capitolo 8

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pov. t/n

Varcando la soglia delle mura, si sentivano solo le grida di gioia dei cittadini, si abbracciavano, qualcuno piangeva anche, erano felici di sapere che la speranza dell'umanità era tornata a casa illesa, ma una cosa che non sapevano era che quel giorno ne avevano trovata un'altra.

Mentre quel carro ci conduceva, a quello che penavo essere il quartier generale del corpo di ricerca, mi resi conto che gli abitanti del sottosuolo e gli abitanti in superficie non sono poi così diversi, qui quando Eren torna a casa da una spedizione, trona la speranza; invece quando per puro caso per mancanza di fondi per il personale o per altri motivi logistici, si abbassava il costo per la scalinata, tornava la speranza. Quello che permette alle persone di tirare avanti, di non cedere alla disperazione, di fargli vedere la luce della rinascita anche quando è tutto buio, è proprio la speranza, e se si perde la speranza si è perduti.

Passata la lunga folla, ormai del sole si intravedeva solo qualche sottile raggio fare capolino dalle montagne, ma bastò quella flebile luce per farci vedere il quartier generale, era davvero grande, fatto in pietra levigata, con molte finestre e torri di avvistamento agli angoli principali della struttura.
Erwin: smontate di sella e dissellate i cavalli, poi ci troveremo tutti in mensa per cena alle otto.
(dissellare = togliere la sella e la testiera al cavallo e poi metterlo in box)
tutti: sissignore!
Io ero tornata con il carro ma il mio cavallo a meno che fosse ancora vivo, non aveva un padrone che lo dissellasse, così mi rivolsi a lui
io: sai dov'è il cavallo che mi è stato affidato?
Levi: non preoccuparti, lo sistemeranno gli altri cadetti, tu vai a riposarti
io: sto bene, quindi sai dov'è?
*chiesi seria*
Levi: tsk, è laggiù con gli altri cavalli senza padrone *disse indicando un gruppo di alberi dove erano legati molti cavalli*
io: *rivolgendomi ai miei amici* voi fate quel che vi dicono, verrò io a cercarvi.
Furlan: va bene
Isabel: a dopo
Feci un cenno con la mano per ricambiare il saluto.
Andai a prenderlo e lo portai alla stalla dei superiori, chiesi a uno stalliere quale fosse il suo box, e mi disse che la posizione dei box era la stessa della stalla da dove lo avevo preso alla partenza, così entrai diretta all'ultimo box a destra quando
Erwin: t/n cosa ci fai qui?
Era appena fuori dalla stalla del suo cavallo
io: devo dissellare questo cavallo, era l'unico disponibile alla partenza, e anche se era di un superiore che ho saputo essere morto, non ne avevano altri.
Erwin: ah capisco, ma non c'è bisogno che lo fai tu, forse è meglio che riposi un po' non hai una bella cera.
io: sono rimasta svenuta per quasi tutto il viaggio di ritorno, ho riposato a sufficienza.
Erwin: va bene, allora quando hai finito cerca Hanji, ti dirà dove sono le vostre camere.
io: Hanji?
Erwin: è la donna che era con noi nel sottosuolo stamattina, e che abbiamo incontrato sulle mura e che ci ha detto di andare nella foresta di alberi giganti.
io: con la coda e gli occhiali?
*chiesi*
Erwin: si proprio lei
io: va bene grazie
Erwin: grazie a te
Così mi incamminai verso la stalla quando
Erwin: ah t/n *disse venendomi dietro* lo reggi l'alcol?
*chiese curioso*
io: perché questa domanda?
*chiesi in difesa*
Erwin: dopo una missione avvenuta con successo, e purtroppo non c'è ne sono molte, ci riuniamo a festeggiare tutti insieme.
io: e alla base dei festeggiamenti c'è l'alcol?
Erwin: esatto *disse sorridendo* quindi, lo reggi?
io: più di quanto immagini *dissi con un accenno di sorriso sul volto*
Erwin: ottimo!
Fece una fragorosa risata e se ne uscì sorridendo.

Avevo legato il cavallo nella stalla e stavo andando a mettere via sella e testiera, quando mi tornarono alla mente le parole di Erwin "forse è meglio che riposi un po' non hai una bella cera", effettivamente non mi sentivo in perfetta forma, come se fossi senza energie, me ne resi conto dal fatto che adesso che stavo andando a mettere via la sella mi sembra più pesante rispetto a quando ero andata a mettergliela, mi ero distratta mentre guardavo il pavimento, e andai a sbattere contro qualcuno
io: scusami, non guardavo dove stavo anda-
- non mi fece nemmeno finire la frase
soldato: OH STAI ATTENTA!
io: mi sembra di averti già chiesto scusa, anzi è la prima cosa che ti ho detto
*dissi con un tono un po' saccente*
Era un soldato giovane, avrà avuto tre o quattro anni più di me, era molto alto e muscoloso, aveva una barba bruna corta e trasandata, e i capelli del medesimo colore come per gli occhi, i suoi occhi, erano arrossati e gonfi, e puzzava tremendamente di alcolici.
soldato: NON FARE TANTO LA SAPUTELLA! IO SONO PIÙ GRANDE DI TE, DEVI RISPETTARMI!
Tutto il suo urlare mi fece venire un fastidioso cerchio alla testa, ma proprio quando non me lo aspettavo, con le sue grosse e possenti mani mi prese per il collo e mi sollevò tenendomi con la schiena attaccata alla parete.
Se fossi stata nel pieno delle forze sarei riuscita ad evitare la sua mossa, ma oggi non lo ero.
La presa sul mio collo era stretta, talmente stretta da farmi cadere dalle mani quello che tenevo. Quando si girò e vide di che cavallo avevo fatto cadere la sella, mi guardò con gli occhi fuori dalle orbite
soldato: come hai osato?! Chi ti ha dato il permesso di usare il suo cavallo!
Io non risposi, ma penso di aver capito che era amico con l'ex proprietario del cavallo.
soldato: COSA C'È ORA NON PARLI PIÙ!?
Gli tirai un pugno in faccia che gli fece roteare il capo in direzione del pugno, sperando che lasciasse la presa, ma quando riposò i suoi occhi su di me, un rivolo di sangue usciva da un lato delle sue labbra, sembrava che non provasse dolore, anche se aveva un grosso ematoma sulla guancia; mi guardò negli occhi e stinse la presa ancora di più. Io boccheggiavo in cerca d'aria ma la sua salda presa me lo impediva.
soldato: a quanto pare devo farti soffrire di più, ma prima *posò una delle sue mani sul mio fianco* voglio divertirmi con te *disse ridacchiando*
In quel momento una serie di ricordi del mio passato mi tornarono alla mente, io e Polpo alla scalinata, io e Polpo a casa sua, Polpo mentre mi... toccava...
Sentì come una scarica elettrica passarmi per tutto il corpo, con la mano destra presi il polso dell'unica mano che aveva sul mio collo, lo strinsi, ci conficcai le unghie, il sangue che gli usciva dal polso, colava lungo il mio avambraccio,
solidato: AHHHH
mentre staccavo lentamente la sua mano da me
io: rispetto rispetto rispetto, il nonnismo qui è alla base del giorno! Non hai mai pensato che il mio rispetto te lo devi meritare!
Quando il suo braccio fu a debita distanza dal mio viso lo tirai verso di me, gli feci uno sgambetto e con la gamba con cui lo avevo fatto, gli diedi una spinta che lo feci roteare per aria per poi farlo schiantare rumorosamente al suolo, con la schiena contro il pavimento, il mio attacco sarà durato massimo tre secondi, in quella frazione di tempo trattenni in respiro, ma quando vidi che non poteva più attaccarmi, mi cedettero le gambe e caddi sulle ginocchia cominciando a tossire ripetutamente.

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