Capitolo 62

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Emma
<Alla fine di questa corsa ad ostacoli, sapremo chi ha ottenuto il miglior punteggio e chi, invece, dovrà abbandonare questo posto e tornare a casa>, afferma il comandante guardandoci ad uno ad uno come al solito.
Con gli occhi che vogliono entrarti dentro e con le parole che non ho ben capito se servano per abbatterci o per caricarci.
<Oggi è un giorno importante per voi ed io non lo sprecherei>, conclude dopo averci parlato come ogni mattina.
<Buon lavoro e date il meglio di voi stessi>, ci saluta alzando la mano per poi andare via e lasciarci come sempre con i sergenti che non aspettano altro che farci sudare.
<Allora, questo percorso ad ostacoli è uno dei più difficili...il tempo massimo per arrivare alla fine è di dieci minuti, chi oltrepasserà questo tempo riceverà punti in meno nella classifica>, ci spiega ed io mi trovo ad annuire sapendo perfettamente che la mia posizione non è delle migliori e sapendo anche se che non do il meglio di me stessa in questa prova, probabilmente dovrò andarmene e ritornare sotto la gabbia dei miei genitori che non aspettano altro che quello: che io torni con la coda tra le gambe e che dica loro di essermi sbagliata.
Ma quelli che si sbagliano sono loro.
Da quando sono qui, non hanno accennato nemmeno ad una chiamata, ad un messaggio...ecco come ci si accorge che per le persone forse non siamo poi così tanto importanti come credevamo.
Come si dice: lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Che poi a dirla tutta, io non credo di aver avuto nemmeno per un solo secondo il loro cuore.

<Em...?>, mi chiama Marine dandomi una gomitata.
Scuoto la testa e gli occhi e mi ritrovo il sergente Brown ad un metro di distanza con le braccia dietro la schiena e lo sguardo che mi trafigge.
<Le è stato spiegato che ogni qualvolta vi si chiede qualcosa è giusto che voi rispondiate?>, mi domanda con ancora la testa da un'altra parte.
Socchiudo le labbra e guardo per un secondo alle sue spalle vedendo il sergente Scott che mi fa un piccolo cenno con il capo.
<Mi scusi>, mormoro tornando nei suoi occhi che adesso mi guardano con odio e non come questa mattina con una sorta di tranquillità.
<È scesa di due posti nella classifica adesso>, mormora voltandosi per tornare al suo posto.
<Ero già all'ultimo, dove sarò adesso? Sotto terra?>, ribatto avendo il coraggio di dire la mia per una volta.
Osservo le sue gambe fermarsi e le sue spalle irrigidirsi; Marine al mio fianco che mormora qualcosa di incomprensibile e Johanna che invece cerca di ridere silenziosamente.
<Andate al percorso, tutti>, afferma il sergente Blue che ho saputo da Marine che si chiama Patrick.
<Andiamo prima che ti dicano qualcosa>, sussurra Marine afferrandomi il polso e facendomi camminare velocemente nella direzione opposta.
<Dove crede di andare lei?>, domanda una voce bassa e forte alle nostre spalle.
<Mi sa che ti ha vista>, ribatte la bionda al mio fianco con il capo basso.
<Vai pure, tanto rimarrò qui solo qualche altra ora>, commento alzando gli occhi al cielo.
Mi volto ed il sergente se ne sta con le mani in tasca nel punto dove l'avevo lasciato.
Tutti sono andati al percorso ed io non so perché devo aspettare, anzi lo so.
Per una volta che dico la mia, mi dovrò ritrovare anche con il rimprovero.

Cammino non molto decisa nella sua direzione e mi fermo con un piede davanti all'altro e con le mani legate dietro la schiena.
<Sotto terra ci abitano solo i morti, e mi pare che lei abbia tanta vita ancora da affrontare>, afferma chiudendo a pugni le mani in tasca.
Lo capisco dal tessuto che si stende sopra la sua pelle e capisco che non è per nulla sereno quando serra la mascella.
<Non volevo...>, sussurro un po' dispiaciuta bloccando il flusso di parole nella mia gola.
<Non voleva, cosa?>, chiede abbassando le spalle rilassandosi.
<Offenderla>, ammetto piegando la testa di lato per qualche secondo.
La luce del sole è calda sui suoi capelli scuri, sulla sua pelle non tanto chiara e pallida ed è illuminante nelle pupille che si riempiono di lei quando volta il viso verso destra.
<Non sono permaloso, è stata fortunata>, mormora respirando a fondo per poi far tornare gli occhi su di me che sembro così indifesa davanti alla sua statura decisa ed imponente.
<Venga>, afferma poi camminando verso l'entrata della struttura.
<Eh...non devo fare il percorso anche io?>, chiedo rimanendo ferma qui in questo punto.
<Dal non parlare mai, adesso discute su tutto?>, domanda non fermandosi nemmeno per vedere se lo stia seguendo o meno.
Forse se faccio quello che dice, potrei conquistare punti.
Corro nella sua direzione quando scompare dietro la porta, cammina spedito e deciso verso destra e spero davvero che non mi stia portando a compilare qualche documento per il rilascio.

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