Capitolo 17

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Giorno 3 in casa Brown

Maggy
Non riesco a dormire.
Su questo dannato piumone la schiena mi fa male ed il fatto che sul letto, a pochi passi da me ci sia il tenente ubriaco da fare schifo, non mi fa stare tranquilla. Anzi, tutto il contrario.
Non so perché abbia bevuto così tanto, cosa lo abbia spinto a farlo. E poi come si è posto; sembra quasi che mi abbia chiesto aiuto. Se glielo dicessi sono sicura che mi sbatterebbe qualche brutta parola addosso. Come suo solito. Il telefono al lato della mia mano si illumina. Lo sblocco è noto un messaggio da parte di Noah.

"Come sta l'orso?".
Noah.

Sorrido al nomignolo che gli ha dato e poi rispondo.

"Sta bene, dorme".

Blocco il telefono e lo poggio a terra.
Stringo forte la mano che ha toccato il suo petto, e in testa ho stampato lo sguardo sorpreso e allo stesso tempo pieno di paura che ha avuto.
Era andato a correre, e poi è tornato ridotto così. Cosa è successo in quella corsa da spingerlo a tanto?

<No!>, urla il burbero.
Mi sollevo con il busto, giusto per vedere cosa sta succedendo.
<Matt..>, sussurra.
Sta sognando.
Matt. Questo nome l'ho sentito da Noah ieri, chi è lui?
Il tenente inizia a girare il capo frettolosamente a destra e a sinistra, stringe con entrambi le mani il lenzuolo e il viso è ridotto in una smorfia di paura.
Mi alzo e vado vicino al letto.
<No, devo prenderlo..>, continua a sussurrare.
Devo svegliarlo o continuerà ad urlare e a vedere delle immagini che probabilmente non gli fanno bene.
Avvicino una mano sulla sua spalla sinistra ed inizio a scuoterlo leggermente.
<Tenente, si svegli>, sussurro.
<Matt, torna..torna qui>, dice con voce spezzata come se stesse per piangere da un momento all'altro.
Allontano la mano di istinto e poi riprendo coraggio.
<Thomas, si svegli>, dico con voce più alta di quella usata prima e poggiando una mano sul suo braccio per scuoterlo. Lui la afferra con forza ed io faccio un passo indietro.
Apre gli occhi di scatto e si alza col busto con ancora il mio polso nella sua mano.
Respira faticosamente e dalla fronte cadono piccole goccioline di sudore.
<Si sente bene?>, chiedo piegandomi sulle ginocchia per poterlo guardare in viso.
Gira lo sguardo verso di me e poi guarda la sua mano sul mio polso. Lo lascia di scatto e poi si alza dal letto andando verso le vetrate. Sposta le tende enormi e poi poggia entrambi le mani e la testa sul vetro.
<Si venga a sedere, la sbornia non le è ancora passata>, spiego alzandomi ma rimanendo sempre a debita distanza. Ci manca solo che adesso se la prenda con me.
<Tenga, beva un bicchiere d'acqua>, affermo prendendo dal comodino il bicchiere d'acqua che Noah aveva preso precedentemente e mi avvicino cautamente a lui.
Senza dire nulla e senza degnarmi di uno sguardo apre le vetrate ed esce in giardino.
Cammina come se fosse un fantasma, come se non fosse davvero cosciente di quello che sta facendo. Fa leggermente paura la situazione.
Poso il bicchiere a terra e lo seguo fuori, ci manca solo che faccia qualche sciocchezza.
Lo guardo mentre si siede sul bordo della piscina e lascia i piedi a penzoloni nell'acqua.
Sarebbe davvero una bella immagine quella che sto vedendo adesso: il cielo quasi all'alba, sta iniziando adesso a schiarirsi e un uomo che la osserva. Un uomo che sembri stia proprio aspettando l'alba. Ma in realtà, quell'uomo non sta guardando l'alba..sta solo fissando il vuoto.

Mi avvicino lentamente e mi siedo anche io sul bordo della piscina, a debita distanza da lui.
<Si sente bene?>, chiedo dopo un minuto di silenzio.
Guardo dritto davanti a me per non metterlo a disagio, per non fargli pensare che sia qui solo per curiosità.
Non risponde.
<Quando da piccola avevo degli incubi..>, inizio a dire.
<Stia zitta>, tuona lui con voce fredda e distaccata.
Giro lo sguardo verso di lui e vedo come con le mani stringe il bordo della piscina.
Almeno ha parlato.
<Stavo dicendo..quando da piccola avevo gli incubi una donna mi dava sempre un abbraccio. Mi diceva che quell'incubo era solo qualcosa che non sapevo come affrontare..>, continuo senza badare al fatto che mi abbia detto di stare zitta. Quella donna era la mia mamma biologica. Non la chiamo mamma da un sacco di tempo ormai. Lei non è mia mamma.
<Ho detto qualcosa?>, mi domanda senza distogliere gli occhi dal sole che sta per svegliarsi.
<Ha detto qualcosa del tipo "torna qui"..>, rispondo cercando di non dire però che ha fatto anche un nome. Credo che questo Matt sia la causa del suo incubo.
<Quando poi quella donna è sparita, gli incubi ho dovuto affrontarli da sola>, continuo cercando di non fargli pensare a quello che è appena accaduto.
<Avevo paura..spesso non dormivo per paura che potessero tornare. Poi però ne ho parlato con una persona che non conoscevo; si dice che sia più facile parlare con gli estranei che con persone che si conosce>, concludo togliendo le gambe dell'acqua e avvicinandole al mio corpo. Poggio il mento sulle ginocchia e guardo il sole che ormai è già sveglio.
Dopo qualche minuto di silenzio, mi alzo decidendo di lasciarlo da solo con i suoi pensieri. Quando arrivo alle scalette della dependance mi volto per guardarlo un'ultima volta. Non pensavo di poterlo mai vedere in questo stato. Non è in sé.

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