𝖴𝗇 𝗇𝗎𝗈𝗏𝗈 𝗀𝗂𝗈𝗋𝗇𝗈, 𝗎𝗇 𝗇𝗎𝗈𝗏𝗈 𝗂𝗇𝗂𝗓𝗂𝗈.

1.4K 44 12
                                    

«Mamma, sei malata?» Domandai alla donna distesa sul letto, paralizzata dalla vita in giù, dolorante.

Lei mi guardò con quegli occhi spenti e un sorriso debole incurvò le sue labbra screpolate. «È il rischio del mestiere, piccola. Non devi preoccuparti per me. -sospirò profondamente e chiuse gli occhi- Dimmi Keyes, hai conseguito la tua lezione di lettura?»

Alzai gli occhi al cielo e poggiai un dito sulle labbra, pensandoci. «Ma è noioso quel libro e poi, l'ho letto così tante volte che il Re Artù è diventato un vero e proprio incompetente.» Ribattei lamentosa, ricevendo in cambio una risata leggera da parte della mamma.

«Oh piccola Keyes, perché credi che il Re Artù sia incompetente? -sbatté delicatamente le palpebre e ritornò a guardarmi- Era solo un povero ragazzo, fin quando un bel giorno divenne l'uomo più forte e più astuto che i cittadini di Camelot avessero mai desiderato.» Ci pensai su. D'altronde la mamma non aveva tutti i torti, ma restai sull'idea di trovarlo noioso. «Io sono convinta che un giorno diventerai proprio come il Re Artù: una piccola regina che ameranno e rispetteranno tutti.» Le sue dita si posarono delicatamente sulla mia guancia, accarezzandomi. Percepì quanto il suo tocco fosse leggero e al contempo debole. Sorrisi dolcemente, strofinando la guancia contro le sue dita.

«Davvero pensi che un giorno diventerò una regina, mamma?» Chiesi con una voce sottile, avvicinandomi più a lei. Posai le mani sul bordo del letto, guardandola profondamente negli occhi. La mamma diceva sempre che avevo una qualità straordinaria ed era proprio quella di guardare le persone negli occhi, senza farmi problemi sull'imbarazzo e la timidezza. Diceva che nessun essere umano poteva guardare qualcuno negli occhi per un lungo tempo, senza provarne disagio. Io ci riuscivo, e a detta sua, mi rendeva una bambina speciale.

«Non lo penso, Keyes. Lo credo.»

La luce del sole accarezzò la mia pelle diafana, facendomi aprire lentamente le palpebre. Mi rigirai nel letto, coprendomi con le coperte fino al collo, pressando il capo nella piega del cuscino. Tirai un sospiro e puntai i miei occhi assonati contro il muro davanti a me. Era passato un mese dall'ultima missione nonché quella di acciuffare il gigante dalle fattezze femminili.

Annie Leonhart era ancora rinchiusa nella capsula ghiacciata nel seminterrato del covo e noi non avevamo la più pallida idea di che materiale fosse quell'aggeggio che la ricopriva per protezione. Hange provò più volte a romperla con diverse armi, ma quest'ultima non veniva distrutta né tantomeno scheggiata.

Portai una mano sul viso pasticciandolo e mi misi a sedere. Alzai le braccia in alto per stiracchiarmi e guardai fuori dalla finestra, notando che il sole fosse sorto da poco. Tolsi le lenzuola dalle gambe e appoggiai i piedi sul pavimento freddo, causandomi un lungo brivido su tutta la spina dorsale.

«Maledizione Jean! Ti ho detto che abbiamo solo mezz'ora di tempo per pulire tutta la struttura, prima che il Caporale Levi venga a controllare.»

«Ed io ti ho detto di non darmi ordini, Eren. Sto cercando di pulire bene e se vado veloce posso lasciare qualche rivolo di polvere che sicuramente non apprezzerà il Caporale.»

«Dai ragazzi, calmatevi! Se inizierete a litigare, nessuno di noi porterà a termine il compito assegnato. -Armin?- Sa-Sasha... dove hai preso quel pezzo di salame?!»

«Nella credenza riservata ai superiori.»

Ma che giorno è? Fu la prima cosa che pensai, mentre sentì i passi pesanti delle reclute andare avanti e indietro per il corridoio. La mia stanza si trovava a pochi passi dalla cucina e dalla sala da pranzo, quindi era abbastanza difficile non udire i loro schiamazzi e i passi da elefante che potevano svegliar un intero esercito o persino il Comandante Pixis dopo essere andato a k.o con tre bottiglie di vino.

The Plot. [Attack on Titan] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora