06. 13. 2451 - 04:44pm

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A Roy non mancava affatto il paesino dove aveva trascorso gran parte della sua infanzia, un grappolo di case abbandonato in mezzo alla campagna arida e poco popolata che separava le grandi città le une dalle altre. In quel luogo, lontano dalla cortina di fumi perenni delle metropoli, le stagioni si alternavano lente, dividendosi tra un lungo inverno durante il quale cadeva una pioggia continua e torrenziale e un'infinita estate in cui il sole, con i suoi raggi implacabili, uccideva tutto ciò che baciava. Nulla accadeva e la sua vita scorreva pari a quella di un qualsiasi automa, alternandosi tra il lavoro nella fabbrica in cui erano inscatolati i pochi prodotti ancora regalati dalla terra e le nottate passate a leggere qualsiasi libro gli capitasse sottomano. O ancora le trascorreva a tentare di imparare a suonare qualche nenia con la vecchia pianola scassata regalatagli, piangendo di rabbia ogni volta che tutte le note che gli affollavano la testa non riuscivano a tradursi nelle meravigliose melodie immaginate. Non era riuscito a non invidiare fino allo stremo l'infanzia degli altri bambini, una sorta di isola felice che a lui era stata tolta appena aveva imparato a leggere e scrivere. Anche la morte arrivava puntuale, falciando pian piano chiunque avesse provato a sfidarla o diventando troppo vecchio, o non riparandosi dai capricci del tempo atmosferico.

Eppure, nel momento in cui era morto suo padre, Roy si era reso conto che c'era una cosa che rendeva la vita di campagna più umana di quella condotta in città: infatti, dopo aver ricevuto la terribile notizia, era corso in cantiere e aveva scoperto, con suo sommo disgusto, che la salma del genitore era già stata portata via per essere cremata e dispersa. Nessuna cerimonia, nessuna commemorazione in cui aggrapparsi gli uni agli altri.

Nessuna tomba.

I pochi terreni in cui ancora si riusciva a scavare erano fin troppo preziosi per essere putrefatti con dei cadaveri. Nel suo paesino natale, al contrario, ogni famiglia aveva preferito rinunciare a un pezzo di terra in cui seppellire i propri cari, al posto di perdere il briciolo di umanità ancora posseduto. Roy aveva certi ricordi lontanissimi, quasi provenienti da un'altra vita, in cui lui correva tra le lapidi sbattendo i piedini sull'erba gialla e nascondendosi per gioco alla vista di sua nonna, riversa sotto il sole su una sedia di plastica traballante.

"Nemmeno tu hai una tomba..." pensò, seduto con la testa appoggiata al muro antistante ai cassonetti dietro i quali si apriva il passaggio per il carcere 54B. La pioggia continuava a battere imperterrita, bagnandolo fin nelle ossa.

Dopo l'ultimo concerto tenutosi nel grattacielo del dottor Tizard, Roy si era reso conto di aver bisogno di un'unica persona: Matt. Era tornato nel suo appartamento, con la testa che gli girava, e aveva alzato la cornetta del telefono, componendo in automatico il numero che tante volte prima aveva digitato. Solo quando gli aveva risposto la voce metallica della segreteria telefonica dell'altro si era reso conto che nessuno avrebbe mai risposto alla sua richiesta d'aiuto. Matt era morto e lui sperava che fosse solo una grossa bugia.

Così aveva deciso di tornare al vicolo, giorno dopo giorno, a guardare con rammarico il variabile cumulo di spazzatura davanti al quale era finita la vita del suo amico.

"Sai... se ci fossi stato tu, non mi sarei mai ritrovato in mezzo a tutto questo" disse Roy, estraendo dall'impermeabile un pacchetto di sigarette accartocciato su se stesso. "E non guardarmi male! Al mio posto avresti ripreso a fumare prima di quando ho fatto io. In compenso, però, ho smesso con i cerotti."

Gli parve quasi di sentire una risatina mentre tentava di accendere una sigaretta: con tutta la pioggia che cadeva, le deboli scintille prodotte dall'accendino crepitavano solo per qualche secondo, per poi morire affogate dall'acqua.

"Ho capito" borbottò seccato, buttando la sigaretta ancora spenta per terra. "Riprenderò a fumare domani."

Una simile scenetta, unita alle lunghe chiacchierate che teneva con il cassonetto dei rifiuti, era diventata ormai un'abitudine. Non era ancora riuscito ad accendere nessuna sigaretta.

Gli esuli delle stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora