09. 03. 3362 - 12:47am

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Il tempo pareva non volersi più placare.

La pioggia, salutata all'inizio come una vecchia compagna tanto amata, aveva continuato a scrosciare con forza nei giorni successivi, portando l'oceano a ribollire di spuma e a ingoiare i fulmini pianti dalla nera colte di nubi che oscurava il cielo. Non s'era più visto neppure uno squarcio di sole, tanto che Cosme, durante le lunghe ore trascorse nella solitudine dell'appartamento, era arrivato ad accarezzare l'idea che tutto ciò che aveva vissuto fino a quel momento fosse stato in effetti un sogno, qualcosa da cui si sarebbe svegliato all'improvviso per ritrovarsi nell'altrettanto bagnata Los Angeles. I crampi della fame e della sete, però, gli avevano ricordato fin troppo bene quale fosse la realtà, portandolo a riflettere su tutto ciò che era accaduto dal suo risveglio.

Ma Wen, in particolare, era diventata un pensiero fisso.

La sua proposta, unita a ciò che aveva scoperto grazie all'incauta confessione di Thomas, gli solleticava la mente; i pro e i contro si accavallavano gli uni sugli altri, mischiati ai ricordi di ciò che era stato e alle fantasie di quello che sarebbe potuto diventare. Nello stato di lucida follia in cui era caduto, oltretutto, la dolorosa certezza di non poter più far niente per Roy e Matt veniva spesso sostituita dalla speranza che, sotto la sua guida, fosse ancora possibile salvare Lydia – anche se non era in grado di immaginare in quale fantascientifico modo. Eppure, se chiudeva gli occhi, riusciva a vedere la figura snella della ragazza corrergli incontro con le braccia tese, pronta ad abbracciarlo e farlo tornare, se non completo, almeno intero, capace di nuovo di stare in piedi. Per dar vita a simili fantasie, però, aveva bisogno di parlare con Ma Wen, a detta di Thomas ancora costretta sull'astronave madre.

"Eppure..." pensò aggrottando le sopracciglia, fermo davanti all'ingresso della mensa con gli occhi puntati verso le onde. "Possibile sia davvero bloccata?"

Accarezzò un'ultima volta con lo sguardo la carena di metallo battuta dalla risacca e, con ancora un sospiro cristallizzato sulle sue labbra, si voltò e aprì la porta; entrando fu subito accolto da un dolce torpore capace di scacciare il freddo che gli era penetrato fin nelle ossa, seguito da un rilassante cicaleccio di sottofondo e un profumo che intensificò la sua fame e lo portò a posizionarsi in automatico dietro alle persone in attesa di ricevere la loro razione, quel giorno composta da un piatto di zuppa seguito da un paio di piccole pesche. Una parte di sé, sempre sorpresa e incantata dalla dolcezza intensa dei frutti, avrebbe voluto allungare una mano per raccoglierne di nascosto un'altra, ma il suo bambinesco tentativo fu interrotto da una voce familiare.

"Cosme."

Colto in fallo, si voltò verso il saluto borbottato da Lucas, a pochi passi da lui e con un vassoio vuoto in mano; non poté far altro che rispondergli con un gesto del capo, allontanandosi con una punta di rimorso dalla coda. Dopo la visita in ospedale i contatti tra loro erano stati sporadici, se non per qualche pasto consumato in silenzio uno al fianco dell'altro; infatti, nonostante si conoscessero da anni, Cosme trovava ancora difficile avvicinarsi a Lucas, troppo ombroso e carico di rabbia per farlo sentire tranquillo. C'era un che di ironico nel rendersi contro che, tra tutti coloro che aveva avuto modo di conoscere nel corso della sua vita, fosse rimasto solo lui.

"Vuoi farmi compagnia?" gli chiese solo, alzando il vassoio contenente il piatto fumante e indicando con un cenno un tavolo dove era ancora presente qualche posto libero.

Senza rispondere, Lucas si diresse verso due sedie vuote, costringendo Cosme a seguirlo con un sospiro. "Anche a me fa piacere vederti..." sussurrò a fior di labbra, scacciando il pensiero che la proposta fosse stata una pessima idea. Aveva bisogno di parlare con qualcuno delle scoperte degli ultimi giorni, e chi meglio di Lucas poteva comprendere i suoi timori e speranze?

Gli esuli delle stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora