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"Vieni con me, andiamo." Berlino mi prende e mi porta in un ufficio a caso.
Le lacrime non accennano a fermarsi.
Mi appoggio alla scrivania meno lavorata rispetto alle altre, segno che quest'ufficio si trova più in basso nella scala gerarchica della della Banca.
"Ehi." Lo sento chiamarmi, ma sono troppo impegnata a cercare di prendere aria senza riuscirci. L'aria non entra nei polmoni. Percepisco tutto in maniera più forte.
Che sia questo un attacco di panico.
Metto la mano destra sul petto, potrei svenire a un momento all'altro. Delle macchioline bianche luminose e nere mi offuscano la vista. 
"I-Io n-non mi sento bene." Dico balbettando.
Con un gesto fugace mi è vicino e mi fa sedere su una poltrona, prende al volo una bottiglietta d'acqua.
"Bevi." Dice autoritario.
"N-non riesco." Dico cercando ancora di prendere aria. Tutto intorno a me gira vorticosamente.
"Si che ci riesci. Sei forte." Mi avvicina la bottiglietta e mi aiuta a bere.
L'acqua placa un po' la sensazione del non sentire l'acqua che mi scorre in bocca.
Tiro un grande sospiro mentre continuo a tremare e cercare di prendere aria.
"Conta con me. Ok?" Dice e comincia a contare. "Uno... due... tre..." Si blocca e dice:"Devi aiutarmi a contare."
"N-non ci riesco."
"Si, ci riesci. Sotto sotto sono sicuro che sta contando anche il nostro piccoletto." Dice mettendo una mano sul ventre.
"Lei non c'è più... io-" Mi blocca e dice:"Ora pensa a contare con me. Ok?" Annuisco tremante.
"Uno." Dice e aspetta che io lo ripeto e va avanti così fino a cinquanta. E' stato così paziente e comprensivo che nemmeno lo riconoscerei se non lo conoscessi come lo conosco ora.
"Vedi. Ora stai già meglio." Incredibilmente mi accorgo che il mio respiro si è placato.
Ho iniziato a contare con lui e ora sono calma, anche se calma non è quello che sento dentro di me.
"Grazie..."  Sussurro e lui sorride lasciandomi un bacio in fronte per poi stringermi al suo petto così dolce, così caldo, così... casa.

"Dove stai andando?" La voce di Lisbona mi arriva alle orecchie e mi giro.
"Alla fonderia." Dico sicura di me stessa.

Il tempo passato con Berlino mi ha aiutato molto. La mia testa è una parte con Nairobi. Penso a lei e come sarebbe avere almeno un suo ultimo abbraccio, L'altra parte ora è qui. Nel presente e pian piano tornerò razionale.
Sentirò questo vuoto? Probabilmente si. Ma sarà compito mio colmarlo, non del tutto altrimenti sarei una stronza insensibile senza un cuore ma solo un po'. Quel tanto che mi permetterà di vivere nel suo ricordo. Anzi con il suo ricordo sempre di fianco a me.

"Sicura di stare bene?" Mi giro e la vedo scrutarmi con faccia seria.
Me la ritrovo a un palmo dal viso e per la prima volta una risatina spontanea mi esce dalle labbra.
"Sto bene, te lo giuro. Non benissimo ma bene." 
"Era un sorriso quello?" Chiede sorridendo a sua volta.
"Forse." 
L'ascensore ci sta mettendo un po' così metto il dito per l'ennesima volta sul tasto per chiamarlo.
Mi rigiro e vedo Lisbona chinarsi e parlare al ventre, al piccolo e dire:"Visto? Siamo riuscite a far sorridere la mamma." 
Questa scena mi fa piangere il cuore, lo sento martellarmi nel petto.
"La zia Lisbona ti vuole tanto bene, o meglio la zia Raquel ti ama alla follia e non vede l'ora di scoprire se sei un maschietto o una femminuccia. Ammetto che una bella ragazza non mi farebbe schifo, ma anche un bel maschietto lo accetterei. Ti amerei comunque dobbiamo solo far sorridere la mamma così che stia meglio. Mi aiuti?" Annuisce per poi alzandosi di nuovo in posizione eretta e guardandomi dice:"Mi dispiace per te ma ha detto assolutamente di si, devi essere felice. Quando sorridi sei una persona migliore, sei più bella.
Ti sembrerà una frase fatta ma... Il sorriso è la miglior arma del mondo per combattere tutto e tutti. Perciò sorridi. Sorridi sempre.
Annuisco sorridendo e la attiro in un abbraccio forte per quanto sia debole, per via della spalla.
"Solo se prometti di sorridere sempre anche tu." Dico staccandomi leggermente.
"Sempre." Sorrido e l'ascensore interrompe il momento aprendo le sue porte. Entriamo e premo il tasto che porta direttamente ai piani inferiori.
una volta che si apre la porta tutti coloro all'interno della stanza si fermano guardandomi. Scrutandomi.
Ultimamente vengo presa sotto l'occhio altrui troppo spesso. Tutti mi guardano troppo, o forse è solo una mia impressione.
Metto un piede fuori dall'ascensore trasportando anche l'altro dietro di me.
Tutti lavorano in silenzio, l'unica a parlare è Stoccolma che da gli ordini. In un angolo della stanza vedo seduto Bogotà e al suo fianco Berlino che gli posa una mano in spalla stringendo leggermente.
Matias si avvicina abbracciandomi e stringendo leggermente.
A poco a poco vengo abbracciata da tutti gli altri 'Manteca Colora', i fonditori d'oro preferiti.
I buenos chicos.

"Beh che cosa sono tutti questi abbracci? Per chi mi avete presa un peluche? A lavoro forza chico! Nairobi non sopporterebbe questo mortorio e onestamente nemmeno io. Non voglio quei musi lunghi. Dio, se solo fosse qui starebbe urlando pur di farvi muovere!" Dico. Mi avvicino allo stereo asciugandomi due lacrime. 
Sto per accendere lo stereo quando mi fermo e girandomi dico:"Non voglio sembrare menefreghista ma lei non vorrebbe questo. Lei non vorrebbe questo paesaggio morto. 
Vorrebbe un paesaggio decorato di tutti colori, sfumature comprese. 
Non è questo il momento per piangere, anzi ricordiamola con il suo umorismo sempre ottimista, ok?" Alcuni annuiscono e poi avvio la musica e tutti si mettono a lavoro, con un po' più enfasi di prima.
Stoccolma comincia a viaggiare qua e la. Questo è ciò che lei vorrebbe, e poi dobbiamo uscire prima possibile. 

Berlino mi si avvicina con una faccia cupa dicendo:"Parli tu con Bogotà?"
Mi volto verso Bogotà, è ancora fermo in un angolo a rigirarsi tra le mani la collana, o meglio quella che Nairobi ha trasformato in una collana, quella con l'occhiello ingranditore.
Mi volto verso Berlino e gli rispondo:"Ci penso io." 
Mi sorride comprensivo e mi lascia un bacio sulla fronte per poi lasciarne uno a stampo. 
"Devo andare ad aggiornare il Professore, mancano poche tonnellate d'oro e tra poco cominceremo a farlo uscire." 
"Certo, vai. Qui ci penso anche io."
"Basta che non ti affatichi troppo." 
"Non mi affatico, ci vediamo dopo. Ok?" Domando mettendo il becco come a convincerlo ancora prima di sapere la risposta.
"Ma certo, che domande." Sorrido e lui si allontana entrando nell'ascensore.

°♡°
Ma buonasera!
Con questo capitolo vi auguro una buona domenica, spero che vi piaccia!

FirmatoAnimanera🖤

Molto meglio dell'oro.- Berlino Y Parigi./La casa di carta.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora