03. 18. 2451 - 02:03pm

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Fin da quando ricordava, Roy aveva sempre amato la musica.

Non quella che girava per le radio, un miscuglio di suoni metallici e sgraziati, ma quella che suo nonno talvolta metteva la sera dopo cena: le melodie dolcissime che uscivano da un vecchio lettore CD, prodotte da veri strumenti musicali – alcuni dei quali spariti già da secoli – lo accompagnavano per ore e gli facevano sognare un mondo lontano in cui era lui a suonarle e dirigerle. Quando a dieci anni i suoi nonni gli avevano regalato una piccola pianola, coi tasti non proprio saldi e il sentore di usato ad aleggiarle attorno, aveva deciso che sarebbe diventato un compositore; suo nonno l'aveva incoraggiato e, prima del trasferimento, gli aveva regalato i suoi CD di musica classica, più qualche spartito trovato da un robivecchi in paese. Quel piccolo tesoro era stato la sua ancora di salvezza nel corso degli anni passati, un lido a cui tornava ogni volta che poteva, cercando di arricchirlo con vecchi fascicoli trovati nelle biblioteche o regali di Cosme.

Tra tutti i grandi compositori del passato, quello che più amava era Tchaikovsky: quando faceva scorrere leggero le dita sul suo pianoforte – uno vero, recuperato dopo lunghi sacrifici – gli sembrava di sentire il sole scaldare le sue ossa bagnate e gelide. Un simile calore si propagava in tutto il corpo soprattutto quando ricreava la Danza della fata confetto, una melodia che lo spingeva verso ricordi lontani, dove sua nonna provava a spiegarli cosa fosse una fata; non era mai riuscito, nemmeno da bambino, a capire come le persone potessero immaginare delle creaturine minuscole, delle fattezze umane e con piccole ali da mosca attaccate al corpicino, senza rabbrividire dal disgusto. Però amava l'idea delle fate.

"Ma, Lydia..." disse, portando lo sguardo sulla ragazza che camminava in mezzo alla stanza. "Da piccola credevi all'esistenza delle fate?"

La diretta interessata bloccò il suo peregrinare e gli lanciò uno sguardo stralunato simile a quello scorto nei suoi occhi la sera prima, quando l'aveva trovata bloccata nei cunicoli col corpo paralizzato dal terrore, immersa nel buio più profondo. Infatti, dopo che la ragazza aveva deciso di tornare da Matthew, aveva trovato l'uscita serrata e per qualche ora il suo unico pensiero era stato che sarebbe morta lì, tra vani tentativi di trovare un altro passaggio. Roy l'aveva presa per mano e l'aveva condotta fuori, sotto la pioggia battente, dove infine aveva sbattuto i grandi occhi plumbei e chiesto, con voce tremante, perché Matt non fosse lì con loro; Lucas, ignorando la domanda, gli aveva ordinato di tornare al suo appartamento e aveva preso con sé Lydia, così portarla a far rapporto al nuovo quartiere generale, una baracca nascosta tra dei vecchi palazzi ormai abbandonati nella periferia del livello uno.

"Ma ti pare il momento di fare delle domande del genere?" gli chiese lei, scuotendo la testa e tornando a camminare, i suoi passi nervosi che scandivano il tempo. Alla luce del giorno sembrava essersi ripresa del tutto, anche se Roy continuava a nutrire dei dubbi ogni volta che mormorava un "Ora sto bene".

"Faccio conversazione..." borbottò, passandosi una mano sul volto e sospirando. Odiava una simile sensazione di impotenza, odiava quella stanza, odiava la nuova sede.

Nel corso degli ultimi due mesi ne avevano cambiate tre, così da evitare incursioni da parte di androidi o della polizia. Durante l'ultimo sgombero Roy era stato costretto a tornare indietro su ordine di Cosme, così da recuperare delle carte a suo dire fondamentali. Sarebbe andato tutto bene se non fosse stato catturato da due di quelle macchine, legato a una sedia, picchiato fino a perdere conoscenza, fatto rinvenire con una secchiata di acqua gelida e nuovamente pestato; erano andati avanti fino all'alba, i muscoli di metallo coperti di carne che avevano continuato imperterriti il loro lavoro, mentre voci così umane, ma prodotte da chissà quale apparecchio, gli avevano fatto domande per lui incomprensibili o a cui non aveva risposto. Era stato il suono di una volante della polizia a farli fuggire, lasciando in bocca al ragazzo il sapore del sangue mischiato all'amaro dell'ironia più nera.

Gli esuli delle stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora