Capitolo 6

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Maggy
05:55
La sveglia dovrebbe suonare tra cinque minuti esattamente ma io sono sveglia già da mezz'ora.
Non so perché ma ultimamente il sonno sembra che non voglia venirmi a trovare.
Non ho fatto altro che pensare al motivo per il quale il tenente voglia vedermi al poligono di tiro.
Mi mette ansia quel ragazzo.

Dopo aver fatto una doccia fresca ed aver indossato la divisa vado a fare colazione.
La sala mensa è già piena di militari ed io prendo la mia solita tazza di latte con caffè e qualche biscotto al cioccolato. Come si dice: buona colazione non si cambia. O qualcosa del genere. Tra i tanti militari seduti, intravedo Ally seduta al tavolo con Will quindi decido di non andare a disturbarli. Dato che tutti i tavoli sono pieni e la voglia di fare conversazione è pari a zero questa mattina decido di andare dietro la base a fare colazione.
Mi siedo su un piccolo muretto con alle spalle uno dei muri della base che dà sul campo di allenamento. Porto le gambe vicino al petto e la tazza fumante di latte la avvicino alle labbra.
Tra venti minuti devo iniziare a lavorare ed ho tutto il tempo di assaporare il latte. È una delle cose che amo. È uno di quei ricordi che mi porto da bambina.
<La sala mensa è poco adatta a lei?>.
La figura alta e muscolosa del tenente si para davanti alla mia visuale.
Di prima mattina no eh.
Questo non lo posso accettare.
Non rispondo, non voglio dargli un motivo per prendersi gioco di me per far aumentare il suo ego che già ha toccato le stelle.
<Come mai fa colazione qui?>, domanda ancora sedendosi vicino a me ma sempre con una certa distanza.
<La sala mensa era troppo piena>, rispondo questa volta.
Continuo a guardare il fumo uscire dalla tazza e con l'indice contorno la tazza.
<Ha pensato a quello che le ho chiesto ieri sera?>, domando questa volta io voltando la testa verso di lui. Guardo la schiena rilassata poggiata al muro, le gambe leggermente divaricate, gli scarponi leggermente sporchi a causa della terra, la divisa mai stropicciata, i capelli ricci neri, e il profilo definito.
<Si. Perché vuole prendere il posto di Ally?>, domanda lui a sua volta senza però dirmi cosa ha deciso.
<Perché lei non è pronta, non se la sente e..e se io la posso aiutare, perché non farlo?>, rispondo concludendo con una domanda quasi ovvia.
<Sa perché non dovrebbe farlo?>, chiede guardandomi questa volta.
<Perché lo dice lei? Perché lei decide chi è pronto e chi no? Perché lei mi considera una bambina? Perché pensa che sia una raccomandata?>, dico stavolta iniziando ad alzare il tono di voce e stringendo la tazza tra le mani più del dovuto.
<Perché non voglio perdere nessuno in questa base. Perché suo padre non credo che vorrebbe sapere che sua figlia è morta in una missione per cui sa di non essere pronta>, risponde prima di alzarsi ed infilare la mani in tasca.
<Si ricordi di venire al poligono, è importante>, mi ricorda prima di vederlo andare verso il campo.
Poligono.
Si, ci vengo al poligono. Mamma che ansia.

La giornata scorre tranquillamente.
Ally mi ha raccontato che stamattina Will le ha chiesto di andare con lui in Canada nel suo periodo di riposo. Lei non sa se accettare o meno, non è convinta di quello che prova Will nei suoi confronti, ma non può nemmeno reprimere quello che prova lei.
<Saranno tre settimane>, mi spiega mentre iniziamo a pulire e disinfettare gli attrezzi usati oggi.
<Un bel po' di giorni..io andrei se fossi in te>, affermo aprendo il rubinetto e facendo scorrere l'acqua fredda sulle mani.
<E se poi non dovesse andare? Sai che tra di noi ci sono alti e bassi>, continua lei come se volesse convincersi che andare sia una cosa sbagliata.
<Se non dovesse andare sai di averci provato. Sai di aver tentato e tentare non costa nulla>, spiego iniziando a disinfettare tutto.
<Oltre Will ho anche il pensiero di questa notte>, dice riferendosi alla missione.
<Andrò io, ho convinto il tenente a darmi il tuo posto>, spiego mentre lei si volta verso di me come se quello che ho detto non fosse vero.
<Cosa? Perché?>, chiede lei avvicinandosi.
<Perché so che non te la senti e voglio aiutarti>, spiego semplicemente.
Guardo l'orario e vedo che sono già le sette di sera, devo andare al poligono.
<Adesso devo andare via, ti dispiace se continui tu qui?>, chiedo unendo le mani a mo di preghiera.
<Nessun problema e stai attenta stanotte>, mi avvisa lei dandomi poi un breve abbraccio.

Esco dalla base correndo e mi dirigo verso il poligono.
La porta di ingresso è socchiusa, sbircio sporgendomi con la testa all'interno e vedo che è illuminata da una serie di lucine lungo tutto il perimetro del tetto.
Il pavimento è in legno scuro ed è lucido.
Entro e vado verso il lungo tavolo dove sono posizionate cuffie e occhiali di protezione. Dalla parte opposta, lungo una parete parallela al tavolo, sono appesi dei bersagli.
<Signorina>, tuona una voce alle mie spalle.
Sobbalzo e mi volto di scatto con una mano sul petto.
<Non volevo farla spaventare>, si scusa il tenente iniziando a mettere occhialini e cuffie. Prende in mano una pistola poggiata sul tavolo ed inizia a sparare lungo uno dei bersagli.
Spara cinque colpi, uno dietro l'altro.
Non ho mai visto sparare nessuno e vedo con quanta concentrazione e forza tiene in mano la pistola.
Quando fa avvicinare il bersaglio verso di noi con stupore vedo che ha fatto centro cinque volte.
<Perché mi ha fatto venire qui?>, domando curiosa.
<La prenda>, dice porgendomi la pistola che ha in mano.
<Perché?>, chiedo facendo un passo indietro.
Non ho mai toccato una pistola e non voglio farlo adesso.
<La prenda, non faccia storie>, mi ordina tenendo tesa la mano verso di me.
La afferro con poca decisione e la tengo come se avessi in mano un vassoio.
<La impugni adesso>, continua lui.
<La prenda lei, io..>, cerco di dire mentre la poggio sul tavolo alla mia sinistra.
<La impugni diamine>, sbotta lui acido prendendola e mettendola velocemente nella mia mano.
Ci sfioriamo, ma quel contatto dura poco. Quasi come se ad aver messo quell'arma nella mia mano non fosse stato lui.
Faccio come dice.
<La punti verso di me>, dice ancora ed io eseguo stando attenta a non premere il grilletto.
<Spari adesso>, conclude facendo un passo avanti.
<No, lei è pazzo>, sussurro guardando la mia mano tesa verso di lui.
<Si fidi>, dice avvicinandosi ancora.
La pistola gli tocca il centro del petto.
Scuoto la testa energicamente mentre la mano inizia a tremare.
Lui la guarda e poi guarda me.
<Prema il grilletto. Lo faccia>, insiste lui.
<Lei è pazzo>, sussurro alzando lo sguardo nei suoi occhi.
<Se non spara lei, lo farò io>. Detto questo mi strappa l'arma dalla mano e me la punta contro. Ma lui punta alla testa.
Il cuore sembra che voglia uscirmi dal petto, sto tremando e allo stesso tempo sto sudando.
<Ma che sta facendo?>, domando spiazzata dal suo comportamento.
<Le sparo, mi sembra chiaro>, risponde lui come se la cosa fosse del tutto normale.
Nei suoi occhi non leggo nulla, nessuna esitazione. Niente di niente.
Inizio a indietreggiare quando lui avanza verso di me; prima avevo visto una pistola qui sul bancone, scorro con la mano su di esso finché non la sento sotto la pelle. La afferro con poca decisione e gliela punto contro.
<Cosa vuole fare? Spararmi?>, domanda lui mentre guarda la mia mano che trema.
Faccio un respiro profondo per calmarmi e poi lui preme il grilletto.
A quel rumore chiudo d'istinto gli occhi, ma non urlo. Non sento niente.
Sono viva?
Apro gli occhi e lo vedo poggiato al bancone con le braccia incrociate sul petto.
Era scarica.
La pistola era scarica.
Era tutto uno  scherzo.
Poggio la pistola che ho in mano sul bancone ed inizio ad andare verso l'uscita.
<Si fermi>, mi ordina quando ormai ho già la mano sulla maniglia della porta.
<Si diverte a prendermi in giro? La diverte così tanto fare questi giochetti con me? Lei è un pazzo>, domando e poi sussurro alla fine voltandomi.
<Ha preso la pistola e me l'ha puntata contro>, afferma lui descrivendo la scena di poco fa.
<Avrebbe sparato?>, domanda poi.
<No, non l'avrei fatto>, rispondo decisa.
Non sparerò mai a nessuno.
Io sono qui per aiutare le persone e non per farle finire su una barella.
<Ma l'ha presa>, continua lui.
<La smetta. Smetta di prendermi in giro e di comportarsi così>, sussurro con le mani che ancora tremano per lo spavento.
<Non la considero una bambina o una raccomandata>, dice poi lui facendo riferimento a quello che ho detto questa mattina.
Cosa c'entra adesso questo?
<La considero solo non pronta per questo lavoro>, conclude iniziando a venirmi incontro.
<Lei ha qualche rotella che non funziona bene nel suo cervello>, continuo io uscendo dal poligono.
<Adesso è lei che mi prende in giro>, afferma facendomi voltare ancora una volta.
<Si rende conto che lì dentro mi ha fatto quasi venire un infarto?>, domando urlando con la mano sul petto.
<Si rende conto che lì fuori qualcuno potrebbe spararle e lei non reagirebbe?>, chiede lui usando lo stesso tono.
<Starò attenta>, sussurro stringendo le mani in due pugni.
<Starà attenta..lei starà attenta>, ripete lui quasi in tono di sfida.
<Non sa nemmeno cosa bisogna fare e dove andremo stanotte>, brontola passandomi accanto.
<Me lo spieghi allora>, insisto.
<Suo padre cosa ne pensa?>, chiede lui fermandosi ma rimanendo di schiena.
<Non credo che sia d'accordo ma ha detto che avrei dovuto seguire lei se mi avesse dato il permesso>, rispondo. Siamo a qualche metro di distanza. Il cielo ormai sta tramontando lasciando spazio alla luna e alle stelle.
<Alle 21:00. Non faccia tardi>.

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