𝖭𝗈𝗇 𝖼𝖺𝗅𝗉𝖾𝗌𝗍𝖺𝗋𝖾 𝗂 𝖿𝗂𝗈𝗋𝗂 𝗌𝖾 𝗇𝗈𝗇 𝗏𝗎𝗈𝗂 𝖼𝗁𝖾 𝖼𝗋𝖾𝗌𝖼𝖺𝗇𝗈 𝗌𝗍𝗈𝗋𝗍𝗂.

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"Il soldato prega più di tutti gli altri per la pace, perché è lui che deve patire e
portare le ferite e
le cicatrici più profonde della guerra."

Eren

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Eren

L'arte di perdere non era difficile da imparare;
così tante cose sembravano pervase dall'intenzione
di essere perdute, che la loro perdita non era un disastro. Perdevo qualcosa ogni giorno. Accettavo  il turbamento delle chiavi perdute, dell'ora sprecata.
L'arte di perdere non era difficile da imparare.
Poi si praticava lo smarrimento sempre più, perdevo in fretta: luoghi, e nomi, e destinazioni verso cui volevi viaggiare. Nessuna di queste cose avrebbe causato disastri. Trovarsi di fronte a ciò che avevi perso e non poter fare niente era come perderlo di nuovo. Chi lottava aveva la possibilità di perdere e dire che ci aveva provato, sofferto e subito, anziché di chi non lottava e aveva già perso in partenza. Non esisteva scelta che non comportava una perdita. Non era possibile perdersi in maniera totale, assoluta, suprema. Rilassati, mi ripetevo, perditi una volta ogni tanto che va benissimo così! Perditi e ritrovati, attimo dopo attimo. Questa esistenza era una commedia meravigliosa che si fondava sul perdersi e il ritrovarsi. C'erano solo due cose che non tornavano mai indietro: una freccia scagliata e un'occasione perduta. Non rimpiangevo le persone che avevo perso col tempo, ma rimpiangevo il tempo che avevo perso con certe persone, perché le persone non mi appartenevano più, gli anni sì. Ma erano terminati anche quelli.
L'uomo in sé per sé non poteva scoprire nuovi oceani a meno che non aveva il coraggio di perdere di vista la spiaggia. Se perdevo la fiducia in me stesso, avevo l'universo contro di me.

Non avrei mai permesso a nessuno di mettermi in gabbia. Nè per amore. Né per fare ciò che ritenevo giusto. Quando si credeva di poter mettere in gabbia una persona, perché ne si diventava gelosi, questa non avrebbe fatto altro che progettare la fuga. Dio amava gli uccelli e inventò gli alberi. L'uomo amava gli uccelli e inventò le gabbie. Non c'era libertà a questo mondo; solamente gabbie dorate. E la chiamavano libertà, solo perché non potevano scegliersi la gabbia.

«Eren», sollevai la testa e guizzai gli occhi in quelli del ragazzo dietro alle sbarre; Floch e il restante dei soldati che avevano scelto di seguirmi nella battaglia, mi fissarono incerti ma al contempo decisi, reggendo il fucile dalla corda sulle loro spalle.

Restai a guardarli uno per uno con gli avambracci posati sulle ginocchia, la schiena curvata in avanti e un'espressione cupa in volto. Sapevo che fosse il momento e sapevo anche che fosse il momento peggiore per mettere in atto il mio piano; Yelena era d'accordo con me, coprendomi le spalle, anche se mi avevano informato che si trovasse prigioniera dal Comandante Pixis per ricavarne da lei delle informazioni riguardante il mio tradimento. Non mi preoccupai minimamente, visto che sapevo, in un'ora o due, che l'avrei rivista illesa con la solita espressione indifferente sul volto.

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