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Sono nella stanza della biblioteca del monastero.
Manca meno di una settimana al colpo.
I monaci mi hanno dato qualche sguardo veloce senza parlarmi. Chissà se ci sono gli stessi di cinque anni fa quando Andres ha comprato questo posto?
Prendo un libro sembra interessante ma è totalmente in italiano. D'altronde siamo in Italia, fuori Firenze cosa mi aspettavo?
Mi do della scema mentalmente per questo mio discorso mentale contorto.

*flashback*
"Andres. Sei qui." Dico vedendolo a studiare il piano. Nelle ultime settimane non parliamo molto, anzi ci vediamo solo quando facciamo lezione per ripassare il piano e la sera quando andiamo a dormire dove ci scambiamo solo la buonanotte.
Non so cosa gli stia succedendo, ma so che ce l'ha con Sergio, il fatto che non si fida di lui deve averlo segnato nel profondo, davvero.

"Si, a quanto pare." Mi risponde privo di emozioni mentre continua a stare davanti alla lavagna nera piena di numeri e frasi.
"Possiamo parlare?" Gli chiedo.
"Adesso ti sembra il momento giusto per parlare dei tuoi problemini da adolescente?"
Una fitta al cuore colpisce in pieno il petto.

"Come scusa?" Gli chiedo sperando di aver capito male, o almeno che si rimangi le sue parole.
"Non ho tempo per i tuoi problemi. Ne ho alcuni molto più grandi che stare dietro a te."
"Andres..." Le lacrime cominciano a rigare il viso.
"Ho bisogno di stare da solo. Il piano non è solo un passatempo ci serve per salvare Rio.
Hai capito questo punto del piano, vero? E se non è perfetto per Sergio probabilmente gli faranno fumare tutte le cellule del cervello con le torture."
"Cosa ti sta succedendo?" Gli chiedo vedendolo mentre si gira verso di me.
"Nulla. Ho bisogno di stare da solo."
"Andres aspetta..." mi interrompe dicendomi:"Voglio una pausa."

Eccola lì.
Una frase, tre parole dette guardandomi negli occhi con la conseguenza pari ad un colpo di pistola.
Questo non è l'uomo che conosco.

"Io... ok." Dico solo.
Sono stanca sono tre settimane che provo a parlargli e probabilmente è questo che vuole dirmi da settimane.
Esco dalla stanza per poi andare in quella mia e di Andres, o meglio solo sua, prendo tutti i vestiti che ho.
Il cambio repentino di umore di Andres mi ha destabilizzato.
Non sono lucida, lo so. Ma non ho la forza per contestare.

*Fine flashback*

Prendo i pochi cambi che mi serviranno per oggi e domani, poi più avanti il resto. Alla fine mancano solo sette giorni.
Butto le mie cose nella camera di Nairobi ed Helsinki.
Non chiederò a nessuno dei due di lasciarmi la camera, troverò un posto.
Questo monastero è così grande.

"Parigi."
"Tokyo cosa ci fai qui?" Chiedo vedendola sulla soglia della porta.
"Ho sentito discutere te e Berlino prima. Passavo e non ho potuto più evitare." Mi dice.
"Beh allora... sai tutto, non ti devo dire nulla."
"So come ti senti. Non è bello essere lasciate così e la colpa è solo mia."
"Ma cosa stai dicendo?" Domando vedendola guardare a terra.
"Non faccio altro che combinare casini. Non dovevo andarmene dall'isola."
"Senti." Comincio a parlare sedendomi vicino a lei. "La colpa non è la tua. Anche io sarei impazzita su quell'isola.
Chi non sarebbe voluto andarsene?" Domando.
"Era il suo, anzi, il nostro sogno andare su quell'isola." Mi dice guardando a terra.
"Un sogno è bello se dura mesi, forse un anno ma poi stufa."
"Forse hai ragione." Mi dice.

"Sai da quanto tempo non faccio serata con un amica?" Gli domando.
"Da quanto?" Mi chiede guardandomi negli occhi.
"Tre anni, ad eccezione delle serate passate da sola avere tequila con Raquel.
Troppo tempo è passato." Si distanzia un po' da me cominciando a dire:"Non possiamo risch-"
"Ascoltami. Una cosa pulita. Andiamo beviamo, balliamo un po' e torniamo zitte zitte." Le dico.
Ho bisogno di svagare, di divertirmi... Di dimenticare per quanto questo possa essere difficile.
"Parigi..." Sembra insicura. Non vuole buttare via il piano per uno stupido errore.
Ma staremo attente.
"Ti prego. Ti giuro che torniamo presto." Gli dico.

So che è una cazzata ma è l'unica cosa che ho voglia di fare è non lo possiamo di certo fare qui dentro con altre persone e non ci che adorano Dio offrendogli canti gregoriani, e amano il silenzio.

"D'accordo. Quando tutti sono nelle camere usciamo.
Alle tre siamo di nuovo qui." Mi dice con tono autoritario.
Non sono il tipo a cui piace fare serata, ma con Tokyo è diverso e inoltre dopo la rapina alla Zecca non ho fatto più stronzate con le amiche, amiche equivale a mia sorella ma insieme facevamo per mille.
"Ci sto." Dico riprendendo i vestiti e portarli in camera di Tokyo.

---
"Me lo devi." Intimo contro Nairobi.
"Cosa ti devo? La tua stupidità è così..." La fermo.
"Nairobi ti prego. Alle tre saremo qui promesso." Dico incrociando le mani e stringendo le mani.
"Alle una e mezza, massimo le due."  Ci  dice guardando me e Tokyo.
Avevo intenzione si portare anche lei ma ha rifiutato subito, neanche sotto rassicurazioni si è lasciata andare.
"E va bene." Dico.
"Sappi che se solo tardate di un minuto non vi copro." Ci punta il dito ma la sorpasso e puntandogli le braccia al collo gli stampo un bacio in guancia lasciandogli il segno del rossetto che ho messo.
Sono le dieci e noi stiamo sgattaiolando fuori dal monastero cercando di fare meno casino possibile.

Stasera voglio divertirmi.

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E' mattina, l'alba sta per sorgere e tra le due Tokyo è quella più sobria.
Ha mantenuto il  controllo per evitare brutti incontri e spiacevoli situazioni.
Ci chiudiamo nella sua camera e crolla in un sonno profondo. Mentre io non faccio altro che chiudere gli occhi, e riaprirli.
Mi alzo e prendo il mio giacchetto, esco fuori con un pacchetto di sigarette tra le mani e un accendino, rubato a Tokyo.

"Cazzo... Che male..." Sussurro a me stessa, prendendomi tra le mani la testa che non fa altro che ricordarmi quanto sia bello sballarsi, ma quanto poi durino i post-sbornia.
Mi accendo una sigaretta pur sapendo che questo non migliorerà la situazione.
"Cosa ci fai qui?" La voce inconfondibile di Berlino arriva alle mie orecchie.
"Merda." Sussurro. "Cosa te ne potrebbe importare?" Gli chiedo retorica.
"Vi ho viste rientrare. Ti pare il caso di mettere in pericolo così il piano?" Mi dice severo Andres che in parte non ha tutti i torti.
"Senti non ho bisogno di te che mi fai la ramanzina. Non me le ha mai fatte nemmeno mia madre." Dico schietta. "Dovresti andare a dormire." Mi ricorda.
"No, non posso andare a dormire. Vuoi sapere perchè?" Gli chiedo saltando giù dal muretto per poi calpestare il mozzicone della sigaretta.
"Perchè ogni volta che chiudo gli occhi vedo te. Sono uscita è vero. Mi sono ubriacata? Si. E tutto questo non ha fatto altro che farmi ricordare te. Te e solo te."
Dico sfogandomi e accorgendomi che delle lacrime stanno fuoriuscendo dai miei occhi stanchi.
Ormai è una situazione normale. "Non dici nulla?"
"Io-... Beatrice..." Non finisce la frase che gli dico:" Non dire nulla anzi." Dire che in questo momento mi sento lunatica è dire poco.
"Cercami solo quando avrai fatto pace con il cervello, perchè sai... In tre anni io non ti ho mai mentito. Tu invece non riesci a dirmi cosa ti succede." Gli dico senza barriere nelle mie parole.
"Ho paura! Paura che con questo piano folle tu possa rimanerci. Il piano l'ho ideato io, e se qualcuno dovesse non farcela cosa credi che dovrei pensare di me stesso? E' come se ti stessi portando al macello. Al suicidio di massa." Si sfoga.
"Tu non mi stai portando al macello." Dico con tono di voce molto più basso rispetto a quello usato di lui. Sono scioccata da quello che pensa.
"Ho paura di perderti." Rivela
"Non mi perderai. Insieme ce la faremo. E poi staccheremo da tutto e tutti, ci prenderemo una casa e vivremo li insieme per tutta la nostra vita." Gli dico per poi baciarlo.

La sua era solo paura di perdermi.

°♡°
Ehilà!
Piccolo spoiler...Dal prossimo capitolo avrà inizio la rapina.

REVISIONATO

Firmato
Animanera🖤

Molto meglio dell'oro.- Berlino Y Parigi./La casa di carta.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora