Capitolo 76

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Connor
<Non puoi mandarla via>, affermo raggiungendo Blue sul campo di allenamento.
Si volta verso di me con il fischietto che rimane a mezz'aria e con i soldati che mi guardano.
<Tornate a sudare voi>, li riprendo subito nervoso non volendo occhi sconosciuti addosso.
<Parli di Emma?>, domanda infilando le mani in tasca e tornando a guardare i suoi uomini allenarsi.
<Esatto, che cazzo ti è saltato in mente?>, chiedo dandogli un piccolo colpo sulla spalla.
Si muove solo di un po' e punta le sue iridi nelle mie: non può mandare via una persona che non ha mai trasgredito ad una regola e che oggettivamente è una delle reclute più brave quest'anno.
<Non ho deciso io, ma il comandante>, risponde alzando le spalle e guardando un po' verso il basso.
Gesto molto strano da parte sua, il contatto visivo è una di quelle cose per lui fondamentale.
<Perché? Non capisco proprio come da un giorno all'altro abbia preso questa decisione...di solito ne parla prima con noi>, mormoro passandomi una mano sulla fronte.
<Sai chi sono i suoi genitori?>, mi chiede ed io scuoto la testa.
So che sono persone ricche, molto ricche; ma tutto il resto non mi interessa.
<Lei imprenditrice a Miami, lui ereditiere di nascita>, mi spiega ed io continuo a non capire cosa c'entrino i suoi genitori con tutto questo.
Infilo le mani in tasca e aspetto che mi spieghi il vero motivo.
<Hanno offerto cento mila dollari alla base, in cambio volevano solo che la loro figlia tornasse a casa>, afferma sbuffando per poi fischiare nuovamente nel fischietto per iniziare una piccola pausa.
<E lui ha accettato?>, chiedo ridendo amaramente.
<Al comandante non importa niente se Emma sa fare il suo lavoro o meno, gli hanno offerto dei soldi ed ha accettato>, risponde guardando alle mie spalle proprio per non incontrare i miei occhi.
Pensavo che i soldi non potessero comprare tutto, che i soldi fossero solo pezzi di carta con cui poter vivere...ma sono usati come una sorta di baratto, comprare una persona, comprare la sua libertà e le sue decisioni.
<Non vorrei nemmeno io che se ne andasse, ci sarebbe di grande aiuto qui>, mi spiega Blue corrucciando le sopracciglia quando il sole gli sbatte proprio in faccia.
<Già...>, sussurro guardando davanti a me il campo e i soldati seduti a terra che si riposano.
<Si è arrabbiata un po' quando gli ho detto che lo sapevi>, mi informa ed io sorrido.
<Adesso mi dà di nuovo del "lei">, specifico alzando gli occhi al cielo.
Non voglio che se ne vada, mi piace parlarci, sapere di poter essere ironico e non vederla arrabbiarsi, sapere che non chiacchiererebbe con gli altri delle mie cose.
<Siamo tornati alle origini allora>, ride mentre io gli do una spallata.
<C'è qualcosa tra di voi?>, chiede poi tornando serio.
Scuoto il capo.
<Mentre ero con lei ieri sera, ho avuto un attacco di panico...mi ha calmato nel giro di cinque minuti>, spiego con voce più roca rispetto a quella di prima.
<Non voglio che vada via una persona che...che potrebbe tranquillizzarmi in un attimo>, continuo mordendomi l'interno della guancia.
<Ci tieni a lei, ti sei affezionato>, afferma sicuro di sé Blue.
<Tenerci è tanto, diciamo che la sua presenza mi fa dimenticare un po'...non so come spiegarlo bene>, mugugno leggermente confuso.
<Quanto sono frequenti gli attacchi?>, chiede poi cambiando discorso guardando il suo orologio.
<Più di prima, non riesco a controllarli...pensavo fossero finiti>, rispondo sbuffando ripensando alle prime volte in cui raramente mi ricordavo di averli avuti. Quasi come se in quei cinque minuti il cervello si spegnesse.
<Devi solo riuscire ad abbandonare quello che ti fa male, via l'ansia, via tutto, via lui>, mi spiega come se non sapessi quello che dovrei fare.
Adesso che il peggio dovrebbe essere passato, io ancora ne risento.
<Mi servirebbe lei allora>, dico guardando il mio amico che sorride sornione.
<E poi dici che non ti sei affezionato>, ribatte sorridendo posando una mano sulla mia spalla.
<Sai cosa ti consiglierei per rimettere a posto le idee?>, continua scuotendomi un po'.
<Cosa?>, mormoro sperando che non mi dica di divertirmi con qualcuno.
<Casa, vai dai tuoi per qualche giorno>, risponde e penso che forse non ha tutti i torti.
Tornare a casa per una settimana, non può farmi altro che bene.

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