04. 19. 117dF - 10:38am

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Talvolta, quando si svegliava in piena notte, Lydia pensava di essere ancora a Los Angeles. Faticava a capire come ciò fosse possibile, visto che la città natale era opposta in ogni suo più piccolo aspetto a quella che, invece, era la realtà propostale da Negea: nessun livello e nessuna scala, niente pioggia ininterrotta e folle oceaniche con cui scontrarsi, nessun rumore molesto, nessuna puzza di vita costretta a sopravvivere alla meno peggio... Su τ Ceti f c'era solo pace, cristallizzata in un'aria così palpabile e pesante da lasciarla sempre sgomenta e col cuore in gola. La sensazione di avere a che fare con un'enorme menzogna la perseguitava, diventando sempre più acuta ogni volta che parlava con Zack o con alcuni degli studenti; quest'ultimi, in particolare, si erano sempre più affezionati a lei e riuscivano a sorprenderla lezione dopo lezione, assorbendo con una curiosità quasi malsana le poche parole che si lasciava sfuggire su Cosme in seguito alle loro pressanti richieste.

"Per noi è come una creatura mitologica" le aveva detto una mattina una ragazza – Lexie –, dopo che tutti gli altri erano usciti dall'aula. "È solo grazie a lui se siamo qui."

Lydia aveva annuito poco convinta. "Allora perché non dovrei dirvi nulla?"

L'altra si era fatta sfuggire una risata e, in modo del tutto inaspettato, l'aveva invitata a fare una passeggiata con lei il giorno successivo. "Così potremo parlarne con calma" aveva aggiunto alla fine, convincendo Lydia a cedere. In fondo, aveva bisogno di confrontarsi con una visione diversa da quella di Zack, sempre velata da una patina di ritrosia e tentennamento capace, alla lunga, di farla innervosire.

"Mal che vada, almeno avrò fatto un giro per il porto" pensò, osservando i tre moli di pietra scura che spaccavano i flutti, a cui era attraccata una manciata di barche a vela e a motore. Anche lì, nonostante si riuscisse a percepire una maggiore vitalità che nel resto della città, data dal continuo e rumoroso muoversi di marinai e manovali per le strade ghiaiose, regnava comunque un profondo senso di pace, acuito dal lento sciabordio delle onde che scandivano il tempo.

Eppure, sotto un certo punto di vista, a Lydia piaceva. C'era un qualcosa di romantico e confortante nell'idea che da quel luogo, se non addirittura dal molo su cui si era messa a passeggiare, sarebbero potuti partire in futuro nuovi esploratori del pianeta, pronti a sfidare il mare e i suoi pericoli per amor della conoscenza com'era successo sulla Terra migliaia di anni prima; aveva il sapore di un inizio ancora cristallizzato, di una speranza che quella realtà potesse ancora mutare. Il poco che si era lasciato sfuggire Zack, infatti, l'aveva inquietata più di quanto volesse ammettere.

"Non hanno seguito gli insegnamenti di Cosme" pensò con un sospiro, fermandosi a osservare una barca in avvicinamento. "Ma perché?"

"Lydia!"

La ragazza si voltò, incrociando con lo sguardo l'alta figura di Lexie avvicinarsi rapida, coi lunghi capelli neri raccolti in tante piccole trecce che le rimbalzavano sulla schiena. Appena furono vicine, Lydia si trovò stretta in un abbraccio improvviso, per poi essere presa a braccetto e trascinata di nuovo verso il centro del porto.

"Perdonami per il ritardo, ma ho avuto un imprevisto."

"Ovvero?" replicò lei, ritrovandosi a sorridere nervosa davanti all'esuberanza della ragazza che, subito, iniziò a raccontarle di come suo fratello minore le avesse chiesto di aiutarlo a sistemare la bicicletta, cosa che poi l'aveva costretta a cambiarsi a causa del grasso finito sui vestiti. Una parte di Lydia si pentì di aver posto quella domanda ingenua, tanto che finì per lasciarsi sfuggire un grugnito infastidito.

"Scusami" si affrettò a dire Lexie, spostando lo sguardo su di lei. I suoi occhi verdi, incastonati nel viso di bambola dalla pelle scura, la osservarono con timore. "Mi sono fatta prendere la mano. Dovevamo parlare d'altro, in effetti."

Gli esuli delle stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora