisco e barcollante mi portano nella stanza di Nairobi indaffarata con Bogotà.

"Parigi? Sei bianca come la carta cosa succede?" Mi chiede mentre Paquita, sotto ordine di Berlino che è entrato come una furia, mi sta misurando la pressione.
"Sto b-bene... Ho solo bisogno di..."
"Di riposare. E non ti muoverai di qui finchè non lo deciderò io." Risponde Berlino.
"Sto bene." Dico sicura di me stessa."
"No, non stai bene. Stai male. Non andrai avanti a lungo così. Stai qui e non ti muovere o farai la fine di Palermo intesi?" Chiede con tono duro e puntandomi un dito.
Annusco ma sento parlare il professore all'auricolare che ancora non ho tolto.
Mi alzo barcollante in piedi come se potesse aiutarmi a sentire meglio.

"Tokyo... Mi senti?" La risposta di Tokyo arriva sussurata ma udibile.
"Si..." Risponde.
"Gandia gira armato, ha una panic room." Dice. "Vi vede sa dove siete in ogni istante. Devi riunire tutti." 
Il respiro mi si blocca e subito dopo il chiamare incessante del professore.

"Gandia ha una panic room. Ci vede tutti." Dico prima di veder uscire Berlino seguito da Bogotà.

°♡°
Eccoci qua!
Finalmente dopo tanto sono riuscita a pubblicare di nuovo.
Scusate gli eventuali errori di scrittura.

Curiosi di sapere cosa succederà?
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo, ma anche cosa pensate che potrebbe accadere nei prossimi capitoli!!!
Sono molto curiosa, lo ammetto.
🙈

Firmato
Animanera🖤


Molto meglio dell'oro.- Berlino Y Parigi./La casa di carta.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora