𝖮𝖼𝖼𝗁𝗂 𝗍𝖾𝗆𝗉𝖾𝗌𝗍𝗈𝗌𝗂. 𝖲𝖺𝗇𝗀𝗎𝖾 𝗂𝗇𝗇𝗈𝖼𝖾𝗇𝗍𝖾.

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"Alla fine, ai miei occhi eri destinata."

↑𝚌𝚛𝚎𝚍𝚒𝚝𝚜 © 𝚋𝚢 𝚖𝚎

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𝚌𝚛𝚎𝚍𝚒𝚝𝚜 © 𝚋𝚢 𝚖𝚎.



Guerra.
› Quartier generale di Marley,
Kesey Schwarz.

Uno sparo. Il retro del fucile dritto nello stomaco, un calcio ruotato e sferrato in viso. Il soldato cadde ai miei piedi, svenuto e ripresi la mia corsa. Passai per i vicoli, raggiungendo il quartier generale dove era scoppiato l'attacco. Mi nascosti dietro ad un muro e sbirciai con la coda dell'occhio, non trovandovi nessuno. Ripresi a correre fino ad arrivare al quartier generale e ciò che mi presentò davanti, era l'inferno.

Il gigante corazzato di Rainer e il gigante d'attacco di Eren, stavano combattendo e distruggendo quello che rimaneva degli edifici. Strinsi il fucile nelle mie mani, così come i denti e guardai in alto: il gigante bestia di Zeke era disteso a pancia sotto e il colletto, dove conteneva il suo ospite, era stato tagliato a metà; Galliard e Pieck erano feriti, così come i loro giganti. Camminai verso il centro della piazza, tenendo gli occhi ben aperti. All'improvviso, il gigante corazzato venne sbattuto contro una casa decrepita e restò lì, senza più muoversi.

«Fermati! Basta, smettila!» Trattenni di scatto il respiro e i miei occhi seguirono la voce acuta e piangente verso la mia sinistra. La sagoma di Enea che correva verso il gigante di Eren, soffocò i miei organi vitali.

«Enea...», sussurrai, allentando la presa attorno al fucile. «Enea!» Gridai, gettando il fucile a terra e iniziare a correre nella sua direzione. Lui continuò a gridare contro Eren, il quale era uscito dal corpo del gigante e guardava sbigottito la situazione dall'alto, vedendo che Enea si stava avvicinando ai piedi del grosso ammasso di muscoli e pelle.

«Smettila di combattere! Ti prego! Io non voglio questo. Non lo voglio!» Non sapevo perché lo stesse dicendo, soprattutto non era sorpreso che quell'uomo non era affatto il signor Kruger, ma Eren. Era lui tutto il tempo e mi aveva mentito, nascondendosi persino da me. Afferrai di scatto Enea, tirandolo a me e schiacciare il mio petto contro la sua schiena, mentre cercava di svicolarsi dalla mia stretta. «Lasciami! Ti ho detto di lasciarmi! Io devo parlare con lui!» Gridò contro di me, graffiandomi le braccia, ma trattenni il dolore in una smorfia, stringendo gli occhi.

«Sono io, Enea. Sono la tua mamma, per favore... calmati. Sono qui...», mormorai dolcemente, affondando il viso nei suoi capelli che odoravano ancora di miele. Mi morsi il labbro violentemente, sentendo le gambe vacillarmi sul terreno. Caddi come una pera cotta, senza allentare la presa attorno al busto sottile di mio figlio, piangendo in silenzio. «Per favore, basta...»

Enea si bloccò ed emise un ansimo di stupore, sentendomi piangere sulla sua spalla. «Mamma...», bofonchiò.

Sbattei lentamente le palpebre e alzai gli occhi, incontrando quelli lucidi e colpevoli di Eren, il quale cercò di smascherarli in un'espressione impassibile. Lo guardai con disprezzo e storsi le labbra in una smorfia, pronta ad urlargli le peggiori offese, ma una mano calda si posò sulla mia spalla. Sussultai e voltai lentamente il capo, incastrando il mento nell'incavo del collo e guardare alle mie spalle.

The Plot. [Attack on Titan] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora