26.

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Scappa.

Quelle poche parole intimate da Draco con rassegnazione le graffiavano il petto, facendola contorcere in una morsa che difficilmente le permetteva di condurre sogni tranquilli. Poteva ancora distintamente vedere il luccichio nei suoi occhi grigiastri non appena socchiudeva le palpebre. Ogni volta che quelle immagini ripercorrevano la sua mente, vi si aggiungevano dettagli relativi all'espressione sul suo volto; che fosse frutto della distorsione della realtà o una maggior nitidezza di quel ricordo, non poteva saperlo. Tutto ciò che era in conoscenza di Ophelia era che con Draco Malfoy non si parlava più da cinque giorni. Un abisso si creò nuovamente tra loro, e avvertiva la sensazione che qualunque minimo passo in avanti avesse potuto tentare per protrarsi maggiormente verso di lui, l'avrebbe portata a finire giù come se a separarli vi fosse un burrone di centinaia di metri. Leggeva sui tratti del suo volto ogni istante che aveva l'occasione di guardarlo durante la giornata - la leggeva, la delusione che provava nei suoi confronti. Probabilmente l'aveva davvero ferito - anzi, l'aveva certamente ferito. Nessuno forse in tutta Hogwarts poteva davvero sostenere in maniera convinta che Draco Malfoy potesse avere dei sentimenti e che anche lui potesse essere ferito, ma non Ophelia. Ophelia lo sapeva. Non perché, fino ad allora, le avesse realmente dimostrato veri cenni di debolezza, fatta eccezione per quella volta in cui si lasciò andare ad una semi confessione riguardante le sue insicurezze nell'aula di pozioni, prima ancora che tra loro potesse nascere alcun interesse romantico; lo capì quando con lei, solo con lei, diventava una persona straordinariamente premurosa. Lo comprendeva ogni volta che le passava le dita tra i capelli, ogni volta che avvertiva il suo battito accelerare non appena poggiava la testa contro il suo petto, ogni volta che le chiedeva se avesse mangiato, se avesse dormito bene, se si sentisse tranquilla; ogni volta che si preoccupava per lei in un modo in cui nessun altro si era mai preoccupato. Dedusse fosse questo, il significato di importare davvero a qualcuno. E chi è capace di provare sentimenti così nobili, non poteva che essere tanto capace anche di poter essere vulnerabile a qualunque tipo di ferita.

Gli mandò i loro soliti bigliettini in codice, gliene mandò uno persino tramite gufo, una notte. Non li lesse nemmeno.

Il giorno immediatamente successivo a quella tormentata giornata che terminò con la proclamazione della Umbridge come nuovo preside di Hogwarts, a seguito della fuga di Silente che si dichiarò fondatore dell'Esercito al fine di proteggere i suoi studenti, Ophelia per poco non scoppiò in un pianto disperato non appena vide Draco, dal suo tavolo durante l'ora di pranzo, afferrare il bigliettino tra le sue mani, strapparlo in più e più pezzi senza neanche spiegarlo e gettarlo in tasca, tornando a discutere con la sua solita cerchia di amici,
come se niente fosse. La sua ansia, che mai realmente la lasciava sola, la portò a credere che quella fosse davvero la fine di tutto, di quel breve ma intenso rapporto di cui ormai Ophelia non poteva più fare a meno. Era diventata - per quanto forse non ne era ancora cosciente del tutto - dipendente da tutte quelle attenzioni che le erano state donate. Era dipendente dal pensiero che a qualcuno importasse qualcosa di lei.

No, non poteva terminare così. La parte più razionale di Ophelia, quella più forte e più tenace, le ripeteva come un mantra che non potesse permettere che un aspetto così positivo della sua vita, le potesse scivolare via dalle mani senza che opponesse la minima resistenza. Non se lo sarebbe mai perdonato.

Dato che ormai aveva capito che Draco non leggesse neanche uno dei biglietti che aveva provato in precedenza ad inviargli, optò per tendergli un agguato. Non mancavano neanche dieci minuti prima della lezione di Piton con i Serpeverde, quella mattina; ma la Umbridge quel giorno aveva lasciato l'ora precedente libera a tutti da ogni lezione, affinché potessero assistere al discorso d'insediamento della nuova preside. Vi fu un religioso silenzio e una disciplina mai vista prima durante tutta la durata di quella che pareva una noiosa conferenza, a cui partecipò anche il ministro Fudge, per congratularsi con la vecchia strega in persona; una cerimonia non necessaria, al limite del pacchiano, in cui gli studenti avrebbero dovuto essere degli automi, applaudendo quando necessario e rimanendo in silenzio a fingere interesse per il restante tempo. Ovviamente, la squadra d'inquisizione - che da quel momento divenne un organo a servizio della Umbridge a tutti gli effetti - presiedeva ai lati della sala Grande assicurandosi che nessuno studente potesse in qualche modo rovinare il grande momento di gloria della preside anche solo permettendosi di esalare un respiro di troppo. Ophelia era seduta nella fila di destra, all'estremità, e accanto a lei, a sorvegliare come un cane da guardia, con vista aguzzata e testa alta, vi era Pansy Parkinson. Un po' tutti quelli facenti parte dell'Esercito, a dire il vero, furono sotto una speciale sorveglianza degli inquisitori, seppur non in via ufficiale. I volti più noti di quell'organizzazione - essenzialmente chi fu coinvolto e catturato nel blitz della Umbridge - fu osservato con ancora più severità da coloro che nella scuola ricopriva un ruolo autoritario. Nonostante cercò di ignorarla il più possibile - e non le fu difficile, poiché realmente non se ne importava nulla di lei - Ophelia poteva sentire posarsi sulla sua figura lo sguardo severo della Serpeverde.

Scelte sbagliate || Draco MalfoyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora