Capitolo 43

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Thomas
<Già sveglio?>.
Noah mi raggiunge sul balcone stropicciandosi gli occhi e arruffandosi i capelli.
<Si, ho dormito poco>, rispondo continuando a guardare il cielo che inizia a riscaldarsi grazie al sole. Nessuna nuvola in cielo, solo un'aria fredda che pizzica la pelle.
<A che ora sei tornato?>, chiede ancora poggiandosi alla ringhiera del balcone.
<Saranno state le quattro, più o meno>, dico alzando sulla testa il cappuccio della felpa.
<L'hai vista?>.
Si volta verso di me e mi guarda come se stesse aspettando questa risposta da tanto.
<Si, alla fine è arrivata ed io mi ero addormentato in macchina>, spiego passandomi una mano su tutta la faccia. Sono davvero stanco.
<E c...>, inizia mio fratello ma lo interrompo sapendo già cosa voleva dire.
<È andata male all'inizio, abbiamo iniziato a litigare, ma poi penso che si sia risolto tutto>, continuo a spiegare poggiandomi di spalle alla ringhiera.
<L'hai baciata?>, chiede sorridendo.
<No, penso che fosse meglio chiarire prima>.
Quando l'ho vista lì davanti alla mia macchina, mi è sembrata la ragazza più bella di sempre.
Sentivo bruciare il suo sguardo addosso.
Sentivo come se mi volesse distruggere.
Ho cercato di spiegarle come stavano le cose, ho cercato di aprirmi con lei, ho cercato di farle capire che per me non è una passeggiata avere a che fare con i sentimenti. Potrei costruire qualcosa in un anno e poi distruggerlo in un secondo.
Senza capire nemmeno perché.
Non posso essere egoista.
Non posso e non potevo esserlo.
Sarebbe rimasta alla base per me, ma ci avrebbe vissuto con un dolore al cuore che io non so se sarei stato in grado di far cessare.
Come poteva pensare anche solo un istante che l'avrei trattenuta lì?
<Questo pomeriggio andiamo da lei>, mi risveglia il mio gemello dai pensieri.
<Va bene>.
<Buongiorno dormiglioni>, bofonchia Kayty raggiungendoci sul balcone.
<Giorno amore>, la saluta Noah dandole un bacio a stampo.
<Buongiorno soprattutto al dormiglione principale>, continua la ragazza scherzando.
<Che vuoi di prima mattina?>, domando staccandomi dalla ringhiera e mettendo le mani nelle tasche della felpa.
<Sapere perché ti sei rigirato cento mila volte nel letto>, dice lei ridendo.
<Vado a fare una doccia, devo uscire>, affermo iniziando ad entrare.
<Dove devi andare?>, domanda Noah seguendomi.
<Vado da Maggy, o è troppo presto?>, chiedo alzando un sopracciglio.
<Vai da lei>.

Dopo aver messo un jeans e una felpa blu scuro, mi metto alla guida. Ho lasciato Coco con Noah, anche perché dormiva e non volevo svegliarla.
Sono appena le nove quando spengo l'auto davanti casa sua. Non so se sia giusto, o se mi voglia vedere.
Fatto sta che con questi pensieri sono davanti al suo portone ed ho già suonato.

La porta dopo due minuti inizia a far scattare la serratura e poi si apre, ma solo il necessario perché un occhio scuro riesca a vedere chi ha suonato.
Spalanca la porta e sorride.
<Ciao>, bofonchia con voce assonnata.
Si sarà appena svegliata.
I capelli leggermente arruffati, il viso arrossato, il pigiama di lana color verde scuro ne sono affettivamente la prova.
La guardo e penso a quanto sia bella anche in questo momento, anche appena sveglia.
<Buongiorno, stavi dormendo?>, domando rigirandomi nelle mani il telefono.
Devo tenermi occupato per non rischiare di diventare matto.
<Oh...si, ma non fa niente>, risponde lei stropicciandosi l'occhio destro.
E poi sbadiglia.
<Vuoi entrare?>, domanda indicando la casa al suo interno.
<No, eh...>, dico imbarazzato.
<Non c'è mia mamma, è andata al lavoro>, mi informa lei ridendo.
<Allora entro>, affermo quando lei si fa da parte per lasciarmi passare.
<Hai paura di lei?>, chiede chiudendo la porta e iniziando ad andare a sinistra.
<No>, rispondo guardandomi attorno.
È una casa moderna, non estremamente grande. È perfetta per due/tre persone.
La cucina è quasi simile a quella dei miei genitori. Solo che questa è di colore beige chiaro, quasi tendente al bianco. Solo se la guardi attentamente puoi notare la sfumatura del colore.
<Siediti...vuoi qualcosa?>, chiede mentre prendo posto ad una delle sedie.
<No, grazie>, rispondo guardandola prendere dalla credenza due tazze.
<Allora ti preparo del latte con caffè ed una brioche, o biscotti?>, mi domanda voltandosi verso di me sorridendo.
<Biscotti>, affermo serio.
C'è un silenzio tombale mentre lei prepara la colazione. Non so cosa dirle, perché ogni volta che mi ritrovo con lei non riesco a dire nulla? Perché sembra che la bocca mi venga cucita con ago e filo?
Mi passo una mano sui capelli e sbuffo leggermente.
<Qualcosa non va?>, domanda la ragazza avendomi sentito.
<Il lavoro come va?>, chiedo non rispondendo alla sua domanda.
Come sempre d'altronde.
<Benissimo, mi piace tanto>, dice lei entusiasta mentre mette davanti a me la tazza con la scatola dei biscotti al centro della tavola. Tra me e lei.
Tra me e lei solo una scatola di biscotti.
<Sono felice, anche se alla base si sente la tua mancanza>, ammetto riscaldandomi le mani con le pareti della tazza che sono bollenti.
<Su questo non avevo dubbi>, scherza lei sorridendo.
Prende un biscotto e lo intinge nel latte.
<E Connor? Sei andata da lui?>, chiedo curioso di come si andata a finire quella storia.
<Sono andata in due orfanotrofi ma non c'era, dovrò continuare a cercare>, risponde bevendo un po' di latte.
Guardo le sue mani sottili e delicate che stringono la tazza e la sollevano. E penso a quanto mi sia mancata questa piccola azione.
<Vuoi adottarlo?>, domando prendendo un biscotto.
Annuisce.
<Anche se credo che sarà difficile dato che sono single>, spiega lei quasi delusa.
<Posso scriverti una lettera p...>, inizio a dire guardando come la sua espressione cambia totalmente.
<Non voglio raccomandazioni, posso farcela da sola>, mi interrompe stizzita.
<Una lettera per spiegare come l'hai conosciuto, che tipo di persona sei>, mi correggo.
<So che non hai bisogno di me>, concludo abbassando lo sguardo sul latte che si muove leggermente.
<Invece si, so che hai fatto avere tu sue notizie a Noah>, continua la ragazza facendomi sollevare lo sguardo verso di lei.
<Te l'ha detto lui?>, domando come se avesse scoperto un bambino che mangia cioccolata di nascosto.
<No, l'ho capito da sola. Solo tu potevi essere così influente da sapere qualcosa>, ammette alzando le spalle.
Continua a bere il suo latte ed io faccio lo stesso, mantenendo però il contatto visivo.
<Allora sarai felice se ti dicessi un'altra cosa>, inizio poggiando la tazza sul tavolo e prendendo dalla tasca della felpa un pezzo di carta piegato su se stesso e poggiandolo sul tavolo.
<Cos'è?>, chiede lei piegando la testa di lato.
Lo fa sempre quando non sa qualcosa.
Quando è curiosa.
<Aprilo>, le spiego indicandolo con lo sguardo.
Lo afferra e lo apre, leggendo a bassa voce il suo contenuto.
<Non dirmi che...>, sussurra lei continuando a leggere quel biglietto.
<È il suo indirizzo>, affermo poggiando le braccia sul tavolo.
<Oh mio dio>, sussurra lei alzandosi dalla sedia e facendo il giro della tavola per ritrovarsi di fianco a me.
<Io...grazie>, dice sporgendosi verso di me e abbracciandomi.
Mi volto verso di lei e lascio che mi abbracci come si deve. Le sue braccia mi stringono così forte ed io ricambio.
<Non c'è di che>, dico sottovoce facendo salire la mano lungo tutta la sua schiena.
<Sei speciale>, mi dice poi allontanandosi  per potermi guardare in viso.
Sorride e mi aggiusta un piccolo riccio che era caduto sulla fronte.
<Ho fatto solo una telefonata di troppo>, spiego mantenendo le mani sui suoi fianchi coperti dal pigiama.
<Oggi posso andare?>, mi domanda battendo le mani come una bambina.
<Oggi non credo, ma lunedì sicuramente>, le spiego mettendole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. La sua pupilla segue la mia azione e poi arrossisce.
<Eh...>, sussurra lei in imbarazzo.
<Maggy...>, dico avvicinandola a me lentamente.
Lei inspira e poggia le mani sulla mia felpa.
<Io...>.
Il campanello alla porta mi interrompe.
<Scusa>.
La ragazza sparisce dietro la porta della cucina.
La fortuna c'è l'ha con me.
Non può essere.
Sento Maggy che parla con qualcuno, e mi pare che sia la voce di un ragazzo. Una voce maschile.
Mi alzo e vado verso la porta principale.
La trovo che parla, come avevo già capito, con un ragazzo.
<Ti va di uscire oggi?>, le domanda l'uomo.
<No>, rispondo al posto suo.
Maggy si volta verso di me ed il ragazzo si sporge per cercare di capire da dove provenga la voce che ha appena parlato.
<Thomas>, mi riprende la ragazza facendomi segno di tornare di là, in cucina.
Ma non ci penso neanche.
<Non sapevo avessi un fidanzato>, dice l'uomo guardando Maggy confuso.
<Adesso lo sai, ciao>, mi intrometto di nuovo cercando di porre fine a questa conversazione.
Deve essere lui il famoso Jeremy.
È molto diverso da me e se a lei piace una persona così, non le posso piacere io.
Scuota la testa per eliminare questo stupido pensiero dalla mia mente.
<Thomas>, mi richiama la ragazza lanciandomi un'occhiataccia.
Sorrido soddisfatto del fatto che adesso non saprà come spiegare questa situazione e torno in cucina a finire la mia colazione.

<Cosa pensavi di fare?>, mi chiede la ragazza tornando in cucina con le mani sui fianchi.
Aggrotta le sopracciglia e si siede al suo posto.
<Quindi quello è Jeremy>, affermo pensieroso.
<Non dovevi comportarti in quel modo>, continua lei mugugnando.
<Cosa voleva alle 9:30 di sabato mattina da te?>, chiedo alzando gli occhi al cielo.
<Chiedermi di uscire>, risponde lei senza problemi.
<E tu hai detto di no>, affermo serio.
<Sei uno scorbutico, l'hai fatto scappare>, ammette lei sorridendo.
<Meglio così>.

Maggy
<Stavo pensando...>, dico guardando Thomas che gira per il piccolo giardino.
<Mh?>, mugugna lui fermandosi poi sulla dondola.
<Questa sera potremmo andare a mangiare una pizza>, continuo un po' in imbarazzo.
<Siediti>, mi dice quasi come se me lo stesse ordinando.
Faccio come dice e porto le gambe al petto.
Il pigiama mi protegge dal leggero vento che sta iniziando a soffiare.
<Come amici?>, chiede poggiando le braccia sulle ginocchia.
Lo sguardo verso il basso e i ricciolini che svolazzano.
<Chiedi a Noah se vuole venire, voglio vederlo>, affermo senza rispondere alla sua domanda.
<Noah e Kayty, c'è anche lei>, mi spiega lui guardando me.
<Ok, beh allora è deciso...usciamo>, affermo alzandomi dalla dondola.
<Questa sera alle otto?>, chiedo mentre lui sembra su un altro pianeta.
Non risponde.
Fissa solo il terreno.
<Thomas>, lo chiamo piegandomi alla sua altezza davanti a lui.
Gli sollevo il viso con le mani e guardo i suoi occhi azzurri tempesta.
<È tutto ok?>, domando continuando a tenere il suo viso nelle mie mani.
Siamo a pochi centimetri di distanza.
<No>, risponde lui con voce roca e bassa.
<Ho detto qualcosa di sbagliato?>, domando avvicinandomi ancora.
<Noi siamo amici, Maggy?>, chiede come se questa domanda lo stesse tormentando.
<Lo so che sono stato stronzo, tante, troppe volte con te, so che non sono una persona facile da capire e da comprendere, so che...che le persone mi tengono spesso alla larga, ma i...>.
Ed è quando sento queste parole che non posso fare altro che chiudergli la bocca, non posso fare altro che fargli smettere di dire cavolate.
Lo bacio.
Chiudo gli occhi e le mie labbra si schiantano sulle sue come onde sugli scogli. È una tempesta. La nostra tempesta.
Poggio le ginocchia a terra e mi sollevo leggermente per far sì che lui sollevi il busto.
Le sue mani stringono forte la mia maglia sui fianchi.
Le mie, invece, stringono i suoi capelli.
Un bacio a stampo.
Quando mi allontano si sente solo lo schiocco delle nostre labbra.
Ma lui riprende subito il contatto.
Prende il mio viso con una mano e mi avvicina a sé con forza.
Le sue labbra si muovono sulle mie come quando l'acqua accarezza la sabbia alla sera, al tramonto.
E poi arriva la tempesta.
La sua lingua si infila nella mia bocca come se dovesse farmi sua in quel momento.
Stringe i miei capelli in una mano ed io prendo nelle mani il collo della sua felpa e lo porto verso di me.
Le nostre lingue si cercano, si perdono e si trovano.
Ci troviamo.
E non ci lasciamo.
Le labbra bruciano e fanno male.
Prende tra i denti il labbro inferiore e lo tira verso di sé, poi lo succhia e ci lascia un bacio a stampo sopra.
Con le fronti unite, riprendiamo fiato ancora con gli occhi chiusi. Le labbra calde e l'aria fredda fanno da contrasto.
Le mie dita si perdono tra i suoi ricci.
La sua mano continua a stringere la mia maglia sul fianco e non lascia la presa.
<Lo volevo>, sussurro aprendo gli occhi.
<Lo aspettavo>, sussurra mostrandomi l'oceano dopo la tempesta.

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