𝖠𝗌𝗌𝗂𝗅𝗅𝗈: 𝖲𝗍𝗂𝗆𝗈𝗅𝗈 𝗍𝗈𝗋𝗆𝖾𝗇𝗍𝗈𝗌𝗈 𝖼𝗁𝖾 𝗉𝖾𝗋𝗌𝖾𝗀𝗎𝗂𝗍𝖺 𝖼𝗁𝗂 𝗌𝗈𝖿𝖿𝗋𝖾.

1.2K 41 3
                                    

Sono una persona forte perché mia madre lo era. Sono cresciuta guardandola superare ogni ostacolo che la vita le poneva. Ha attraversato momenti così difficili che a volte si addormentava sentendosi esausta e con le lacrime agli occhi, ma si svegliava comunque ogni mattina con energia e incoraggiamento, per dare il massimo e darmi un amore incondizionato. Sono una persona forte perché sono stata cresciuta da qualcuno più forte di me.

Mi ripeteva sempre che le persone avevano novantanove motivi per non volere la tua felicità, intensificando quelle ragioni come un gran punto di forza. Non capivo molto del perché l'invidia delle persone arrivasse al punto di non ritorno, dimostrando quanto fossero false e ipocrite, gettandoti nell'ambito della disperazione.

Eppure, esistono anche quelle persone che fanno anziché dire, mantengono senza promettere, ci sono senza esserci.

Perché sono senza bisogno di sembrare.

Quelle speciali che non ti chiedono come stai, stanno con te. Persone che ti fanno stare bene quanto la solitudine.

Se ci salvassimo da soli non avrebbero senso le persone speciali.

Mi rigirai infastidita in quello scomodo letto, coprendomi il più possibile il viso dalla coperta di lana. Sentivo un gran freddo, come se qualcuno mi avesse strappato i vestiti più caldi che avevo addosso. Sbuffai e chiusi gli occhi, tentando di dormire e riappacificarmi con il mondo.

Stavo iniziando ad odiare la notte. Il dormire. Odiare, odiare, odiare e aspettare che la prima alba superasse le nuvole, prendendo la posizione che tanto meritava.

Volevo restare sveglia, senza che l'ansia mi mangiasse all'interno, desiderando risposte a domande che mi frullavano in testa, come un fastidioso vociare mercantile.

Chi sono realmente? Chi è la mia famiglia? Chi è mio padre? Chi era quell'uomo fuori dalle Mura? La donna che mi ha cresciuta era la mia vera madre? L'unica cosa di cui ero sicura al cento percento, era che Kesey fosse il mio reale nome.

Almeno.

Con il cuore che batteva a mille, scostai infastidita le coperte, scalciandole fino a farle arrivare al bordo del letto e alzarmi.

Un attacco di panico.

Andai verso alla finestrella di quella stanza spoglia e la aprì. Tentai di regolarizzare il respiro prima che l'ansia prendesse la meglio e la rabbia proseguisse il suo corso.

Il motivo del perché ero arrabbiata? Non lo sapevo.
Non avevo idea del perché tutto all'improvviso, mi faceva come impazzire.

Il letto scomodo era estenuante. L'alba non voleva sorgere. I presenti dormivano. Ero ricaduta nella perversa attrazione di Levi. Sognavo un uomo che non conoscevo. Mia madre forse, non era la mia vera madre.

Diamine.

Mi sentivo meglio quando stavo peggio; imprigionata nei sotterranei e nell'abisso della mia mente.

«Ancora sveglia?» Sussultai dallo spavento, quando vidi la figura scura di Levi davanti alla finestrella. Portai una mano sul cuore e respirai profondamente. Che diamine ci faceva sveglio a quell'ora? Per lo più nel gelo della notte?

«Dannazione, Levi! Mi hai spaventato.» Lo ripresi con uno sbuffo silenzioso. Levi sorrise leggermente colpevole, avvicinandosi alla finestrella che ci divideva, appoggiando gli avambracci sul davanzale.

«Scusami, non volevo spaventarti.» Sussurrò dispiaciuto, guardandomi attentamente. «Perché sei ancora sveglia?» Ribadì, accarezzandomi le nocche con i polpastrelli.

The Plot. [Attack on Titan] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora